Commento dell’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico alla risposta dell’Interpello rivolto Ministero Salute
Secondo il Ministero della Salute le attività demansionanti e pericolose sono a discrezione dell’organizzazione ospedaliera; Responsabile del reparto e Direttore Sanitario.
Rimaniamo per l’ennesima volta sbigottiti dalle affermazioni espresse da una Istituzione dello Stato come il Ministero della Salute, il quale invece di porre sopra ogni cosa la legge ed i regolamenti, risponde con le solite argomentazioni “politiche” ad interpelli che riguardano non solo le attività di una professione sanitaria come quella infermieristica, ma anche la salute dei lavoratori.
Il Sindacato COINA ha proposto interpello al Ministero della Salute per conoscere la procedura di smaltimento delle buste urina dei pazienti ricoverati e per sapere se lo svuotamento manuale delle buste, come spesso accade, è corretto. Chiedevamo inoltre, se questa prassi inveterata ed obsoleta fosse in qualche modo un pericolo per la salute del personale che la metteva in atto.
Ci saremmo quindi aspettati una disquisizione di diritto sulle modalità corrette per svolgere questa attività e, soprattutto, a chi compete; invece il Ministero, frettolosamente, dopo aver indicato la normativa inerente tale procedura, ci ha liquidati con una risposta sibillina di questo tenore:
“se tale operazione debba essere eseguita dall’infermiere o da altro personale, se debba essere eseguita manualmente o attraverso ausilio di macchine è decisione legata all’organizzazione ospedaliera, da assumerne da parte del responsabile del reparto o dal direttore sanitario della struttura competente”.
Ora è del tutto evidente che il responsabile dell’istruttoria ed il direttore dell’ufficio non conoscono il ruolo dell’infermiere e del personale ausiliario e, soprattutto, che non sono i medici a decidere quali mansioni siano legittime o meno da parte dell’infermiere; tutt’al più dovrebbe essere il contratto e sicuramente la legge a stabilire il contenuto funzionale dei lavoratori.
Quindi la risposta ci sconcerta perché i presupposti sono evidentemente contra legem e ci costringe ad ipotizzare, motu proprio, la soluzione alla vertenza prospettata al Ministero: le sacche urine vanno vuotate manualmente dal personale ausiliario in quanto trattasi di operazione meramente esecutiva (infatti manuale) che non abbisogna di specifiche preparazioni o corsi di aggiornamento professionali.
Durante questa manovra si deve evitare che le urine si diffondano nell’ambiente, per una evidente questione di igiene, e che il flugge di urine non contamini scarpe, pantaloni e quant’altro onde sottoporre il lavoratore a contatto patogeno e rendere la divisa non più schermo igienico, anche nei confronti della salute dei pazienti e delle eventuali ma reali diffusioni delle malattie nosocomiali.
Quindi si dovranno indossare DPI idonei (camice monouso che arrivi fino alle caviglie e calzari) oppure gettare le sacche piene nei R.O.T. o in altri contenitori idonei che l’amministrazione disporrà all’uopo.
La nostra esegesi sul punto è tecnica, giuridica, esperenziale cioè sorretta da opinion iuris incontrovertibile e perciò è da preferire a quella offerta dal Ministero della Salute (che di salute ha dimostrato ben poco).
Se sarà il caso dimostreremo la nostra tesi nelle sedi giudiziarie e vedremo se un giudice avrà il coraggio di autorizzare i lavoratori ad assistere i pazienti con i calzari e i pantaloni intrisi di pipì.
Il direttivo AADI-COINA
Allegato
Risposta Ministero della Salute Interpello Aadi-Coina
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