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La violenza sugli operatori sanitari non è solo aggressioni, ma è nel sistema

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Fnopi in audizione al Senato: “Tolleranza zero sulle violenze contro gli operatori sanitari”
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Eccoci di nuovo ad affrontare il tema della violenza sugli operatori sanitari ed in particolare su noi infermieri

Abbiamo più volte affrontato il problema dandone diverse letture, vorrei ora quindi dare alla questione un taglio di analisi diverso per stimolare la riflessione nostra e soprattutto di quanti in questo ambito hanno responsabilità enormi ed in una qualche maniera devono dare risposte.

Risposte che finora tardano ad arrivare e che anche quando sembrano in dirittura d’arrivo non ritengo adeguate a risolvere alcun problema.

L‘inasprimento delle pene, ben venga, ma che non risolve e non risolverà mai i problemi che sono alla base; non essendo questo un problema risolvibile con la repressione e/o la militarizzazione dei presidi e dei pronto soccorso.

Per tentare di risolvere il problema bisogna ricercarne le ragioni profonde.

Bisogna vedere e capire cosa è accaduto e cosa sta accadendo nel nostro sistema salute; nella cultura del nostro paese e soprattutto portare lì gli adeguati correttivi. Altrimenti si rischia di vedere gli effetti, seppur nefasti, ma di non vederne le cause, di interrogarsi e proporre soluzioni sugli effetti, ma non sulle cause profonde e quindi evitare di dare le risposte che invece servirebbero davvero.

Come già detto in precedenti articoli ho affrontato il problema in termini più complessivi e già nell’agosto 2016 scrivevo questo articolo “Aggressioni nei Pronto Soccorso problema locale o di politica sanitaria nazionale?” per poi riprendere l’argomento centrato proprio sui pronto soccorso nel settembre 2016, proponendo questa analisi “E se nei Pronto Soccorso iniziassero a giungere solo i codici gialli e rossi?”

Da allora nulla è cambiato e nulla è stato fatto, limitandosi a rincorrere soluzioni tampone, peraltro ancora lungi dall’essere attuabili, che non serviranno a nulla se non ad una demagogica propaganda del politico di turno.

Oggi vorrei andare oltre; vorrei ragionare sul concetto di violenza e su come tutti noi in ogni momento della nostra vita lavorativa siamo oggetto di un’inaudita violenza che non è solamente quella delle aggressioni verbali o fisiche.

Credo sia necessario affrontare anche questo aspetto perchè non riesco a capire per quale strano motivo una qualsiasi persona debba astenersi dall’aggredirci quando sotto i suoi occhi noi tutti siamo palesemente aggrediti e violentati proprio dalle istituzioni, dalle nostre aziende, dalla stampa che ci addita troppo facilmente come la causa di tutti i mali, misconoscendo addirittura la nostra figura ed attribuendo a noi ogni nefandezza che altre figure compiono all’interno di diversi setting sanitari.

Credo che sia giusto e coretto affermare che la violenza nei confronti di noi infermieri non è semplicemente rappresentata da quello che emerge evidente.

Le aggressioni verbali e le vere e proprie aggressioni fisiche cui siamo esposti sono solo la punta dell’iceberg di tante altre violenze subdole e meschine. Quelle nascoste e volutamente ignorate per evitare che ognuno si prenda le proprie responsabilità.

Possiamo dire ed affermare che ogni qualvolta non si permette ad un infermiere di svolgere il suo mandato professionale secondo il D.M. 739/94, demansionandolo ed umiliando la sua professione e le sue competenze, si commette e perpetra una violenza nei suoi confronti.

Possiamo affermare che quando si sbatte il mostro infermiere in prima pagina salvo poi scoprire che infermiere non è, si compie nei confronti della professione una violenza.

Ogni volta che per le croniche carenze di staffing si impedisce ad un infermiere di usufruire del suo riposo o gli si fa fare un doppio turno o gli si impedisce di partecipare a corsi di aggiornamento si compie nei fatti una violenza nei suoi confronti.

Quando un professionista laureato ed iscritto ad un ordine viene retribuito con 8 euro lordi all’ora o si impongono contratti di lavoro con stipendi vergognosi precludendo agli stessi anche la possibilità di avere altre attività in libera professione si commette una vera violenza.

Quando si obbligano gli infermieri a svolgere il loro ruolo in un sistema salute allo sbando totale esponendoli gratuitamente alla rabbia ed al senso di abbandono dei cittadini si compie ancora una vola una violenza nei loro confronti, ma anche dei cittadini.

Detto questo allora dovremo dire che buona parte delle responsabilità è dei politici che ci hanno governato; tutti i ministri della salute che si sono succeduti finora; tutti i presidenti di regione; tutti gli assessori alla salute; tutti i direttori generali delle aziende sanitarie ed i loro dirigenti; tutti i giornalisti che dall’alto delle loro penne intrise del nostro sangue giudicano ed affermano senza neanche saper su chi depongono i loro amorevoli strali

Personalmente credo che dovrebbero affrontare tutti insieme i problemi e la violenza che essi stessi hanno costruito e generato in questi ultimi anni; metterli difronte ognuno alle proprie responsabilità ed obbligarli a fare ciò che si deve per riportare il nostro sistema salute a ciò che era ripartendo magari dallo spirito ispiratore della 833/78.

Iniziamo ad affrontare questo fallimento annunciato che è il nostro sistema salute e ricostruire un sistema che sia universale, equo, solidale ed accessibile.

Iniziamo partendo dalle mutate esigenze della popolazione, iniziamo a prenderci cura dei cittadini prima ancora che si ammalino, iniziamo ad occuparci delle cronicità e delle fragilità: portiamo i cittadini ad essere attori di rilievo del sistema salute.

Noi infermieri ci siamo sempre stati vicini ai nostri pazienti anche mettendo in campo enormi sacrifici e subendo in silenzio tutta la violenza di cui abbiamo parlato.

Ora però dettiamo le nostre condizioni, prima tra tutte che cessino tutte le violenze messe in essere dalle aziende, dalla stampa e dalla politica; che si affrontino i problemi veri, che si metta mano ad una riforma organica del sistema salute che metta al centro il prendersi cura piuttosto che il curare e che quindi finalmente si dia un giusto riconoscimento ai nostri sacrifici, alle nostre competenze ed alle infinite potenzialità in quest’ottica della nostra professione.

Vogliamo le scuse di tutti per quanto siamo stati costretti a subire; vogliamo che siano la politica e le aziende per prima a rispettare la nostra professione; vogliamo che la stampa quando parla di noi lo faccia sapendo di cosa parla senza fare di “tutta l’erba un fascio” pur di fare il titolo acchiappalettori.

Vogliamo un giusto riconoscimento sociale ed economico per quanto fatto finora e per quanto potremo fare da ora in avanti.

Angelo De Angelis

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