(Servizio di Francesca Perego – AssoCare.it) – Il 27 novembre 2013 nella fase conclusiva della seconda giornata sulla libera professione infermieristica si tracciava il punto sulle “condizioni lavorative” nel settore in Italia.
“Allo stato attuale, è abbastanza prevedibile che i nostri ospedali non vivranno una nuova fase di crescita e di implementazione organica.
Abbiamo anzi conferma dell’uscita dal sistema ospedaliero di circa 20mila infermieri.
Il modello futuro ci parla di un ospedale specializzato a trattare emergenze e acuzie. Parallelamente la domanda di salute dovrà essere intercettata al livello territoriale, in cui gli infermieri sono chiamati a svolgere un ruolo di primaria importanza, che vada oltre la monade dei medici di medicina generale” – si ricordava in un intervento.
La seconda Giornata Nazionale sulla libero professione si svolgeva a Bologna.
L’iniziativa, come l’anno precedente, era organizzata in collaborazione con la cassa previdenziale ENPAPI. La struttura come noto è presieduta da Mario Schiavon. Qualche giorno prima il comitato centrale IPASVI ritirava la firma della Federazione da tutti i documenti ministeriali in cui si riconosceva solo la figura medica al centro di processi di innovazione sanitaria e sociosanitaria.
Si aprivano cosi nuovi scenari possibili per tutti i professionisti operanti in regime di partita IVA dopo anni di titubanze, crisi e incertezze.
Intanto l’anno successivo, il gruppo di lavoro organizzato dalla Federazione Nazionale Collegi IPASVI realizzò il VADEMECUM della libero professione infermieristica. Si tratta di un concentrato di norme comportamentali e giuridiche. L’obiettivo era ed è quello di fornire agli infermieri che intendono inserirsi nel mondo sanitario come liberi professionisti, o che già esercitano con tale modalità, un facile strumento informativo e di operatività.
“Abbiamo davanti delle praterie e vale la pena investire energie e sperimentare modelli organizzativi innovativi per essere all’avanguardia in questo settore, specie in un contesto critico come quello degli ultimi anni, contrassegnato dalla contrazione della spesa sanitaria e dall’aumento di quella privata dei cittadini”.
Si apre così con l’intervento di Barbara Mangiacavalli (presidente della Federazione Nazionale IPASVI), la IV giornata sulla libero professione infermieristica tenuta a Como lo scorso Aprile 2016.
La manifestazione fu caratterizzata da una novità assoluta. La possibilità per tutti gli infermieri libero professionisti di accreditarsi volontariamente secondo schemi che mettono in risalto le loro capacità e la qualità del servizio offerto ai cittadini.
A breve quindi un manuale ad hoc per l’esercizio della libero professione.
Nel frattempo occorre far chiarezza su alcune discrepanze che si sono create nel corso degli anni. Sotto accusa alcune strutture sanitarie nell’offerta di collaborazione per gli infermieri autonomi.
Molte aziende infatti hanno confuso il ruolo dell’infermiere libero professionista con quello a contratto di tipo subordinato.
Esse offrono spesso trattamenti del tutto sovrapponibili a quelli dei propri dipendenti.
Alla luce di questo occorre precisare, soprattutto per chi si affaccia come prima esperienza al mondo del lavoro autonomo, alcuni aspetti che spesso vengono sottintesi o addirittura tralasciati dalle amministrazioni delle strutture sanitarie (case di cura, aziende ospedaliere, ambulatori specialistici, e cosi via).
E’ dovere del libero professionista conoscere gli aspetti giuridici che regolano i rapporti di lavoro con le differenti direzioni in modo da non incorrere in spiacevoli malintesi e poter esercitare in piena autonomia la propria professione.
