Riceviamo e pubblichiamo un articolo di precisazione dell’Inail, in merito a quanto accaduto, nel corso del dibattito su sicurezza del lavoro nella professione infermieristica, in occasione del primo Congresso nazionale della Fnopi tenuto a Roma
Il recente convegno degli infermieri che si è tenuto a Roma a inizio marzo ha messo in evidenza luci ed ombre della professione infermieristica. Da un lato l’eccellenza raggiunta in ambito clinico, formativo e nella ricerca, dall’altro un contratto che non coglie e non valorizza questo importante traguardo, condizioni di lavoro che ne minano quotidianamente la salute a scapito di tutti, organizzazione e utenti e una classe medico dirigenziale che stenta a stare al passo con i cambiamenti della classe infermieristica.
Ne è la riprova il dibatto andato in scena il 6 marzo sui temi della sicurezza del lavoro che ha visto la contestazione da parte della platea di tutti relatori chiamati a discutere sull’argomento. Contestazione che prende spunto dall’uso di un linguaggio che risente ancora di un retaggio culturale che vede ancora l’infermiere come puro esecutore degli ordini medici.
Tra tutte la relazione del dottor Pasquale Di Palma che, nel richiamare all’attenzione ruolo e funzioni dell’INAIL, ricorda che questo è chiamato in causa non solo come organismo preposto alla tutela della sicurezza sul lavoro, in questo caso degli infermieri, ma anche come datore di lavoro stesso di personale sanitario.
Già perché l’Inail eroga prestazioni non solo economiche ma anche sanitarie e per questo dispone di circa 450 medici e 700 infermieri.
Ed è qui che si gioca la controversia che ha fatto scattare la protesta degli infermieri in platea ma che non tiene conto della peculiarità del ruolo infermieristico in questo contesto che spiega l’uso di termini che possono sembrare impropri per la professione.
Per capirli bisogna necessariamente richiamare le attività infermieristiche in ambito Inail che qui non si occupa solo di attività specificatamente clinico/assistenziali (medicazioni, somministrazione farmaci, Ecg, ecc..) ma anche di assistenza medico-legale che non è assistenza al medico ma è assistenza al paziente in un ambito specifico della medicina che è, per l’appunto quella legale. E qui la specificità è quella di saper cogliere un bisogno di salute a 360 gradi se si pensa che un infortunio sul lavoro si concretizza in una perdita della capacità lavorativa e allora l’infermiere è chiamato a essere un vero proprio case manager che deve coordinare le varie figure, sanitarie e non, affinché prestazione sanitaria, sociale ed economica possano procedere in parallelo e convergere in un servizio al tecnopatico/infortunato che si concretizza in un recupero psico-funzionale il più possibile completo. E, quando ciò non è più possibile, rimane sempre il compito di farsi carico dell’assistenza al grande invalido ed alla famiglia nonché ai superstiti.
Ecco allora che si può facilmente cadere in errore se non si conoscono non solo le funzioni dell’INAIL ma anche la terminologia di quelle branche sanitarie che qui trovano il suo specifico: la valutazione della mansione lavorativa è conditio sine qua non per il recupero funzionale del lavoratore, per la stesura di un programma riabilitativo individuale, per la definizione della idoneità a quel lavoro nonché per il reinserimento quando la precedente attività lavorativa non è più possibile.
Dunque l’infermiere Inail è un professionista o un mero esecutore che assiste il medico legale in mansioni non proprie?
Per rispondere a questa domanda bisogna richiamarsi al senso della parola professionista che nella sua accezione più semplice (profiteor dal latino riconoscere) rimanda all’atto di affidamento, di fiducia di una persona portatrice di un bisogno che per essere soddisfatto necessita di competenze specifiche ovvero di saperi acquisiti con la formazione e la competenza che ti traducono in essere. Essere quella figura cui la persona si affida perché sa che è quella giusta giusta in grado di aiutarla nel suo specifico bisogno.
Il saper essere si traduce, quindi, in un elemento essenziale che deve sempre accompagnarsi al sapere ed al saper fare, pena il rischio di non vedersi riconosciuti non solo da chi lavora con noi, ma dai cittadini stessi che, almeno nel momento storico attuale, hanno spesso come metro di valutazione principale i comportamenti agiti.
Lascia un commento