Secondo uno studio Usa, la sottoclasse B dell’Ldl è più dannosa per la funzione endoteliale.
L’Ldl, ossia il “colesterolo cattivo”, non è il solo elemento da controllare per capire se si è a rischio di infarti o malattie coronariche. C’è un indicatore migliore, ed è un particolare tipo di Ldl, una sottoclasse di lipoproteine a bassa densità. Questo colesterolo “davvero cattivo” riesce a predire eventuali problemi all’apparato cardiovascolare meglio del dato della semplice presenza dell’Ldl.
È quanto emerge da uno studio dell’Università dell’Ohio,secondo il quale solo una delle tre sottoclassi che compongono l’Ldl causa danni significativi. “I nostri studi possono spiegare perché una correlazione del colesterolo totale con un rischio di infarto è scarsa e pericolosamente fuorviante, ed è sbagliata per i tre quarti delle volte”, ha detto Tadeusz Malinski, ricercatore che ha condotto l’analisi, precisando come le linee guida dovrebbero analizzare i valori della sottoclasse B dell’Ldl quando si trova a comporre più del 50% del totale del colesterolo cattivo.
La sottoclasse B dell’Ldl è risultata essere la più dannosa per la funzione endoteliale (il tessuto che compone i vasi sanguigni e il cuore) e può contribuire allo sviluppo dell’arterosclerosi. Dunque, stando alla ricerca pubblicata sull’International Journal of Nanomedicine, non è la quantità totale di colesterolo Ldl, ma piuttosto la concentrazione della sottoclasse B in relazione alle altre due (la sottoclasse A e la sottoclasse I) che dovrebbe essere utilizzata per diagnosticare l’aterosclerosi e il rischio di infarto.
Redazione Nurse Times
Fonte: Ansa
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