Considerato che ogni rapporto di lavoro sorge, si consolida, si svolge e si estingue al verificarsi delle condizioni e delle modalità previste dall’ordinamento giuridico, indipendentemente dalla volontà delle parti, occorre accertare se, alla luce delle analisi e delle modalità della prestazione, la stessa sia configurabile come rapporto di lavoro subordinato oppure autonomo.
Il codice civile riporta testualmente:
ART. 2082 – è IMPRENDITORE chi esercita professionalmente un’ attività economica organizzata al fine della produzione o allo scambio dei beni o di servizi.
ART. 2094 – è PRESTATORE DI LAVORO SUBORDINATO chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’ impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’ imprenditore.
ART. 2222 – CONTRATTO D’ OPERA: quando una persona si obbliga a compiere mediante un corrispettivo un’ opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
In considerazione del fatto che il presupposto della collaborazione altro non è se non la chiara subordinazione sotto il profilo funzionale, è fuori dubbio che sia l’ art. 2094 che l’ art. 2222 C.C., fanno della presenza e/o dell’ assenza del vincolo di subordinazione, di una parte nei confronti dell’ altra, la nota fondamentale e distintiva tra le due figure così enunciate dal contratto di lavoro subordinato e del contratto d’ opera, infatti, mentre nel primo caso il lavoratore si obbliga a collaborare nell’ impresa, nel secondo caso il Prestatore d’ Opera si impegna al compimento dell’ opera o del servizio.
In un’ ottica più ampia, sebbene si voglia considerare che i caratteri fortemente distintivi fra i due articoli sono delineati tra l’ obbligazione di mezzi (nel caso del lavoro subordinato) e l’ obbligazione del risultato (nel caso del lavoro autonomo), nel contratto d’ opera propriamente denominato una delle due parti può obbligarsi a fornire tutte le proprie energie lavorative, senza per altro obbligarsi all’ ottenimento del risultato finale.
E’ fuori dubbio che il lavoratore Autonomo, considerabile piccolo imprenditore, assume il rischio d’ impresa, che dipende in via prioritaria da quelle imprevedibili esigenze di mercato che possono creare sia una riduzione dei profitti del Prestatore d’ Opera, che, addirittura, generare delle perdite d’ impresa. Nasce evidente, quindi, la considerazione che l’ attribuzione al Prestatore d’ Opera, o piccolo imprenditore, dei rischi relativi allo svolgimento della prestazione lavorativa, è in simbiosi con l’ attribuzione al medesimo soggetto, del potere di stabilire tutte le modalità inerenti allo svolgimento della prestazione.
Ne discende che l’attribuzione del “rischio d’impresa” è un elemento tipicamente “autonomo” in quanto il rischio stesso prevede, come presupposto necessario, l’assenza o la presenza del vincolo di subordinazione.
Da solo, comunque, non vale come elemento distintivo puro.
Esso:
- è da considerarsi con tutti gli altri profili che la Giurisprudenza ha già analizzato;
- è un elemento fondamentale per l’impostazione di una logica difesa del lavoratore Autonomo laddove avvenisse la contestazione del rapporto. Non fosse altro che come punto di partenza per una difesa logica che poggi su basi solide e non su improvvisazione.
Quindi i CARATTERI DISTINTIVI E SUSSIDIARI MAGGIORMENTE RICORRENTIIN GIURISPRUDENZA, APPLICABILI A TUTTE LE CONDIZIONI LAVORATIVE IN GENERALE sono:
1) OGGETTO DEL CONTRATTO
Subordinato: promessa di pura e semplice prestazione di attività lavorativa.
Autonomo: promessa di un risultato o, nel caso di servizi, di una pluralità di servizi. In entrambi i casi, in modo particolare nelle prestazioni di servizi, le finalità tipiche sono quelle di assicurare la continuità delle prestazioni.
2) FINALITA’
Subordinato: mira sempre al raggiungimento dei fini aziendali.
Autonomo: mira al raggiungimento dell’obiettivo che il professionista si è prefissato, in relazione alla collaborazione che ha con l’ Azienda.
