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Vaccini anti-Covid e lockdown: la situazione all’estero

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Vaccini anti-Covid e lockdown: la situazione all'estero
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Vediamo come vanno le cose sul fronte pandemia in Gran Bretagna, Germania, Francia, Stati Uniti, Israele e Cina.

Le campagne vaccinali dei grandi Paesi si somigliano quasi tutte: priorità agli anziani, ai sanitari, ai pazienti con co-morbilità, e l’obiettivo è quasi ovunque di vaccinare tutti gli adulti entro l’anno. Diversa è la logistica: sembrano procedere più spediti i Paesi che come il Regno Unito hanno allestito molti punti di vaccinazione, dalle farmacie ai cinema ai luoghi di culto. L’aderenza al piano però è condizionata dall’arrivo delle dosi. In Germania, ad esempio. la maggioranza di quelle prenotate arriverà dopo Pasqua, ed è per questo che la «locomotiva vaccinale d’Europa», che inaugura presto due nuovi stabilimenti Pfizer-BioNTech, sembra andare a rilento. Battitore libero, la Cina, con pochi vaccinati in patria, ma abbondante «diplomazia degli aiuti» all’estero: Pechino esporta le quattro formule sviluppate in patria a tempo record anche per consolidare i suoi legami con Paesi stranieri, soprattutto in Africa e Asia (ma anche in Europa).

In Gran Bretagna non c’è bisogno di prenotarsi per ricevere il vaccino: si viene chiamati direttamente dal Servizio sanitario nazionale, per lettera o sms. In questo caso nel messaggio è già incluso il link sul quale cliccare per scegliere giorno e ora dell’appuntamento. A Londra le vaccinazioni si somministrano nelle farmacie o negli ambulatori medici e la procedura non dura più di dieci minuti. Alla periferia della capitale sono stati allestiti punti di vaccinazione di massa nei centri congressi, mentre nel resto del Paese vengono utilizzati impianti sportivi, chiese, moschee e cinema. Anche grazie a questo sforzo logistico la Gran Bretagna è riuscita a vaccinare 15 milioni di persone in soli 69 giorni. Si è proceduto per età, a partire dagli ultra-ottantenni (più il personale sanitario impegnato nella lotta al Covid e quello delle case di riposo). Alla metà di febbraio era stato offerto il vaccino a tutti gli ultra-settantenni.

In Germania è stata a oggi inoculata la prima dose di vaccino anti Covid-19 4,3 milioni di cittadini. Circa un terzo di loro ha ricevuto la seconda. Una lentezza che si spiega perché nei primi tre mesi del 2021 la Germania ha avuto a disposizione solo 18,3 milioni di dosi, che però dovrebbero diventare oltre 77 milioni tra aprile e giugno, e 126 tra giugno e settembre. I Länder, attraverso i presidi sanitari locali, chiamano i cittadini. A regime le vaccinazioni avverranno in 400 centri nel Paese; per ora operano unità mobili per i soggetti con priorità. I primi vaccinati sono stati gli over 80, il personale medico di ospedali e Rsa, gli addetti alle ambulanze e ai pronto soccorso. Poi, nell’ordine, sono previsti gli over 70, i malati a rischio, il personale degli Istituti di psichiatria, i poliziotti, gli amministrativi di ospedali e ospizi, gli over 60 e così via. Angela Merkel si è impegnata a offrire una possibilità di vaccinarsi a tutta la popolazione entro fine estate.

Con 3,5 milioni di vaccinati (tra chi ha ricevuto una e due dosi) la Francia è terza in Europa, dopo Regno Unito e Germania. All’inizio, il 27 dicembre, il vaccino era riservato agli ospiti delle case di cura e ai loro medici e infermieri. Una settimana dopo si è aggiunto il personale sanitario con più di 50 anni o con possibili co-morbilità. Dal 18 gennaio, prenotazioni aperte agli over 75 e alle persone di ogni età affette da una malattia grave. I centri sono 1.350: ospedali, ma anche associazioni di quartiere. Dal 25 febbraio anche i medici generalisti potranno vaccinare. Gli appuntamenti si prendono sulle piattaforme private online Doctolib, Maiia e Keldoc: qualche polemica perché gli anziani, meno abituati a usare le app, sono svantaggiati. Il passaggio successivo sarà somministrare le dosi anche nelle farmacie, nella speranza di mantenere la promessa di Macron: vaccinare entro fine estate tutti gli adulti che lo desiderano.

L’America ha iniziato a Capodanno a vaccinare personale sanitario, polizia, pompieri e chi lavora col pubblico, dalla ristorazione agli addetti a metrò e bus. A metà gennaio, poi, ha cominciato con chi ha più di 65 anni; dal 15 febbraio ha aperto alle donne incinte e a chi ha malattie gravi o croniche (cancro, patologie polmonari, cardiovascolari, renali, epatiche, diabete, obesità, Alzheimer). Ma la domanda è enorme e l’imbuto è piccolo: si passano ore al computer tentando inutilmente di prenotare. Nello Stato di New York (4 milioni di malati cronici) lunedì 500 mila residenti hanno chiesto appuntamento: solo 73 mila hanno avuto successo. Fin qui il 12,7% di 330 milioni di americani ha ricevuto almeno una dose, e sono già stati distribuiti 5,3 milioni di seconde dosi. Al ritmo attuale (1,7 milioni di somministrazioni al giorno) ci vorranno otto mesi per arrivare al 75% della popolazione. A Pasqua si arriverà al 20%.

Quando l’11 dicembre 2020 l’americana Fda dà il via libera al vaccino Pfizer, il governo di Israele ha già ordinato milioni di dosi alla società farmaceutica. Così la campagna comincia nove giorni dopo, con le categorie definite dal ministero della Sanità: ultrasessantenni, residenti nelle case di riposo, pazienti a rischio per altre patologie e personale medico. Le operazioni sono state portate avanti dalle quattro mutue assistenziali, no profit ma in concorrenza perché ricevono le sovvenzioni statali in base al numero degli iscritti e quindi alla qualità dei servizi: sono state queste organizzazioni a programmare gli appuntamenti e a contattare gli israeliani con un sms. L’inoculazione può avvenire in una delle piccole cliniche sparse sul territorio (ogni mutua ha le sue). Il governo propone incentivi: da oggi riaprono teatri e cinema e l’ingresso è permesso solo a chi mostrerà il patentino verde rilasciato dopo la seconda dose.

Solo 40 milioni di dosi somministrate su 1,4 miliardi di cittadini sono poche per la Cina, che ha sviluppato quattro vaccini in tempo record. Ma intanto ha spedito all’estero 46 milioni di dosi. Le industrie farmaceutiche cinesi debbono dare a Xi Jinping il primato nella risoluzione della crisi globale. I vaccini sono un mezzo di penetrazione diplomatica, dall’Asia al Brasile, dall’Africa a Serbia e Ungheria. In più, la strategia aggressiva delle autorità sanitarie (lockdown, tamponi a tappeto e tracciamento) ha contenuto il Covid-19 nel territorio cinese. Così non c’è fretta di vaccinare la popolazione. Dietro l’andamento lento di Pechino c’è un terzo fattore: i cinesi non hanno grande fiducia nei farmaci di produzione interna. Ma attenzione: ieri la città di Pechino ha annunciato la partenza della campagna massiccia: 200 mila vaccinazioni al giorno per immunizzare entro maggio i 21 milioni di abitanti della capitale.

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

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