E ci sono anche “Tutor” universitari dei corsi di laurea in Infermieristica che parlano di “gavetta” necessaria; dell’importanza pressoché esclusiva del “saper fare” e che esortano gli studenti, per non rubare tempo prezioso alla pura e semplice manovalanza, a stilare i piani assistenziali a casa…
Lo aspettavamo. Come si aspetta un infarto, probabilmente. Ed eccolo che, inesorabile, è arrivato: un nuovo aberrante vagito social, uno dei tanti affidati quotidianamente all’etere dai colleghi infermieri internauti; ma prodotto stavolta da un sedicente “Tutor” universitario di un qualche corso di laurea in Infermieristica del bel paese.
Non è passato molto tempo dal mio provocatorio articolo sulle “Flatulenze intellettuali” (VEDI) dei professionisti sanitari infermieri, ma da allora devo dire che ne sono state partorite di ulteriori ed in quantità industriale.
Tanto che spesso mi chiedo se non sia il caso di monitorare, in qualche modo, da parte dei Collegi Provinciali che dovrebbero vigilare sul “decoro” della professione, le follie parcheggiate in bella vista da tanti (pseudo) professionisti sui social network.
Ma quest’ultimo peto intellettuale ha particolarmente catturato la mia attenzione, in quanto espulso da un sedicente “Tutor” universitario.
Posizione di grande responsabilità e che troppo spesso indirizza gli studenti verso strade assai torbide, fatte di pura manovalanza e di mansioni domestico alberghiere (VEDI).
Un concentrato di perle di saggezza, il suo, per illuminarci a proposito delle corrette (secondo lui) modalità di gestione degli studenti che, più o meno stoltamente, sperano invece di diventare dei professionisti veri, al termine dei loro studi.
Una presa di posizione oltre modo triste, che fa riflettere e che purtroppo certifica come, di fatto, uno dei grandi e irrisolti problemi della nostra figura professionale; dilaniata da un’accozzaglia di apparentemente irrisolvibili contraddizioni, risieda nei meandri del suo percorso universitario.
Eh già, avete capito bene. Altro che professione…per questo “Tutor”, il cui ruolo dovrebbe essere quello di formare i rappresentanti della categoria infermieristica di domani; l’infermiere deve continuare ad essere nient’altro che un praticone irrazionale, un contento ed assertivo factotum, che sgobba senza perdersi in inutili perdite di tempo come stilare un piano di assistenza o, come dice lui, un “piano infermieristico scritto”.
Anzi, vista l’inutilità di quest’ultima assurdità, che rischia addirittura di farli stare “seduti comodi” anziché sfiancarsi come muli, il “Tutor” esorta addirittura gli studenti a farselo a casa, il piano; in favore di una necessaria e spasmodica “gavetta” da subire in reparto.
Termine, quello di “gavetta”, utilizzato più volte da diversi colleghi, caratterizzato da un arcaico retrogusto di nonnismo e che davvero poco si addice a quella che dovrebbe essere una professione intellettuale.
Il grande e aggiornatissimo “Tutor” conclude poi degnamente il suo scritto con un roboante:
“Per quello io da buon tutor insisto sul saper fare come base per crescere… anche perché poi la realtà lavorativa in molti casi purtroppo esige quello… e non un burocrate da ufficio.”
“Saper fare” è certamente importante (non nel senso della “Gavetta”, ovviamente), certo. Ma il “Sapere” e il “Saper essere”? Dove li ha lasciati, caro “Tutor”? Ha deciso, arbitrariamente, di cancellarli dagli obiettivi da far raggiungere agli studenti di infermieristica? Così da creare, ancora, nuove generazioni di facchini della sanità senza né scienza né coscienza?
Una flatulenza intellettuale, la sua, di dimensioni epiche. Che fa fare all’infermiere un salto all’indietro di decenni. Che ci spiega tante cose, riguardo lo status attuale della nostra professione (che in teoria si è evoluta tantissimo negli ultimi 23 anni, ma che in realtà è rimasta al palo). E che ci insinua tra le sinapsi qualche sacrosanta, seppur scontata, domanda: chi diavolo sceglie i tutor universitari del corso di laurea in Infermieristica, Topo Gigio?
In base a quali imprescindibili (si spera) caratteristiche dei candidati lo fa?
E chi dovrebbe controllare e valutare preparazione e i risultati ottenuti da questi fantomatici “Tutor”? Sempre il simpatico roditore creato nel ’59 da Maria Perego?
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