“Terra dei fuochi” (o come s’intende nel contesto giornalistico “tdf”)…quante volte abbiamo sentito questa definizione? E soprattutto, quante volte l’abbiamo associato alla drastica e disagiata situazione ambientale e sociale in cui versa la regione Campania (che ha portato anche ad una forma d’etichettatura e connotazione negativa)?
La Treccani ha dato una chiara definizione del concetto in questione: “Vasta area in origine rurale, ma ormai diffusamente urbanizzata, compresa tra Napoli e Caserta, caratterizzata dalla frequente presenza di falò appiccati dai clan camorristici ai cumuli di rifiuti tossici sversati illegalmente, con conseguente dispersione nell’aria di sostanze altamente nocive e inquinanti”.
La concezione di “terra dei fuochi” è stata definita per la prima volta da Peppe Ruggiero (LEGAMBIENTE, 2002) e già allora creò scalpore. L’area geografica interessata coinvolge principalmente le provincie di Caserta e Napoli; a tal proposito è interessante anche la definizione di “triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano” (un’area compresa nei succitati comuni, noti per il forte aumento della mortalità per cancro, associato allo sverzamento di rifiuti tossici/radioattivi) data per la prima volta nel 2004 da parte della rivista scientifica The Lancet Oncology (Italian “Triangle of death” linked to waste crisis, uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza).
Riguardo a questo studio di ricerca, all’interno dell’area designata, con un bacino di popolazione di circa 550.000 persone, ci si ammala e si muore di tumore con una frequenza ben più alta rispetto al resto d’Italia.
Secondo la ricerca, l’anomalo indice di morte per tumore è da attribuire ai rifiuti tossici, illegali e pericolosi interrati nelle tante discariche abusive della zona che, attraverso la catena alimentare, hanno colpito l’uomo.
In queste terre è stato trovato di tutto, dai sali di ammonio a quelli di alluminio, dal piombo alle sostanze cancerogene sviluppate dalle fiamme dei copertoni. Le conseguenze per i cittadini sono state devastanti. Dalle malformazioni fetali al mancato sviluppo di un organo, o all’insorgere di tumori, sia negli adulti che nei bambini. Gli organi più colpiti sono: vescica, fegato e stomaco. Il rischio di leucemie e linfomi risulta più elevato tra i 20 e i 40 anni.
Altro contributo effettivo alla presa di coscienza e di consapevolezza della presenza del fenomeno gravoso della presenza di rifiuti tossici e speciali ad elevato potenziale dannoso per la salute e per l’ambiente, è stato il Rapporto ISTISAN 15/27 (mortalità, ospedalizzazione e incidenza tumorale nei comuni della Terra dei Fuochi in Campania – relazione ai sensi della Legge 6/2014).
In tale documento, si riportano le analisi condotte sui comuni della Terra dei Fuochi: mostrano che il profilo di salute dei bambini presenta alcune criticità nel primo anno di vita (eccessi di bambini ricoverati per tutti i tumori in entrambe le province di Napoli e Caserta, ed eccesso di incidenza e di ricoverati per tumori dell’SNC rispettivamente per la Provincia di Napoli e di Caserta); in età pediatrica e pediatrico-adolescenziale i tumori dell’SNC sono in eccesso sia come incidenza che come numero di ricoverati nella Provincia di Napoli.
Nella Provincia di Caserta il dato sui ricoveri mostra un eccesso per questi tumori nelle due classi di età indagate; le leucemie risultano in eccesso solo come numero di bambini ricoverati nella Provincia di Caserta.
Il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 Comuni che la Legge 6/2014 definisce come Terra dei Fuochi è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell’ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale, che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani. La medesima legge prevede che in questi Comuni vengano effettuati interventi di tutela dell’ambiente.
Il quotidiano “Il Mattino”, nel novembre del 2013 pubblicò dei dati ISTAT sull’aspettativa di vita, confrontando le provincie campane con la media italiana: quest’ultima nel 1992 era di 74 anni, mentre nel 2010 è diventata di 79,4 anni.
In Campania invece si partiva da un’aspettativa di vita di 73,2 fino a 77,8 (una differenza di -2,0/-2,2).
Ma andando più nello specifico, abbiamo molteplici sostanze chimiche rilevate su suolo/acqua/aria (le ultime prodotte da inceneritori, e non solo, ma anche roghi abusivi). Le vie di esposizione individuate sono quella inalatoria (gas, polveri, idrocarburi policiclici aromatici), alimentari (policicloderivati) e per contatto dermico (metalli e IPA).
