La manipolazione di farmaci tossici rappresenta una seria minaccia per chi non indossa un adeguato equipaggiamento protettivo.
È noto che manipolazione e somministrazione della chemioterapia sono azioni pericolose per lo staff oncologico, soprattutto per infermiere e farmacisti, a causa della tossicità dei farmaci. Problemi respiratori e aborti spontanei sono solo due esempi delle conseguenze derivanti dall’esposizione. Eppure, non sempre è facile convincere il personale sanitario a utilizzare un adeguato equipaggiamento protettivo.
Un recente studio randomizzato su 396 infermieri di 12 centri statunitensi motra che nemmeno un intervento educativo della durata di due anni ha permesso di aumentare l’uso subottimale di tale equipaggiamento. L’autore dello studio, Christopher Friese, del Rogel Cancer Center (University of Michigan, Ann Arbor), ha spiegato che l’esposizione attraverso un minimo contatto o vapori non è evidente come una puntura di ago, ma è una minaccia “subdola” e “quotidiana” per la salute di infermieri, farmacisti e altri componenti dello staff.
Attualmente, l’equipaggiamento protettivo personale tipico è composto da due paia di guanti, indossabili durante la manipolazione, e un camice, spesso usa e getta, in tessuto impermeabile e chiuso sulla schiena. Occhi e viso devono essere protetti se c’è rischio di schizzi, mentre è raccomandato l’uso di una mascherina per eventuali perdite.
Che il mancato utilizzo dell’equipaggiamento protettivo sia comune lo dimostrato anche un’indagine anonima condotta nel 2016 al Congresso annuale della Oncology Nursing Society: il 38% degli intervistati ha ammesso di non cambiare il camice o i guanti perché sono in posti disagevoli, o non li indossano perché scomodi.
Diversi studi dimostrano inoltre che l’esposizione non intenzionale alla chemioterapia, soprattutto cutanea, non è infrequente. Ad esempio, un report effettuato nel 2012 dal National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) e seguito a un’ispezione in un centro oncologico, ha evidenziato alcune irregolarità nell’utilizzo dei farmaci chemioterapici e nello stoccaggio degli indumenti protettivi.
Alison Trinkoff, dell’University of Maryland School of Nursing (Baltimora), ritiene che una parte del problema dell’esposizione alla chemioterapia è che le infermiere trascurano le norme di sicurezza. “Le infermiere sono molto attente ai pazienti e ad altri aspetti, ma trascurano spesso se stesse”, afferma, sottolineando che, a differenza del materiale infetto, le precauzioni rispetto alla chemioterapia “non vengono in genere stressate sul posto di lavoro”.
Le infermiere spesso non conoscono pienamente i rischi per la salute, specialmente quelli a lungo termine, derivanti dall’esposizione alla chemioterapia. Lo ribadiscono Samantha Toland e Alison Simons, della School of Nursing and Midwifery (Birmingham City University, Uk), esperte di questo tema: “Le infermiere non comprendono pienamente il rischio, né il fatto che i farmaci possono essere in alcuni casi carcinogeni, mutageni e teratogenici”.
Secondo l’Oncology Nursing Society, comunque, le infermiere conoscono la posta in gioco. Non a caso, riceve spesso domande relative alla sicurezza di manipolare chemioterapie o altri farmaci pericolosi da parta di donne incinte, allattanti o desiderose di maternità. Ecco il suo consiglio, allora: “A causa dell’aumentata sensibilità al danno, è necessario adottare un livello aggiuntivo di protezione per le infermiere incinte, allattanti o desiderose di maternità”.
Per Thomas H. Connor, membro del Centers for Disease Control and Prevention, il NIOSH ha tentato di analizzare e di focalizzare l’attenzione sui rischi dell’esposizione alla chemioterapia, ad esempio mediante un alert del 2004 sui farmaci pericolosi, compresi quelli antineoplastici. Nell’introduzione viene riportata la seguente frase: “Attenzione! lavorare con o nei pressi di farmaci pericolosi, compresi quelli antineoplastici, può causare rash cutanei, infertilità, aborti spontanei, difetti del feto e tumori come le leucemie”.
