Se ne è parlato in occasione dell’VIII Healthcare Summit del Sole 24 Ore.
L’innovazione in grado di fare la differenza per il paziente passa per la via – oggi molto stretta – di una digitalizzazione delle cure, che procede al rallentatore, e di nuovi modelli di acquisto delle tecnologie, decisamente poco in uso. Come le concessioni, previste in ambito PPP (partenariato pubblico privato) dal Codice appalti, ma impiegate con il contagocce per il procurement di macchinari e tecnologie nel Ssn.
Eppure, poter scegliere l’uno o l’altro dispositivo – grazie a strumenti di acquisto innovativi – impatta sull’equità di accesso alle cure, quando il paziente per avere la Tac d’avanguardia è costretto a pagare di tasca propria. Di ruolo dell’innovazione e accesso alle tecnologie come leva di sviluppo del Ssn si è parlato oggi a Roma in occasione dell’VIII Healthcare Summit del Sole 24 Ore: sul tavolo, centrali di acquisto ed enti regionali, imprese, istituzioni e clinici.
A porre il tema con un esempio concreto è Andrea Celli, Sales&Operations Leader Philips IIG: «Abbiamo ideato una nuova risonanza magnetica senza elio, gas che è ormai diventato una risorsa scarsa, e quindi ha prezzi crescenti. Sarebbe una soluzione molto vantaggiosa per gli ospedali, ma a oggi i nostri acquirenti sono solo privati».
Il pubblico sconta un gap non solo di risorse, ma anche di formazione, malgrado il lavoro degli ingegneri clinici che, come ricorda il presidente Lorenzo Leogrande, «promuovono il dialogo serrato con tutti gli stakeholder». «Sta alle centrali d’acquisto regionali – afferma Celli – sponsorizzare il PPP: la concessione è lo strumento principe per veicolare l’innovazione d’avanguardia nel Ssn. Noi investiamo in innovazione 2 miliardi l’anno, il 10% del fatturato, che per il 60-70% va in digitalizzazione del Ssn, ma serve la collaborazione di centrali e ministero».
«Si tratta di passare dagli acquisti agli esiti, e quindi dagli appalti alle concessioni», concorda Gianluca Postiglione, dg della centrale di acquisto campana Soresa. La concessione sposta il peso dell’investimento dalla Pa al privato, che installa a spese proprie il macchinario e si fa anche carico della gestione e del rischio di domanda, secondo criteri “pay per use”.
Resta da capire come valutare l’efficacia della nuova tecnologia. «Ci vorrebbe un position paper curato da Salute e Mef – dice Postiglione –. Una griglia condivisa di parametri di valutazione degli esiti, mirata ad accompagnare la sperimentazione delle concessioni».
I ministeri dovrebbero metterci la regia, ma anche i soldi. La nuova Legge di bilancio stanzia 2 miliardi in più per edilizia sanitaria e tecnologie, poi ci sono tesoretti come il Piano operativo salute nell’ambito del Fondo di coesione. «Sono 200 milioni – ricorda Giovanni Leonardi, dg Ricerca e innovazione della salute – che le Regioni possono investire su invecchiamento, sanità elettronica e dei dispositivi, medicina di precisione, sviluppo farmaceutico e nutraceutica».
Risorse preziose, che però, quando si guarda alle nuove apparecchiature, restano orfane di criteri di scelta value based e scontano una gestione frammentaria dell’Health Technology Assessment. Quindi, come scegliere la tecnologia migliore e portarla al paziente? Tra le sperimentazioni in corso c’è quella avviata dall’Agenzia per i servizi salutari regionali (Aress) della Puglia. «Siamo partner del consorzio europeo European Wide Innovation Procurement in Health and Care in ambito Horizon 2020 – spiega il dg Giovanni Gorgoni -. L’obiettivo è sviluppare linee guida per le call relative a bandi di procurement innovativo sui servizi integrati ad alta intensità di valore, che tengano dentro anche i device in un contesto di partenariato pubblico-privato».
Una proposta che abbraccia nuovi farmaci e dispositivi arriva da Alberto De Negri, Kpmg: «Almeno le innovazioni potenzialmente più dirompenti nella fase avanzata di sperimentazione andrebbero analizzate non solo sotto il profilo della validità clinica, ma anche delle modifiche organizzative e di processo che possono produrre, nonché della possibilità di misurare gli esiti di salute, correlando il sistema di pagamento al “valore” per il Servizio sanitario».
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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