Tra le principali sostanze si annoverano:
- Le fibre di asbesto (comunemente noto come amianto) – una famiglia di silicati fibrosi resistenti al calore, agli acidi e agli alcali – inalate provocano gravi patologie dell’apparato respiratorio (l’asbestosi, il tumore maligno del polmone e della laringe e il mesotelioma pleurico) e neoplasie a carico di altri organi, il mesotelioma peritoneale, pericardico e della tunica vaginale del testicolo, e il tumore maligno dell’ovaio. Causano inoltre placche pleuriche e inspessimenti pleurici diffusi. Queste patologie sono caratterizzate da un lungo intervallo di latenza tra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia, intervallo che, nel caso del mesotelioma, è in genere di decenni.
- Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) sono presenti ovunque in atmosfera, derivano dalla combustione incompleta di materiale organico e dall’uso di olio combustibile, gas, carbone e legno nella produzione di energia; Gli studi sulla tossicità degli IPA per l’uomo sono molti limitati: sono riportate lesioni della cute per esposizione cutanea, anemia emolitica per esposizione accidentale a dosi letali di naftalene, cancerogenesi per esposizione occupazionale per via inalatoria o dermica. Non sono disponibili dati sull’esposizione attraverso la via orale. Lo IARC ha classificato il BaP (benzo-a-pirene) nel gruppo 2A (probabile cancerogeno per l’uomo).
- I metalli pesanti, invece, sono un’insieme di più sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana a distanza di svariati anni; e sono: alluminio (gli effetti di un elevato accumulo nel corpo umano si possono riflettere in modo particolare in danni cerebrali, dando luogo a controverse situazioni patologiche di demenza senile di tipo Alzheimer, ancora ampiamente discusse dal mondo scientifico); arsenico (a seguito dell’iniziale ingresso nell’organismo, s’accumula innanzitutto in reni/fegato/polmoni ma porta tuttavia a una ritenzione a lungo termine nei capelli, nella pelle, nell’epitelio squamoso del tratto gastrointestinale alto, nella tiroide e nello scheletro); cadmio (a seguito di esposizione cronica per via orale il rene sembra essere l’organo bersaglio della tossicità, le alterazioni nello scambio di fosfato e calcio derivanti dal danno tubulare possono causare un riassorbimento di minerali dall’osso, con conseguente osteomalacia con vari gradi di osteoporosi); manganese ( è presente in tutti i tessuti dell’organismo ed è un elemento essenziale per l’uomo, ma vi è una sindrome definita “manganismo” che è associata all’inalazione cronica di manganese per esposizione lavorativa; e caratterizzata da alterazioni neurologiche generalmente reversibili come debolezza, anoressia, dolore muscolare, apatia, eloquio rallentato e riduzione della mimica facciale); nichel (test in vitro e in vivo hanno evidenziato che il nichel è mutageno e capace di indurre aberrazioni cromosomiche, è in grado di indurre tumori se somministrato per via inalatoria, incerti invece sono i dati riguardo all’esposizione per ingestione, nell’uomo diversi studi epidemiologici hanno evidenziato che i composti del nichel sono cancerogeni se l’esposizione avviene per via inalatoria , il nichel metallico è considerato un possibile cancerogeno – gruppo 2B IARC); rame; piombo; selenio e
Dallo scoppio dello scandalo nazionale che ha visto coinvolti associazioni malavitose, gruppi industriali e altro ancora, le forze dell’ordine si sono attivate per permettere di arginare il disastro ambientale, tramite bonifiche del territorio e il blocco del traffico e sversamento dei rifiuti, e il ministero della salute ha avviato un processo di monitoraggio e prevenzione della popolazione per avere un costante punto della situazione su un fenomeno che non mostra le sue ripercussioni sulla salute subito, ma distanziato di molti anni.
Ora si è parlato della Terra dei Fuochi, ma non è la sola: bisogna ricordare le popolazioni colpite dal massiccio inquinamento dell’Ilva di Taranto, dei molteplici blocchi industriali dislocati su tutto il territorio nazionale (dal bergamasco fino ad arrivare all’entroterra siculo e sardo).
Con questo articolo non voglio certamente muovere una critica e nemmeno generare allarmismi (dato che il fenomeno è oramai presente da anni), ma bensì riportare alla mente e creare un senso di consapevolezza su tale evento, affinché non venga dimenticato e soprattutto non venga abbandonata la popolazione (soprattutto i più giovani) di quelle zone al loro difficile destino.
Parole di un infermiere meridionale. Alla prossima colleghi!
Pasquale Fava
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