Intervento dell’ipasvi di Torino contro una sentenza (n. 127/2013 la Corte dei conti del Piemonte) che aveva condannato un’Infermiera delle Molinette a pagare alla Regione i danni liquidati a una paziente caduta da una barella
Dopo la sentenza, l’ipasvi di Torino decise di sostenere l’Infermiera in appello, impugnando quella sentenza dinanzi alle Sezioni centrali d’Appello della Corte dei conti, con sede a Roma.
Pur consapevoli della probabile inammissibilità dell’atto di intervento, l’ipasvi torinese decise ugualmente di sostenere e supportare l’iscritta “…nella consapevolezza di operare per la tutela del decoro e della professionalità dell’intera categoria”.
Per come si erano svolti i fatti, la condanna era subito apparsa ingiusta e ingiustificata: essa si sarebbe tradotta in un pregiudizio per l’intera categoria, ledendo l’immagine della professione e della credibilità dell’intero personale infermieristico, sempre più spesso chiamato a operare in complesse condizioni lavorative.
Inoltre, in questo come in numerosi altri casi, era evidente che la condanna al risarcimento del danno in sede civile, liquidato direttamente dall’Azienda in quanto non coperto dall’assicurazione e quindi costituente danno erariale, conseguisse a scelte difensive dell’Azienda stessa non appropriate e comunque tenendo all’oscuro l’Infermiera coinvolta.
Con sentenza 22 dicembre 2016, n. 677, la Corte dei conti, Sezione Terza d’Appello ha valutato inammissibile l’intervento del Collegio IPASVI di Torino, ma ha accolto l’appello dell’Infermiera, prosciogliendola da ogni addebito e condannando l’Azienda ospedaliera a pagare le spese legali del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di appello ha affermato l’erroneità della sentenza di primo grado in quanto non era stata provata l’omissione delle elementari misure a tutela della degente da parte dell’Infermiera. Era completamente mancata la prova sia di una condotta contraria ai doveri professionali, sia di un qualsiasi nesso di causalità tra le azioni dell’Iscritta e il danno alla degente.
In particolare, nella sentenza si sottolinea che la conclusione cui si è giunti in primo grado è stata basata esclusivamente su quanto deciso in sede civile, senza però considerare che la condanna dell’Amministrazione in sede civile non può automaticamente scaturire una condanna erariale di soggetti diversi da quelli convenuti innanzi al Giudice ordinario.
Ciò soprattutto nel caso di specie, in cui, come scrive la Terza Sezione d’Appello della Corte dei conti, “le modalità difensive dell’Amministrazione sanitaria, in sede di giudizio civile, scontano qualche leggerezza, di certo indotta dall’esigenza di chiudere e al più presto la vicenda”.
Infatti, secondo il Giudice di appello la Sezione piemontese della Corte dei conti aveva erroneamente valorizzato “le testimonianze delle accompagnatrici della paziente che, tuttavia, non erano presenti al momento della rovinosa caduta”, senza invece tenere in nessun conto le testimonianze del personale del Pronto soccorso, che descrivevano una dinamica dei fatti di segno nettamente opposto.
In particolare, la sentenza di primo grado si era fondata sul presupposto che le spondine della barella fossero abbassate, come asserito dalle testimoni della paziente, mentre tutte le dichiarazioni rilasciate dai medici e dagli infermieri del Pronto soccorso affermavano esattamente il contrario.
Il Giudice di Appello ha così concluso che “non vi è la prova che il fatto lesivo sia stato prodotto, o comunque agevolato, da una condotta antigiuridica ascrivibile” all’Infermiera.
Una sentenza importante, che spezza il binomio sinistro ospedaliero -responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie e che responsabilizza le Aziende sanitarie/ospedaliere che, a fronte del regime c.d. “autoassicurativo” in sanità, non possono difendersi male nei processi civili, pagare i danni e poi denunciare alla Corte dei conti gli Infermieri di turno, così da ottenere che questi ultimi rimborsino quegli stessi danni.
Giuseppe Papagni
Fonte: ipasvi Torino
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