In occasione del convegno organizzato per l’associazione “Infermieri del mondo” in data 14/12/2019 le dott.sse Milena Rolón, Carmen Vera e Ma. Beatriz Leguizamon hanno presentato un interessante lavoro statistico intitolato “Qualità di vita degli infermieri in Italia”
Obiettivo del lavoro eseguito è stato quello di rivalutare la qualità della vita degli infermieri multietnici che lavorano in Italia, analizzare la qualità delle loro condizioni lavorative e il loro mutare negli anni.
Diversi decenni fa, erano già state effettuate valutazioni/studi sulla qualità della vita degli infermieri stranieri in Italia (determinazione della popolazione, stipendi, relazioni professionali con colleghi e con pazienti, ecc).
Queste ricerche, ormai desuete, erano state svolte in un periodo durante il quale la domanda di infermieri era elevata a fronte di una presenza minima di professionisti. Le stesse non risultano più attuali; infatti, poiché si ritiene che la situazione sia mutata ovvero invertita, intendiamo, con le nostre ricerche, aggiornare le statistiche per poter verificare l’orientamento in Italia.
L’emigrazione per motivi lavorativi è un fenomeno che si riscontra a livello mondiale: da secoli, le persone migrano in luoghi socialmente ed economicamente favorevoli per migliorare le proprie condizioni di vita.
Tra le numerose professioni coinvolte in questo flusso migratorio, gli infermieri ne rappresentano una parte consistente; questo fenomeno risulta, infatti, maggiormente accentuato nell’area sanitaria-ospedaliera rispetto ad altre categorie lavorative (es. gli ingegneri).
Lo studio, qui presentato, intende ricercare le motivazioni e in quale misura le stesse influiscano la quotidianità personale e lavorativa degli infermieri stranieri residenti in Italia. Una simile analisi statistica era già stata effettuata negli anni 2010-2012, ma ritenendola ormai obsoleta, è nostra intenzione rivedere i risultati aggiornandoli al periodo attuale, attraverso un questionario che consenta di analizzare nel dettaglio i diversi stili di vita differenziandoli per territorialità, nazionalità del soggetto, ecc.
Per meglio comprendere il fenomeno migratorio, saranno fornite indicazioni in un contesto generale che coinvolge più aree e settori; quindi, ci si soffermerà sul flusso degli infermieri in ingresso ed in uscita dal territorio italiano, con dati quantitativi e prospettici.
Successivamente, si confronteranno le varie offerte didattiche distinte per continente e nello specifico nell’America Latina.
In conclusione, si intende fornire un quadro non solo generale ma dettagliato della qualità di vita degli infermieri stranieri residenti in Italia, considerato il territorio nazionale italiano una delle mete principali in area europea.
Secondo la OMS, la qualità di vita è costituito dalle percezioni che gli individui hanno della propria collocazione con riferimento al contesto culturale e al sistema di valori in cui vivono e ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi. Si tratta di un concetto molto ampio che ricomprende, in modo complesso, lo stato di salute fisico e psicologico di ogni singolo individuo, il livello di indipendenza, le relazioni sociali, le credenze personali e il rapporto con le caratteristiche principali dell’ambiente.
L’interesse sulla qualità della vita degli operatori sanitari è ormai parte della storia dell’infermieristica ed emerge anche negli scritti di alcune importanti teorie del nursing quali Peplau, Rogers, Leininger e King.
Secondo Rizzo Parse, si tratta di una percezione soggettiva e globale delle esperienze vissute in un determinato momento della vita; infatti, nei suoi scritti, dichiara esplicitamente che l’obiettivo dell’intera professione infermieristica è individuabile nella qualità della vita personale (Plummer M, e al., 2009).
La valutazione della qualità della vita da parte dell’infermiere, in ambito clinico, può essere una regola per implementare la comunicazione terapeutica e far percepire all’assistito, interesse e rispetto per la sua condizione (Hagelin CL, e al., 2007). Inoltre, diversi studi dimostrano che i dati raccolti sulla qualità della vita possono dare importanti informazioni ai professionisti riguardo al comportamento assunto dal paziente in questo frangente particolare dell’esistenza, quali aspetti richiedono una particolare attenzione in termini di sostegno o necessitano di interventi specifici.
Questo metodo, dunque, (i) consente di migliorare l’interazione tra infermieri ed assistiti, (ii) può responsabilizzare il paziente nel processo decisionale autonomo e (iii) favorisce un allineamento degli interventi assistenziali con quelle dimensioni che il paziente stesso ritiene più importanti, facilitando così il professionista nella stesura di una pianificazione assistenziale migliore e di più rapida esecuzione (Starkweather A, 2010; Hagelin CL, e al., 2007).
All’interno del processo della cura, la rilevazione della qualità della vita, alla luce delle sue caratteristiche intrinseche, dovrebbe essere effettuata più volte e sistemati-camente.
La frequenza della valutazione dovrebbe essere adattata in funzione alle condizioni di ogni persona, agli obiettivi dell’assistenza infermieristica e al contesto clinico.
