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Tumore tiroideo infantile: terapia oncogene-specifica in alternativa alla chirurgia

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Tumore tiroideo infantile: terapia oncogene-specifica in alternativa alla chirurgia
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Secondo un recente studio, si può indurre la regressione del carcinoma nei pazienti pediatrici.

Uno studio pubblicato su Jama Otolaryngology Head Neck Surgery da un team del Children’s Hospital di Philadelphia prefigura la possibilità di sperimentare l’efficacia di una terapia oncogene-specifica per il carcinoma tiroideo infantile come trattamento alternativo alla chirurgia. “I dati iniziali suggeriscono l’efficacia delle terapie oncogene-specifiche nell’indurre la regressione di diversi tumori di bambini e adulti, con minimi effetti collaterali”, spiega Ken Kazahaya, primo autore dello studio.

La terapia si mostra efficace nell’indurre la regressione del tumore nei pazienti pediatrici con carcinoma tiroideo invasivo non resecabile. Nella maggior parte dei casi il tumore tiroideo è una patologia operabile, ma talvolta la neoplasia presenta dimensioni rilevanti, che rendono difficile l’opzione chirurgica, aumentando di molto il rischio di complicanze operatorie.

“La malattia estesa invade la trachea o l’esofago oppure racchiude strutture vascolari o nervose – spiegano i ricercatori -. Ma con i recenti sviluppi di terapie mirate oncogene specifiche, efficaci nell’indurre remissione con minimi effetti avversi, è possibile considerare l’idea di usare questi farmaci come terapia neoadiuvante nei pazienti con metastasi regionali invasive o con ipossia associata a metastasi polmonari estese”.

In questi casi il trattamento si pone l’obiettivo di indurre la regressione del tumore prima dell’intervento chirurgico e della terapia con iodio radioattivo. “Ma nei pazienti con carcinoma tiroideo ampiamente invasivo, nei quali il rischio di complicanze chirurgiche è elevato a fronte di scarse probabilità di remissione chirurgica, la terapia neoadiuvante oncogene specifica potrebbe addirittura sostituire la chirurgia a seconda della risposta e della tolleranza a lungo termine”, concludono i ricercatori.

Redazione Nurse Times

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