Italia in testa per servizi offerti tra diagnosi, management clinico, trattamento. Per questa sfida serve maggiore consapevolezza tra i giovani.
L’epidemia di HIV in Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna (Europe5) è oggi irriconoscibile rispetto a un decennio fa. I soggetti che vengono contagiati dall’HIV sono sostanzialmente stabili o in calo, mentre l’aspettativa di vita per le persone affette dalla malattia è simile a quella delle persone senza la malattia. Nonostante l’epidemia sia cambiata, non è tuttavia finita. Esistono nuove e continue sfide che minacciano la risposta all’HIV.
IL RAPPORTO EUROPE5 – Per capire come le policy dei Paesi di Europe5 stiano affrontando le nuove sfide. KPMG LifeSciences ha riunito un gruppo di specialisti sull’HIV. Con il contributo dei rappresentanti italiani del gruppo di lavoro, fra i quali Barbara Suligoi (Centro Operativo AIDS presso Istituto Superiore di Sanità) ed Emilia De Biasi, già presidente XII Commissione Sanità al Senato. La presentazione si tiene presso la Casa della Cultura (via Borgogna 3, Milano), giovedì 6 giugno tra le 13 e le 15. Il rapporto è stato commissionato e patrocinato da Gilead Sciences Europe Ltd (Gilead).
Lo studio svolto ha esaminato gli aspetti di consapevolezza, prevenzione, test e screening, trattamenti specifici e gestione di lungo periodo della salute del paziente inquadrato all’interno del continuum di cura. Sono state identificate le aree di forza, quelle di possibile miglioramento e sono state elaborate alcune raccomandazioni per migliorare la vita delle persone affette e a rischio di HIV. Il capitolo italiano del report complessivo viene presentato a Milano, in una settimana non casuale, negli stessi giorni in cui si tiene, all’Università Statale, la XI Conferenza ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research): dal 5 al 7 giugno, è l’appuntamento più prestigioso, numeroso e scientificamente qualificato in Italia su AIDS e ricerca antivirale.
L’HIV IN ITALIA: NUMERI PREOCCUPANTI, MA SERVIZI IN CRESCITA – La prevalenza di HIV in Italia è dello 0.2%, più alta rispetto ad altri Paesi di Europe5, come Regno Unito (0.16%) e Germania (0.1%). Circa la metà delle persone con HIV viene diagnosticata in fase avanzata di malattia, comportando una minore probabilità di successo delle terapie e una maggiore probabilità di aver involontariamente trasmesso l’infezione ad altri. Tuttavia l’Italia è tra i cinque l’unico Paese che fornisce gratuitamente diagnosi, management clinico e trattamento antiretrovirale a tutti, senza discriminazioni, compresi migranti illegali e persone che fanno uso di sostanze iniettive.
Nonostante le terapie antiretrovirali prolunghino la sopravvivenza delle persone con HIV, migliorandone la qualità di vita, l’HIV resta un’infezione letale. Non si può dunque rimanere inerti ed è necessario continuare a perseguire la linea già tracciata. “È urgente diffondere una migliore conoscenza e consapevolezza del rischio di HIV e di altre infezioni sessualmente trasmesse, in particolare tra i giovani, attraverso social media, scuola e strutture sul territorio (sia sanitarie che della società civile) – sottolinea Barbara Suligoi, Centro Operativo AIDS presso l’Istituto Superiore di Sanità –. L’accesso ai test per l’HIV e le infezioni sessualmente trasmesse deve essere agevolato (anonimo, gratuito, senza appuntamento, senza prescrizione medica, opt-out in sedi selezionate), superando anche le barriere del test ai minori. I preservativi devono essere forniti gratuitamente alle persone con comportamenti a rischio. A questo proposito, le delibere già approvate in varie regioni italiane per la distribuzione gratuita dei preservativi ai giovani purtroppo non sono state finora attivate. È indispensabile che diventino applicative come prevenzione dell’HIV e delle infezioni sessualmente trasmesse. In sintesi, bisogna implementare urgentemente il Piano Nazionale AIDS 2017-2019, dedicando a esso dei finanziamenti specifici e incorporando le relative politiche nei LEA, per garantire un’assegnazione di risorse coerenti ed assicurare l’uniformità dei servizi in tutto il Paese”.
