Il Tribunale di Udine gli ha negato la possibilità di curarsi con un farmaco sperimentale contro la Sla. E lui, Dario Del Fabro, ha pensato anche all’eutanasia. Ma “Non andrò a morire in Svizzera solo per i miei figli”
“La SLA? No, non sembra affatto una malattia. Assomiglia piuttosto a una spietata condanna. Concepita da qualche perverso dio per mettere alla prova le incredibili capacità di adattamento umane.”
Iniziavo così, qualche tempo fa, un articolo (VEDI) che voleva descrivere una delle malattie neurodegenerative più terribili e di cui mi sono occupato diverse volte nella mia vita professionale (VEDI): la Sclerosi Laterale Amiotrofica, comunemente detta SLA, patologia rara che porta alla progressiva paralisi di tutti i muscoli volontari; compresi quelli della respirazione. Lasciandoti però intatte la mente e le capacità intellettive.
Un vero incubo. Che fa di quello che era il tuo corpo, un’autentica prigione di cui nessuna cura o farmaco possiede le chiavi. Che ti porta alla disperazione. E che ti fa venire voglia di tentare di tutto, anche terapie nuove e sperimentali, visto che con gli unici due farmaci approvati dalla Fda, ovvero il Riluzolo (Rilutek) e l’Edaravone (Radicut, VEDI), si può solo sperare in un rallentamento più o meno apprezzabile della malattia.
E così anche Dario Del Fabro, di Udine, malato di SLA 62enne nonché ex rugbista, ha richiesto di poter essere curato con un farmaco sperimentale, ma… si è visto negare dal giudice civile del Tribunale di Udine questa possibilità.
Come si legge sul Messaggero Veneto, Dario spiega che il farmaco “Si chiama GM 604 ed è un farmaco testato negli Stati Uniti. Il problema è che nel 2016 era ancora in fase di sperimentazione. L’avvocato calabrese Fabio Trapuzzano, tuttavia, è riuscito a ottenere per sei pazienti il via libera alla sua adozione da parte di altrettanti tribunali, da Napoli a Macerata”.
Ma il Tribunale non è stato d’accordo. “Il ricorso, urgente e cautelare, è stato rigettato. Nel motivare l’ordinanza, il giudice ha parlato di efficacia non comprovata del farmaco e sostenuto la necessità di uno studio di dimensioni più ampie. Trattandosi di decisione lasciata alla discrezione del giudice l’avvocato mi aveva consigliato di spostare la residenza a Napoli. Mi rifiutai, sbagliando. Lo feci per non tradire la mia udinesità e questo è il risultato”.
Ha pensato anche di andare a morire in Svizzera, Dario, come dj Fabo: “A un certo punto, ho pensato anche all’ipotesi di andare in Svizzera. A una morte assistita, sì, perché questa è una vita insopportabile e anche le cose più banali diventano una fatica. Si dipende in tutto e per tutto dagli altri. Poi, però, ci ho ripensato: non è una scelta che intendo fare, prioritariamente per i miei figli”.
L’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata, Dario ha affidato a Facebook tutta la sua frustrazione, la sua tristezza e la sua rassegnazione con questo post: “Questo sarà il mio ultimo Natale. La mia vita è giunta al capolinea. Da quasi quattro anni sono ammalato di Sla, malattia incurabile che ha reso la mia esistenza un calvario improponibile. Auguro a tutti voi un futuro ricco di salute. Lascio due fotografie in ricordo dei tempi felici”.
Sì… sottoscrivo: assomiglia piuttosto a una spietata condanna.
FORZA, DARIO!
Alessio Biondino
Fonte: Messaggero Veneto
Lascia un commento