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“Discriminata al concorso per infermieri a causa del mio velo. Ma non mi arrendo, ci proverò ancora”

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“Discriminata al concorso per infermieri a causa del mio velo. Ma non mi arrendo, ci proverò ancora”
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Riceviamo e pubblichiamo la lattera scritta dalla dott.ssa Hasna El agzi, infermiera 25enne iscritta presso l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino in seguito alla partecipazione al concorso per infermieri che si è svolto tra il mese di dicembre 2019 ed il mese di gennaio 2020.


Alla cortese attenzione della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, io sottoscritta Hasna El agzi in qualità di iscritta ed esercente la professione infermieristica a Torino.

“L’Ordine è tenuto a tutelare la nostra professionalità, esercitando il potere disciplinare, contrastando l’abusivismo, vigilando sul rispetto del Codice deontologico, favorendo la crescita culturale degli iscritti, garantendo l’informazione, offrendo servizi di supporto per un corretto esercizio professionale.

La presente lettera la scrivo al fine di segnalare una situazione al quanto triste che mi trova coinvolta, che potrebbe essere oscura. Premettendo che sono una ragazza di origini marocchine mussulmana credente, praticante e porto il velo (mi permetto di segnalare questo particolare).

Ho studiato in Italia dalla prima elementare al proseguire del mio percorso formativo e professionale, ormai mi considero italiana a tutti i costi con gli stessi diritti e doveri di un cittadino italiano.

Intraprendere il percorso infermieristico implica tre anni intensi di studio e tirocinio dove non si ha tempo per se stessi.

Un percorso difficile che continua anche dopo la laurea, con la ricerca di un lavoro.

La questione che vorrei riportare è la suddetta: recentemente ho sostenuto un concorso pubblico, le prove scritte si sono concluse con ottimi risultati prova pratica 20/20 e prova scritta 28/30. Come bene sappiamo l’ultima prova consiste nel colloquio orale, prova sostenuta il 14/01/2020. Come in tutte le prove concorsuali si procede all’estrazione della domanda, quale era sconosciuta fino al momento del proprio turno.

Commissione accogliente diligente nulla da dire. La domanda estratta riguardava i “parametri vitali”; domanda molto semplice, la base della nostra professione, alla quale ho argomentato senza difficoltà.

Uscita da li ero soddisfatta. Al momento dell’uscita della graduatoria, il giorno 17/2/2020, non mi ritrovo nell’elenco. È sembrato strano sia a me che ad altre persone. I criteri di valutazione adottati dalla commissione non sono ben definiti. In questo modo l’unica giustificazione che posso dare, senza permettermi di accusare la commissione o i criteri adottati nell’addempimento della graduatoria finale, è il fatto che io porti “il velo”.

Tale denuncia non è per il fatto che io non abbia vinto il posto in graduatoria ma ben si per far emergere questa ingiustizia che mi ha colpito profondamente. Ormai mi sento appartenente a una società che mi pareva essere evoluta, che credevo non si fermasse a giudicare una persona dall’aspetto esteriore ma giudicare un professionista sulle effettive conoscenze, togliendoci cosi le opportunità e chiudendoci le porte per farci sentire mortificati.

È questa la società democratica che ci viene insegnata sui libri? È questa l’Italia aperta all’immigrazione e all’integrazione?

Sin dalle prime lezioni universitarie mi è stato insegnato ad essere “empatici” e a relazionarci con il nostro assistito utilizzando un “ascolto attivo”.

Non si parla di qualcosa che ha a che vedere con la gentilezza o il bon ton, ma ha che vedere con la professionalità. E io penso che non è solo uno stile di comunicazione da adottare con il nostro paziente.

Nello stesso codice deontologico 2019 viene ripotato ed esplicitato il concetto di discriminazione che mi sento di enunciare.

Art. 3 – Rispetto e non discriminazione:
“L’Infermiere cura e si prende cura della persona assistita, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza, delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere, senza alcuna distinzione sociale, di genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale.
Si astiene da ogni forma di discriminazione e colpevolizzazione nei confronti di tutti coloro che incontra nel suo operare.”

Anche la Costituzione, legge fondamentale del “nostro” Stato italiano, che puntualmente viene consegnata quando si fa il giuramento davanti al sindaco e ci viene data la nomina di “cittadino italiano” riporta molti articoli in merito all’ uguaglianza

Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

Per fortuna la legge non ammette diversità. E per questo oggi sono qui a querelare questo fatto.
Il più delle volte le speranze vengono cancellate, aumenta la sensazione di vivere in un paese dove per andare avanti “bisogna conoscere qualcuno”, e aumenta l’illusione che il problema sia una meritocrazia misconosciuta.

E per questo io vorrei sapere se ci sono dei requisiti ben specifici e disposti dai rispettivi Ordini professionali e/o leggi in merito al superamento del colloquio orale o è solo un giudizio soggettivo.

Ahimè oggi ho capito che non è per niente semplice essere l’infermiera che avevo tanto sognato di essere. Un lavoro per cui ho studiato e ho investito il mio tempo. Ma che sceglierei altre mille volte. Forse con il mio “velo” non sono molto credibile. Ma non mi fermo qui e tanto meno mi arrendo, ci proverò ancora.


Ci auguriamo che esistano altre motivazioni per l’esclusione della collega dalle graduatorie, perché pensare alla motivazione razziale sarebbe davvero grottesco nel 2020. Ci auguriamo di ricevere una smentita da parte dell’azienda sanitaria locale.

Dott. Simone Gussoni

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