Per giorni ci siamo chiesti se rispondere o meno alle offese gratuite che la dottoressa Balanzoni ha indirizzato al mondo infermieristico.
C’è anche chi ci ha suggerito di lasciar perdere, perché la miglior arma è l’indifferenza anche e soprattutto contro chi è in possesso di un ego smisurato che sconfina nel delirio.
Abbiamo letto e riletto i post della dottoressa perché non volevano credere ai nostri occhi: definire la professione infermieristica come la mafia non è solo mancanza di rispetto contro 440mila professionisti della salute, ma è un’accusa grave che lede anche chi infermiere non è.
Evidentemente la dottoressa in questione (dalla denuncia facile) deve aver perso la trebisonda in questo momento di emergenza sanitaria, nella quale ognuno per le proprie competenze, sta dando il massimo (e anche di più) per salvare vite umane.
Se la dottoressa in questione ritiene che gli infermieri siano solo degli esecutori materiali dei suoi ordini, glielo lasciamo anche credere. Ma che mette sullo stesso piano la professione infermieristica con la mafia, questo no non è tollerabile.
Non solo e non tanto per i colleghi infermieri ma soprattutto per le vittime di mafia: i Falcone, i Borsellino, i Piersanti Mattarella giusto per ricordarne qualcuno alla dottoressa in questione.
La mafia uccide, inquina l’economia, allunga i suoi tentacoli come una piovra e questo dovrebbe saperlo anche la dottoressa in questione. Che, come per magia, trasforma le critiche in avvisi di garanzia: oltre che dottoressa è anche magistrato.
Redazione Nurse Times
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