Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa della Federazione italiana autonomie locali e sanità.
“Dall’esame dell’andamento delle trattative aziendali per l’applicazione del vigente Ccnl del comparto sanità ci giunge notizia che, pur inserendo nella normativa dei contratti integrativi aziendali quanto previsto in materia di “incarichi di professionista” sanitario o di assistente sociale esperto e specialista, quasi tutte le aziende sanitarie, salvo lodevoli eccezioni (quale il recente accordo stipulato all’Asl di Torino nell’ambito del “confronto” con la delegazione sindacale), orientano le proposte, come la destinazione del relativo fondo contrattuale, unicamente verso gli “incarichi organizzativi” e mai verso quelli professionali (specialista ed esperto)”.
Così Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials, in una lettera inviata al presidente del Comitato di settore Regioni Sanità, al presidente della Commissione salute delle Regioni e al presidente della Conferenza delle Regioni. “La ratio della norma contrattuale, e prima di essa delle direttive del Comitato di settore – riferisce Carbone – partiva dalla constatazione che l’implementazione delle competenze dei professionisti sanitari è già in atto in alcune Regioni e vi è la necessità strategica che venga esteso nelle altre Regioni. Per attuare ciò, ministero della Salute e Regioni hanno convenuto che lo strumento possibile fosse quello contrattuale”.
Come Fials, riteniamo che occorra accompagnare e sostenere il cambiamento organizzativo investendo sul capitale professionale. Necessita, quindi, qualificare i professionisti “pronti” per operare in condizioni di cambiamento organizzativo. Le aziende, a nostro parere, devono cogliere l’opportunità di un Ccnl che valorizza le “competenze esperte” (frutto dell’esperienza e di studi specifici), come le “competenze specialistiche” (frutto di esperienza e di laurea magistrale clinica o di master di area).
Rimane evidente, pertanto, che sono già destinatari potenziali dell’incarico di professionista esperto tutti coloro che siano stati selezionati, divenendo “protagonisti” delle iniziative già avviate dalle Regioni e dalle aziende sanitarie di formazione complementare che abbia permesso loro di acquisire e attuare quelle competenze avanzate per svolgere attività professionale che siano “compiti aggiuntivi e/o maggiormente complessi e richiedono significative, elevate e innovative competenze professionali rispetto a quelle del profilo posseduto”: dal “see and treat” all’adozione di protocolli “salvavita” nelle ambulanze del 118, all’infermiere di famiglia o di comunità, alle competenze avanzate infermieristiche in ambito clinico in attività perioperatoria.
Tra l’altro, le proposte del ministro della Salute, Giulia Grillo sull’organizzazione del pronto soccorso, riportate su Quotidiano Sanità di ieri, vanno anche nella direzione del riconoscimento degli “incarichi di professionista” (specialista ed esperto). L’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e socio-sanitarie nel comparto sanità sono una scelta strategica prevista dalla programmazione nazionale e regionale per meglio rispondere ai nuovi e vecchi bisogni di salute, tenuto conto in particolare dell’attuale quadro epidemiologico e demografico, nonché della nuova e più rispondente organizzazione del lavoro sanitario, che può derivare dall’attuazione del potenziale non ancora integralmente valorizzato di saperi e di operatività delle professioni di cui alla legge 251/00.
Se quanto sopra è vero, come è vero, ne consegue che le aziende, in sede di contrattazione integrativa, “debbano riservare quota parte dello specifico fondo per finanziare gli incarichi di professionista esperto per l’immediato e, in prospettiva, quelli di specialista, anche se già da adesso sarebbe possibile per chi in possesso del master in cure palliative, l’unico professionale previsto per legge”.
La difformità in essere delle varie esperienze regionali e la presenza di Regioni che ancora non abbiano attivato tali percorsi formativi al fine di permettere la generalizzazione degli incarichi di professionista esperto attraverso le modalità e i percorsi quanto mai più omogenei su tutto il territorio nazionale, consiglierebbe, a parere della Fials, in primis il Comitato di settore Regioni Sanità, come la stessa Conferenza delle Regioni e il presidente della Commissione salute delle Regioni, ognuno per propria competenza, di o mettere a conoscenza di ogni Regione le esperienze di percorsi formativi complementari già attivati e positivamente validati, sollecitando le Regioni che non hanno ancora provveduto a porre in essere e definire quanto previsto dal comma 8 dell’art. 16 del Ccnl comparto sanità, che prevede: “Il requisito per il conferimento dell’incarico di ‘formativi complementari regionali e attraverso l’esercizio di attività professionali riconosciute dalle stesse regioni”. È inoltre necessario porre in essere nei contratti integrativiprofessionista esperto’ è costituito dall’aver acquisito competenze avanzate tramite percorsi aziendali gli “incarichi di professionista, anche per il personale del ruolo amministrativo, tecnico e professionale” (art. 17 c. 4 e segg.).
“Su queste considerazioni – conclude il segretario generale Fials – chiediamo e sollecitiamo un incontro, al fine di rendere più concreto e attuabile quanto previsto per la prima volta in assoluto in un contratto del personale del comparto circa la progressione di carriera dei professionisti non solo a carattere ‘gestionale’, ma anche ‘professionale’, quale primo allineamento a quanto già previsto nei Ccnl della dirigenza sanitaria”.
Redazione Nurse Time
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