E’ comunque necessario monitorare, nel tempo, l’evoluzione della percezione soggettiva della qualità di vita dell’assistito al fine di garantire la continuità delle cure (Starkweather A, 2010). Inoltre, per l’infermiere che opera nel campo della salute e delle malattie croniche, la valutazione ripetuta risulta necessaria se affiancata anche ad una conoscenza delle aspettative dell’assistito, così da consentirgli di agire su di esse; l’obiettivo deve essere quello di influire sulle prospettive, adattandole alla situazione corrente, al fine di migliorare la salute.
Un soggetto, le cui aspettative di qualità della vita vengono disattese, potrebbe adottare atteggiamenti negativi che comprometterebbero ulteriormente il suo benessere (Carr AJ, e al., 2001, a): a titolo esemplificativo, la scarsa aderenza al regime terapeutico, una bassa accettazione delle raccomandazioni mediche e delle modifiche allo stile di vita o la mancata partecipazione agli appuntamenti di richiamo (follow up) (Nicolucci A, 2006; Carr AJ, e al., 2001, a).
Ulteriori barriere nella valutazione della qualità di vita sono le situazioni in cui la comunicazione con il paziente è difficoltosa (Hagelin CL, e al., 2007) o in cui la somministrazione della cura può essere vista come un’invasione nella privacy. (Molin C, et al., 1995). Un altro importante ostacolo per la rilevazione della qualità della vita nelle unità operative, è la scarsa conoscenza dell’utilità dell’indagine, in quanto considerata ancora allo stato emergente, da evolvere e che necessita di ulteriore tempo per diffondersi (Nicolucci A, 2006). Dall’altra parte, l’introduzione delle misure sulla qualità di vita all’interno dell’ambito clinico, implica la necessità per gli operatori sanitari di cambiare la loro pratica assistenziale; il cambiamento può essere percepito come una sorta di minaccia, soprattutto se il personale non si sente adeguatamente preparato e teme un giudizio negativo (Nicolucci A, 2006).
Gli atteggiamenti degli infermieri e le loro attitudini nei confronti della qualità di vita sono elementi che influenzano i comportamenti e l’uso degli strumenti nella pratica lavorativa (Hagelin CL, et al., 2007). Pertanto, risultano fondamentali dei programmi di formazione ad hoc; in ambito clinico, il personale infermieristico spesso non è istruito adeguatamente sull’utilizzo degli strumenti di valutazione della qualità di vita, dato che nei corsi di laurea e post-laurea non viene ancora dedicata sufficiente attenzione all’indagine sulla qualità della vita e alle implicazioni che questa può avere sia sull’assistenza sia sul processo di cure degli assistiti (Higginson IJ, e al., 2001).
CONCLUSIONE
La statistica ha quindi evidenziato la presenza di 14 nazionalità diverse per provenienza e 4 regioni italiane nelle quali gli infermieri hanno trovato occupazione.
Un’alta percentuale di infermieri ha deciso di trasferirsi sia per cambiare vita sia per miglioramenti lavorativi, considerato che la maggioranza degli stessi avevano già maturato una lunga esperienza lavorativa nel proprio paese di origine.
Al momento dell’ingresso in Italia, oltre la metà degli infermieri che hanno compilato il questionario, sono stati ben accolti al loro arrivo, percentuale che successivamente è aumentata fino al 90%.
L’apprendimento della lingua italiana risulta la prima difficoltà che gli emigranti devono affrontare, a seguire l’interazione con i colleghi e con i medici e infine con i pazienti. Col trascorrere del tempo, queste ultime problematiche restano invariate o scemano in percentuale quando il contratto di lavoro viene confermato.
Con riferimento alla sensazione di essere soggetti ai pregiudizi rivolti a loro dai pazienti, si è evidenziato che solo una percentuale di poco superiore al 50% ha risposto positivamente, percentuale in netta diminuzione col trascorrere del tempo (31%)
Un’ulteriore dato importante sono i risultati relativi alle difficoltà collaborative con i colleghi non italiani; infatti solo il 38% ha confermato tale ostacolo, mentre il 62% non ha ritenuto di essere escluso dall’ambito lavorativo. Anche questo dato, come per i precedenti, rivela un miglioramento col trascorrere del tempo.
Il 78% assicura che la preparazione scolastica è differente per paese, ma è bene sottolineare che questo dato è frutto delle diverse esigenze nazionali.
Proseguendo, solo il 22% dei partecipanti alla statistica, vorrebbe tentare un’esperienza in un nuovo paese, mentre la parte restante conferma di non voler cambiare.
Per quanto concerne la qualità di vita lavorativa, il 63% degli infermieri si ritengono coinvolti nella pianificazione della cura dei pazienti, percentuale che è decisamente aumentata al 90% nel tempo. Il 80% concorda inoltre con le indicazione mediche, a fronte di un disaccordo da parte del 63% e solo il 33% accettano le indicazioni solo dopo aver consultato con un collega più esperto.
Il 43% degli infermieri si adegua ai cambiamenti, il 41% si adegua ma chiede e cerca informazione medico-scientifiche; invece il 100% se sente coinvolto nel frequentare i corsi di aggiornamento.
In conclusione, è possiamo affermare, che anche se gli infermieri italiani optino per la un lavoro all’estero, gli stranieri che vivono in Italia definiscono la loro qualità di vita, buona ed accettabile.
Dott.ssa Milena Rolón
Dott.ssa Carmen Vera
Dott.ssa Ma. Beatriz Leguizamon
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