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Test di Medicina, il Consiglio di Stato riammette gli esclusi

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Test di Medicina, il Consiglio di Stato riammette gli esclusi
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I giudici amministrativi bocciano le selezioni del 2017 e del 2018: “Servono più medici”.

II test a numero chiuso, ormai, fa acqua da tutte le parti. Oggi, infatti, a distanza di due anni, potranno frequentare i corsi anche gli studenti che furono esclusi dalle selezioni del 2017. Lo ha deciso è il Consiglio di Stato, accogliendo i ricorsi di coloro che non trovarono posto due anni fa, come già era avvenuto (con una precedente sentenza) ad altri 250 candidati rimasti fuori con il test dello scorso anno.

La motivazione sta nel fatto che, per l’anno accademico 2019-2020, il ministero dell’Istruzione e il ministero della Salute hanno aumentato la disponibilità di posti: 1.600 in più. Secondo i giudici, vuol dire che gli atenei avevano la possibilità di accoglierli anche un anno fa. O due anni fa. Non solo: i giudici, nel decidere di accogliere i ricorrenti, fanno esplicito riferimento al fabbisogno di medici nelle strutture sanitarie italiane. In sostanza, se mancano i medici in corsia o nei pronto soccorso, tanto da pensare di doverli reperire senza specializzazione o in età da pensione, perché escludere gli aspiranti camici bianchi dalle facoltà di Medicina?

“Vi è notizia – scrivono i giudici nell’ordinanza – dell’aumento di circa 1.600 posti complessivi: tale aumento, sia pur disposto per l’anno accademico 2019/2020, non solo è indice del sottodimensionamento dei posti fin qui disponibili nell’offerta formativa, ma sembra anche esse- re più aderente ai prevedibili bisogni sanitari futuri”. Dunque, secondo il principio indicato dal Consiglio di Stato, ci potrebbero essere in tutto 1.600 posti disponibili in più per i candidati del 2018, e altrettanti per il 2017. Ma si potrebbe andare a ritroso negli anni, fin quando ci saranno studenti disposti ancora a entrare a Medicina. Quest’anno, ad esempio, si sono iscritti al test di Medicina e odontoiatria 68.694 studenti, in corsa per uno dei 12.701 posti disponibili. Un’impresa ardua, anche se, rispetto al passato, i posti messi a bando erano più numerosi: proprio quei 1.600 che ora fanno vacillare il numero chiuso degli anni precedenti.

«Denunciamo da anni l’errato calcolo del fabbisogno – dichiarano Francesco Leone, Simona Fell e Floriana Barbata, soci dello studio legale Leone-Fell –. Calcolo da cui poi scaturisce il numero di posti messi a bando. Oggi il Consiglio di Stato si sostituisce ancora una volta al ministero, fissando il numero di posti in più anche per il 2017. È evidente che viene puntualmente sottostimata la capacità delle facoltà di accettare studenti: nel 2014, per esempio, il concorso ha avuto una grave irregolarità, legata al bonus maturità, e con i ricorsi siamo riusciti a far entrare almeno 4mila persone in più, di cui un migliaio solo a Palermo. E non ci sembra che il numero di iscritti aggiuntivi abbia creato problemi».

La questione del test a numero chiuso è più che mai aperta. Anche in Parlamento, dove si sta valutando una possibile riforma per consentire l’accesso a un maggior numero di candidati. «Se lo Stato vuole davvero accogliere più studenti nella facoltà di Medicina – spiega il rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio, già preside di Medicina –, deve investire in strutture e docenti. Oggi non è così: mancano soprattutto le borse per le specializzazioni. Quindi aumentare i laureati in Medicina significa stringere ancora di più l’imbuto formativo. Ovviamente accoglieremo i ricorrenti, ma per loro ci sarà inevitabilmente il disagio di entrare con i corsi già avviati, peraltro in una struttura universitaria già satura di iscritti».

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Messaggero

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