Lo rivelano i nuovi dati dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane.
L’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane ha diffuso i dati relativi all’emergenza coronavirus, aggiornati al 24 ottobre.
Innanzitutto i decessi. In questo inizio di seconda ondata risultano ridotti rispetto alla prima (febbraio-marzo), quando il numero aumentava quotidianamente del 4,6%, mentre. Tra settembre e ottobre, invece, l’incremento si è attestato allo 0,13%. Una riduzione dovuta sia alla maggiore capacità di cura sia a una popolazione meno fragile. Questa ultima considerazione è legata al fatto che nella prima fase sono decedute le persone più anziane, meno resistenti al virus, ma anche alla probabile diminuzione della popolazione suscettibile.
La curva dei contagi, tuttavia, ha assunto di nuovo un andamento esponenziale, suscitando la preoccupazione che possa di nuovo aumentare la pressione sulle strutture ospedaliere, in particolare nelle terapie intensive.
Alcune regioni sono da “codice rosso”, registrando un aumento dei ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive molto alto, se confrontato con quello della fase acuta registrata in aprile: Campania (ricoveri più che raddoppiati: +2,4; terapie intensive: +88%), Lazio (ricoveri: +1,3; terapie intensive: +82%), Sardegna (ricoveri: +2,5; terapie intensive: +126%), Sicilia (ricoveri e terapie intensive +1,3).
Da “codice giallo” sono invece: Abruzzo (+71,6% di ricoveri in ospedale e +25,3% nelle terapie intensive rispetto ad aprile), Friuli Venezia Giulia (+54,4% e +38,3%), P.A. Bolzano (+54,6% e +19,3%), Calabria (+73,6% e +62,5%), Molise (+62,5% e +25%), Piemonte (+50,9% e +20,8%), Toscana (+63,8% e +37,4%), Liguria (+62,5% e +22,9%), Valle d’Aosta (+74,1% e +7,4%).
“È importante migliorare la capacità di tracciamento dei contagi, per evitare il più possibile che gli asintomatici possano trasmettere in maniera inconsapevole il virus, come accaduto nella prima fase della pandemia”, dichiara Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.
“Rispetto alla diffusione del contagio – afferma Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatotrio – è stato molto grave che, nella prima fase, in 700mila circa siano ‘sfuggiti’ alla diagnosi, pur presentando sintomi riconducibili al virus. Ciò ha favorito sicuramente molti contagi che si sarebbero potuti evitare con un confinamento fiduciario”.
L’indagine sierologica condotta da Istat e Iss rivela infatti che il 66% dei positivi ha dichiarato di aver accusato sintomi riconducibili al virus. In particolare, il numero stimato di persone con anticorpi e sintomi era pari a 981mila, mentre alla data del 27 luglio i contagiati totali registrati erano 246mila, cioè oltre 700mila in meno.
Redazione Nurse Times
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