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Problematiche cardio-metaboliche: un batterio intestinale riduce i rischi per il cuore

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Quali sono i rischi e le cause del sovrappeso
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Un nuovo studio ha rivelato l’efficacia della terapia basata sulla somministrazione di Akkermansia muciniphila.

Una terapia a base di uno specifico batterio intestinale potrebbe avere un ruolo nella gestione del diabete e di altre problematiche cardio-metaboliche, come il sovrappeso, il fegato grasso o il colesterolo alto, aiutando, di fatto, a ridurre il rischio cardiovascolare. Lo suggerisce il primo studio clinico specifico per verificare l’efficacia di un certo batterio intestinale – Akkermansia muciniphila – su individui obesi e/o con diabete non ben gestito. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine dal team di Patrice Cani, dell’Università Cattolica di Lovanio.

Gli esperti sono partiti da precedenti evidenze sperimentali secondo cui, somministrando il batterio ad animali sovrappeso, questi non solo dimagriscono ma presentano anche un miglioramento complessivo del quadro cardiometabolico: dalla riduzione del colesterolo nel sangue all’aumento della sensibilità insulinica e quindi alla diminuzione dell’insulino-resistenza (quando l’organismo non risponde adeguatamente all’ormone regolatore dello zucchero nel sangue: questi sono i tratti tipici del diabete di tipo 2, il più diffuso).

Partendo da questi dati preclinici, gli esperti hanno arruolato 32 individui obesi e/o con diabete, e hanno somministrato ad alcuni di loro, per tre mesi, dosi di Akkermansia muciniphila pastorizzato o vivo, mentre agli altri hanno somministrato un placebo. Gli esperti si sono accorti che il batterio – ma solo se preso in forma pastorizzata – è efficace nel ridurre l’insulino-resistenza e aumentare la sensibilità all’insulina. Inoltre favorisce una moderata perdita di peso. Serviranno ulteriori studi su una casistica maggiore, tuttavia, per verificare gli effetti benefici, anche a lungo termine, (oltre i tre mesi di terapia) di un’integrazione con A. muciniphila.

“Si tratta di uno studio molto interessante – commenta Francesco Purrello, presidente della Società italiana di diabetologia e ordinario all’Università di Catania –, che ha una potenziale ricaduta clinica di enorme importanza. Sarebbe per esempio possibile, con questa metodica, cercare di arginare il rischio per soggetti obesi e insulino-resistenti di progredire verso il diabete vero e proprio. Si stima che questi soggetti, definiti con pre-diabete, solo in Italia siano più di un milione. È noto da tempo che la flora batterica intestinale ha una grande importanza nel regolare il metabolismo di zuccheri e grassi. In particolare, il batterio utilizzato in questo studio pilota aveva dimostrato di ridurre in modelli animali la leptina (ormone che regola l’appetito) e altre proteine coinvolte nel metabolismo di grassi e zuccheri e nei processi infiammatori. Adesso queste evidenze sono state ottenute sull’uomo. Un passo avanti significativo, pubblicato su una rivista di grande prestigio scientifico”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Ansa

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