3) RIFIUTO DELLO SVOLGIMENTO DELL’ ATTIVITA’ LAVORATIVA
Subordinato: nel caso specifico non è possibile in virtù del fatto che sia i CCNL di categoria che le norme Legislative, puniscono con sanzioni di natura disciplinare quei lavoratori che si rifiutano di svolgere i compiti assegnati.
Autonomo: può farlo senza incorrere in alcun rischio quando, a sua completa discrezione, ritiene inopportuno il comportarsi in un determinato modo, in riferimento alle finalità che si è prefissato (intese con il raggiungimento dell’obiettivo voluto).
4) ORARIO DI LAVORO
Subordinato: ne è soggetto senza alcuna possibilità di deroga (salvo naturalmente i casi previsti dai CCNL di categoria).
Autonomo: non è soggetto ed è libero di organizzarlo come meglio ritiene opportuno sempre per il raggiungimento dello scopo prefissato.
5) INSERIMENTO DEL LAVORATORE NELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
Subordinato: l’ inserimento è globale nella omogeneità aziendale, ovvero ne diviene parte integrante su cui gravitano poi tutti i meccanismi organizzativi e/o produttivi.
Autonomo: l’assenza del lavoratore non può e non deve arrecare alcun danno al sistema produttivo e/o organizzativo.
6) ATTREZZATURA DI LAVORO
Subordinato: è a disposizione e in uso sul luogo di lavoro. La struttura la mette a disposizione d’ uso e il lavoratore ne ha l’ obbligo di custodia e conservazione.
Autonomo: deve essere di sua proprietà.
7) RISCHIO PROFESSIONALE
Subordinato: ha il rischio derivante dall’applicazione delle sanzioni disciplinari.
Autonomo: deve accollarsi tutti i rischi derivanti dallo svolgimento dell’ attività, pagando di persona dove se ne verificassero le condizioni.
8) RESPONSABILITÀ SUL LUOGO DI LAVORO
Subordinato: ha il rischio derivante dall’applicazione delle sanzioni disciplinari (esclusi casi gravi in cui si possa evincere un danno volutamente creato).
Autonomo: piena responsabilità per tutto ciò che fa.
9) COMPENSI
Subordinato: sono stabiliti dai CCNL di categoria con tabelle appropriate oltre che da accordi sindacali interni comprensivi degli oneri previdenziali e assicurativi.
Autonomo: sono stabiliti dal lavoratore prima di effettuare la prestazione e il valore finale spettante DEVE necessariamente essere superiore a quello del Lavoratore dipendente per pari attività, mansione o qualifica.
10) FEDELTA’
Subordinato: è espressamente prevista dal Codice Civile e dalle norme corporative (Art. 2105/2106). La mancata osservanza può generare sanzioni di natura disciplinare nei confronti del Lavoratore (L. 300/70, L. 108/90).
Autonomo: legata alla correttezza commerciale ed all’etica deontologica.
11) CONTINUITÀ DELLA PRESTAZIONE
Subordinato: lavora in modo continuativo per lo stesso datore di lavoro, salvo il caso ovvio di cessazione di rapporto.
Autonomo: non lavora mai in modo continuativo per lo stesso cliente.
12) UNICITÀ DELLA CLIENTELA
Subordinato: come nel punto 11.
Autonomo: i clienti devono essere più di uno altrimenti si rientra nel caso del lavoro “subordinato”. Fatta eccezione per prestazioni svolte da professionisti associati ad uno studio con più figure.
In conclusione, prima di sottoscrivere qualsiasi tipo di contratto come Lavoratore Autonomo, occorre verificare con attenzione che:
-
i requisiti sopracitati vengano soddisfatti;
-
gli accordi presi da entrambe le parti siano consensuali e stipulati con chiarezza prima di apporre qualsiasi firma.
Servizio di Francesca Perego
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