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Sono tantissime le tesi di laurea che arricchiscono il nostro progetto editoriale denominato NeXT che permette ai neolaureati in medicina, infermieristica e a tutti i professionisti della sanità di poter pubblicare la loro tesi di laurea sul nostro portale ([email protected]).
La dott.ssa Aldi Stefania laureatasi in Infermieristica presso l’università degli Studi di Napoli Federico II, presenta ai nostri lettori la tesi dal titolo “Le infezioni da germi multiresistenti: ruolo infermieristico nella gestione e prevenzione delle polmoniti da ventilazione meccanica (VAP) in Terapia Intensiva”.
A livello europeo, si stima un impatto delle infezioni tale da provocare ogni anno circa 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37.000 decessi attribuibili a fenomeni infettivi e 110.000 decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa.
I costi vengono stimati in circa 7 miliardi di Euro. Altri dati evidenziano, sempre in Europa, che oltre 4 milioni di persone l’anno vengono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25.000 morti stimate per infezioni provenienti da germi multiresistenti.
Le infezioni da germi multiresistenti rappresentano, quindi, una seria minaccia per la salute pubblica e destano forte preoccupazione in ambito sanitario sia per ragioni cliniche che economiche.
La resistenza agli antimicrobici si sviluppa sempre più rapidamente e in modo universale, evidenziando una vasta e rapida crescita in ogni Regione del mondo. L’inadeguato utilizzo di antibiotici e la mancata esecuzione da parte degli operatori sanitari di procedure corrette possono portare all’aumento di queste infezioni, spingendoci sempre di più verso un’era che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito “era post-antibiotica”, nella quale infezioni comuni non rispondono più ai trattamenti, mettendo in pericolo di vita chi ne è affetto.
La polmonite associata a ventilazione meccanica (VAP) rappresenta una delle più frequenti infezioni da germi multiresistenti e la principale causa di mortalità dovuta ad infezione acquisita in ambiente ospedaliero; inoltre, peggiora la condizione clinica dei pazienti, aumenta la durata della degenza ospedaliera e rappresenta un grave onere per il Sistema Sanitario.
Per evitare tutto ciò le Aziende Ospedaliere e, in particolar modo, le Unità di Terapia Intensiva, devono focalizzarsi sulla prevenzione, ponendo come prioritari tutti quegli interventi che riducano l’incidenza di questa tipologia di infezione.
Lo scopo dell’elaborato è fornire indicazioni circa le principali strategie di prevenzione della VAP effettuate dall’infermiere, individuando le procedure più efficaci. Procedure come la posizione terapeutica del paziente, l’igiene del cavo orale, la gestione dei circuiti di ventilazione meccanica e del tubo endotracheale attraverso il monitoraggio costante della pressione della cuffia e l’aspirazione sottoglottica.
Inoltre nella prevenzione delle VAP rientrano anche le procedure che limitano al minimo l’esposizione al ventilatore meccanico attraverso l’applicazione di protocolli di svezzamento precoce e procedure come la decontaminazione selettiva del tratto digerente, l’aspirazione endotracheale ed altre.
L’analisi del materiale ha posto in evidenza il ruolo centrale dell’infermiere nella prevenzione della VAP, non solo come operatore sanitario che agisce in collaborazione col resto del personale medico, ma in particolar modo come professionista cui viene affidata la completa assistenza al paziente, specialmente presso le Unità di Terapia Intensiva.
Proprio nel caso di malati critici infatti, intubati e ventilati meccanicamente, la gestione infermieristica è particolarmente complessa e l’infermiere, operatore sanitario a più stretto contatto con il paziente, ricopre un ruolo fondamentale nell’attuazione corretta delle misure preventive le quali devono essere anche costantemente aggiornate.
Oltre ad individuare le principali procedure necessarie per la riduzione del rischio infettivo vanno tenuti in debita considerazione i cosiddetti bundles (dall’inglese “fascio”, “raggruppare”) che consistono in un insieme di pratiche Evidence-Based che, se applicate congiuntamente ed in modo adeguato, migliorano la qualità e l’esito dei processi con effetto maggiore di quello che le stesse determinerebbero se fossero attuate separatamente.
In un ambito di contenimento delle ICA, l’applicazione dei bundles e la verifica giornaliera della loro corretta implementazione, potrebbe diventare una nuova strategia da inserire all’interno dei diversi protocolli, tenendo conto della loro efficacia reale.
L’applicazione dei bundles richiede, in primis, il coinvolgimento dell’infermiere che, si ripete, è la figura più vicina al paziente, ai suoi bisogni ed alle sue necessità: il suo compito è applicare in maniera corretta le procedure che verranno individuate come parte del bundle prestabilito, onde garantire al paziente un’assistenza ottimale, finalizzata ad un rapido ritorno alla quotidianità.
Infine, molto spesso sono anche le piccole routinarie azioni che, se vengono sottovalutate, possono determinare esse stesse l’insorgenza di infezioni. È necessario, pertanto, non solo rispettare le procedure ed i protocolli vigenti ma anche interrogarsi sui possibili rischi e sulle possibili conseguenze di tutti i comportamenti tenuti nel corso dell’attività assistenziale.
L’infermiere può incidere positivamente sulla riduzione delle VAP, soprattutto mettendo a confronto il suo modo di agire con quanto l’Evidence Based Nursing (EBN) e l’Evidence Based Medicine (EBM) suggeriscono come migliori pratiche assistenziali in grado di migliorare l’outcome del paziente critico.
Aldi Stefania
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