Aggiunge Massimo Galli, presidente SIMIT: “L’approvazione del nuovo piano nazionale AIDS presso la Conferenza Stato-Regioni del 26 ottobre 2017 aveva aperto grandi speranze sulla possibilità di una concreta ripresa delle iniziative di prevenzione dell’infezione e per l’assistenza alle persone che vivono con HIV/AIDS. Va purtroppo sottolineato che il piano è rimasto lettera morta in molte Regioni e ha subito comunque significativi ritardi nella sua applicazione quasi ovunque. Un destino condiviso spesso da piani nazionali d’ambito sanitario, specie se sprovvisti di uno specifico finanziamento. Piani le cui azioni dovrebbero comunque essere attuate come LEA. Ma in questo caso, appunto, quasi tutto sembra essere rimasto al condizionale”.
“Il confronto con gli altri Paesi europei esaminati nel Report ci consegna un quadro italiano in larga parte positivo – afferma Emilia De Biasi, componente del gruppo di elaborazione del Rapporto –. Il nostro Servizio Sanitario Nazionale è a vocazione universalistica, abbiamo leggi specifiche di contrasto all’epidemia e da pochi anni un Piano nazionale contro l’AIDS. Le linee guida di contrasto all’epidemia sono una vera eccellenza nel campo internazionale. Ma regole e leggi hanno bisogno di basi culturali ed economiche per essere applicate correttamente e produrre innovazione e valore salute. Proprio l’HIV ne è l’esempio: agli eccellenti risultati negli aspetti di trattamento clinico fanno da contraltare la scarsa propensione alla prevenzione e la quasi totale assenza di comunicazione pubblica sui rischi, oltre a una mancanza di finanziamenti mirati. Anche il Piano nazionale contro l’AIDS non è a tutt’oggi finanziato. La parola chiave è, a mio avviso, ‘innovazione’: un concetto che permette di agire sulle nuove popolazioni a rischio, come giovani, donne e immigrati irregolari, ma anche per prendere in carico, con maggiore efficacia, gli aspetti relativi alla salute mentale delle persone con HIV e, grazie alla cronicizzazione della malattia, anche al loro invecchiamento attivo. ‘Innovazione’ infine è parola chiave per le terapie farmacologiche, per le quali è indispensabile il finanziamento della ricerca e il mantenimento dei fondi dedicati all’interno del Fondo sanitario nazionale”.
L’IMPEGNO DI KPMG IN EUROPE5 – L’Italia ha fatto grandi progressi nell’affrontare l’epidemia dell’HIV, raggiungendo buoni risultati clinici: gli ultimi dati a disposizione evidenziano come più del 90% della popolazione affetta da HIV è consapevole del suo status; il 92% di questi è in trattamento e di questi ultimi l’88% hanno raggiunto la soppressione virale, a testimonianza dei progressi compiuti verso gli obiettivi internazionali UNAIDS 90-90-90. La vera sfida per il nostro Paese, oggi, è costituita dalla popolazione non diagnosticata: delle 130.000 [111.000 – 150.000] persone che si stima vivano con l’HIV in Italia, si calcola che l’11-13% non sia a conoscenza del proprio status di infezione. Inoltre l’incidenza si è stabilizzata, ma ogni anno vengono effettuate oltre 3.000 nuove diagnosi (3.443 nel 2017).
“Per stimolare il confronto internazionale sull’evoluzione dell’epidemiologia dell’HIV e sulle risposte fornite dai Paesi Europa5 (Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna), KPMG ha riunito esperti clinici e non in uno Steering Commitee – ha spiegato Donato Scolozzi, KPMG Associate Partner Healthcare & Lifescience –. Gli specialisti hanno esaminato gli aspetti di consapevolezza e sensibilizzazione, prevenzione, test e screening, trattamenti specifici e gestione olistica della salute del paziente affetto da Hiv o a rischio. Nell’analisi comparativa sono state individuate le aree di forza, quelle di possibile miglioramento e sono state elaborate alcune raccomandazioni per migliorare la vita delle persone affette e a rischio di HIV. L’Italia ne esce bene sia dal punto di vista oggettivo dei provvedimenti adottati sia a livello soggettivo in termini del contributo che i nostri esperti hanno saputo dare allo Steering Commitee”.
Redazione Nurse Times
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