Un medico non può trasfondere sangue ad un paziente contro la sua volontà, anche se è in pericolo di vita. A ribadirlo è una sentenza del Tribunale di Tivoli. Il caso in questione è quello di Michela.
La donna, originaria di Montelanico, è deceduta a febbraio 2013 all’ospedale “San Giovanni Evangelista” di Tivoli. Il giudice, secondo quanto riporta tiburno.tv, ha condannato in primo grado a due mesi di reclusione col beneficio della pena sospesa il medico del nosocomio di via Parrozzani che le somministrò 5 sacche di sangue.
Nel 2013 la giovane donna di Montelanico fu colta da una grave insufficienza respiratoria e trasportata all’ospedale di Colleferro, quindi trasferita d’urgenza a quello di Tivoli. Michela, quale testimone di Geova, non rifiutava di essere curata, ma voleva che questo fosse fatto rispettando la sua obiezione di coscienza religiosa alle trasfusioni di sangue. Anche se incosciente, la paziente aveva sottoscritto in una apposita Direttiva Anticipata le sue volontà, ignorate dai medici che la trasfusero una prima volta.
Il quadro clinico di Michela si complicò e, anche se le sue volontà vennero confermate da un amministratore di sostegno, il medico imputato le somministrò ben quattro emotrasfusioni in successione. A conclusione dell’ultima trasfusione Michela spirò a soli 36 anni.
Già nel 2018 dal Tribunale di Termini Imerese, in Sicilia, fu condannato un chirurgo che sottopose una testimone di Geova a una trasfusione contro la sua volontà.
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