Una recente sentenza del Tar reputa illegittima l’esclusione di un candidato per non aver pagato il contributo di partecipazione al concorso
Osservando la maggior parte dei bandi pubblici di selezione che interessano le aziende sanitarie italiane, notiamo che, tra i vari requisiti per la candidatura, è richiesto il versamento di un “contributo per la partecipazione al concorso”.
Nel testo dei bandi, poi, compare costantemente la seguente dicitura: “La ricevuta del versamento deve essere allegata alla domanda di partecipazione, a pena di esclusione dal concorso”.
Si tratta, in pratica, di una tassa di partecipazione al concorso.
Tale balzello non è previsto da una legge imperativa nazionale, ma viene deliberato dall’Ente che indice la procedura pubblica di reclutamento, per coprire le spese della selezione. Questo spiega perché gli importi del contributo variano, da bando a bando, partendo da un minimo di 10 Euro, sino ad arrivare, in casi limite (fortunatamente molto rari), anche a 50 Euro.
In molti si domandano se questa tassa sia legittima o meno, posto il fatto che non esiste alcuna norma generale che deleghi i Comuni, o altri Enti Locali, a legiferare in merito. Ma procediamo per ordine.
Un primo punto fermo, in materia, è stato espresso da una recente sentenza del Tar Sicilia (TAR, Sicilia-Palermo, Sez. III, Sent. n. 752/2015). Il Tribunale ha reputato illegittima l’esclusione di un candidato, da un concorso presso un’Università, per il ritardato pagamento del contributo di partecipazione. Secondo il Tar, tale contributo costituisce solo il corrispettivo del servizio reso, e non può essere considerato alla stregua di un requisito soggettivo per partecipare al bando.
Per di più, l’esclusione non persegue, a detta dei giudici, l’interesse pubblico del buon andamento della Pubblica Amministrazione.
La suddetta sentenza ha posto, quindi, un primo “freno” a questa tipologia di contributi: tuttavia, resta aperta la questione della loro legittimità.
In primo luogo, dobbiamo considerare che il concorso non è una prestazione resa dalla P.A. ai cittadini, per la quale, dunque, si può legittimamente domandare un corrispettivo, ma è il metodo previsto dalla Costituzione per reclutare i soggetti più meritevoli a cui affidare incarichi pubblici. Pertanto, appare illegittimo caricare gli oneri della selezione su tali soggetti, nonché prevedere il pagamento di tali oneri quale requisito essenziale di partecipazione.
Qualora, ad ogni modo, volessimo considerare il contributo come imposizione, parrebbe più corretto qualificare tale imposizione come tassa, perché, almeno “forzatamente”, si avvicina al corrispettivo di un servizio, e non può comunque trattarsi di un’imposta, in quanto non grava sulla generalità dei cittadini: tralasciamo, le spinose questioni dei concorsi ai quali partecipano migliaia di candidati, magari per uno o pochissimi posti, per i quali gli importi versati superano di gran lunga le spese da coprire (e tralasciamo, altresì, il “mistero” sulla destinazione dei fondi che avanzano).
Considerando il contributo come una tassa, dobbiamo evidenziare quanto dispone la Costituzione (art. 23): “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Dato che il Testo Unico sugli Enti Locali (D.lgs. 165/2001) non contiene alcuna Legge delega in tale ambito, ne consegue l’impossibilità, per Comuni ed altri Enti, di legiferare autonomamente in materia, stabilendo delle nuove tasse, poiché il potere legislativo autonomo è riservato, dalla Costituzione, allo Stato ed alle Regioni.
È vero che esiste una vecchia norma che prevede il pagamento di una tassa di partecipazione ai concorsi (L.131/1983, modif. dalla L. n.340/2000, la quale, comunque, non può essere superiore a € 10,33), ma tale legge deve ritenersi implicitamente superata, in materia, dal Regolamento generale sui pubblici concorsi (DPR. 487/1994), al quale tutti gli Enti Pubblici devono conformarsi, poiché contiene i principi generali del settore, e ne detta tutti gli adempimenti rilevanti: non essendo prevista alcuna tassa dal Regolamento, ne discende, a parere della scrivente, un ulteriore profilo d’illegittimità del contributo per la partecipazione ai concorsi.
Fonte: www.laleggepertutti.it
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