Connor ha anche pubblicato una ricerca svolta su oltre 40mila infermiere e riguardante l’uso di guanti e camici protettivi durante la somministrazione di farmaci antineoplastici nel mese precedente (donne non gravide) o entro le prime 12 settimane di gravidanza. Risultato: il 36% delle infermiere ha manipolato chemioterapia; in particolare, il 12% delle infermiere non gravide e il 9% di quelle gravide non ha mai indossato guanti durante la somministrazione di farmaci antineoplastici, mentre rispettivamente il 42% e il 38% non ha mai indossato un camice protettivo.
Nessuna evidenza di livello I – Una survey anonima su 200 infermiere britanniche, condotta nel 2017 da Toland e Simons, ha mostrato che il 46% ha manifestato eventi avversi durante la preparazione e la somministrazione di farmaci antineoplastici. Gli eventi avversi più comuni erano cefalea, capogiri e nausea. Inoltre le infermiere hanno attribuito all’esposizione anche la perdita di capelli, l’aborto spontaneo e problemi di fertilità. Le due ricercatrici hanno sottolineato che solo alcune infermiere riferiscono eventi avversi, come accade anche per i pazienti. Malgrado questo e altri studi, non esiste nessuna evidenza di livello I sul fatto che l’esposizione alla chemioterapia causi sintomi specifici nelle infermiere.
Friese ha spiegato che sono disponibili poche risorse per studi occupazionali su larga scala. “Lo studio degli effetti sulla salute nei lavoratori occupa molto tempo ed è costoso”, afferma. In alternativa, Friese propone di istituire un registro nel quale i lavoratori possono riportare le esposizioni a farmaci pericolosi e gli effetti a lungo termine sulla salute: “Esiste un registro nazionale per i danni da puntura di ago, ma non per i farmaci pericolosi”.
Toland e Simons ritengono che le associazioni delle infermiere possano fare meglio. Come quelle dei farmacisti, che hanno preparato solide linee guida sull’argomento: “Sappiamo che i farmacisti eseguono alcune attività svolte anche dalle infermiere, adottando misure protettive molto più robuste. Probabilmente, se i medici maneggiassero la chemioterapia, ci sarebbero più studi e più misure protettive”.
Una lunga storia di preoccupazioni ignorate – I rischi tossici dei farmaci antineoplastici sono noti sin dal 1940, quando sono stati usati per la prima volta in oncologia, e sono stati descritti in uno studio del 1946 con le mostarde azotate. Tuttavia si è dovuto attendere il 1979 per il primo articolo che dimostrasse un aumento della mutagenicità nel materiale sedimentato delle urine di infermiere che maneggiavano farmaci citotossici. Gli autori di una review del 2018 sulla manipolazione dei farmaci citotossici hanno scritto: “Questa è stata la prima dimostrazione del potenziale rischio occupazionale relativo alla manipolazione di questi farmaci”. Ulteriori ricerche hanno poi sottolineato la possibile correlazione tra l’esposizione occupazionale ai farmaci citotossici e l’aumento di diversi effetti.
Da quel momento in poi, i governi e le principali organizzazioni si sono finalmente mossi. Nel 1981 la Society of Hospital Pharmacists of Australia ha pubblicato la prima guida per la manipolazione sicura dei farmaci citotossici. “Questo è un problema antico”, afferma Friese, che vorrebbe ulteriori passi avanti negli Stati Uniti: “Mentre va avanti una serrata discussione su questo problema, non abbiamo visto azioni concrete per affrontarlo in maniera adeguata “.
Friese raccomanda le seguenti attività:
• Supportare lo studio e l’utilizzo di dispositivi ed equipaggiamenti innovativi per ridurre l’esposizione dei lavoratori.
• Coinvolgere i responsabili dei sistemi sanitari per garantire la completa implementazione delle raccomandazioni del NIOSH, dell’Oncology Nursing Society e dell’US Pharmacopeia.
• Considerare strategie per registrare l’esposizione ai farmaci e gli effetti sulla salute, come i registri.
Il NIOSH stima che circa 8 milioni di persone maneggiano farmaci pericolosi. Conclude Friese: “L’uso di farmaci pericolosi va oltre il setting oncologico. È ora di riesaminare il problema dell’esposizione ai farmaci pericolosi. Gli opinion leader e i medici di prima linea devono lavorare insieme per garantire la sicurezza del personale che maneggia questi farmaci”.
Redazione Nurse Times
Fonte: www.pharmastar.it
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