E’ quanto emerge da uno studio svedese. I risultati riguardano soprattutto l’Alzheimer.
Esaminando i dati relativi a un migliaio di anziani seguiti per 24 anni a partire da quando avevano circa 70 anni, uno studio svedese ha evidenziato che gli anziani con una pressione sistolica più elevata durante la notte rispetto al giorno presentano un maggiore rischio di sviluppare forme di demenza.
I partecipanti alla ricerca non presentavano demenza, ictus o deterioramento cognitivo al basale e tutti sono stati sottoposti per 24 ore a monitoraggio ambulatoriale della pressione. Durante il follow-up sono stati rilevati 286 casi di demenza in base a un esame delle cartelle cliniche e a una conferma da parte di almeno due geriatri.
Il calo inverso della pressione sistolica si associava a un rischio significativamente maggiore di qualsiasi forma di demenza (hazard ratio aggiustato 1,64), in particolare di Alzheimer (aHR 1,67). Il calo inverso è apparso legato anche a demenza vascolare (aHR 1,29), ma la differenza non è risultata statisticamente significativa.
“Il calo inverso della pressione potrebbe essere una peculiarità dei disturbi del sonno non diagnosticati, come l’apnea notturna – osserva Xiao Tan, della Uppsala University e del Karolinska Institute di Solna, autore principale dello studio –. Ad esempio, la veglia interrompe il normale funzionamento del sistema glinfatico, una rete che rimuove le scorie metaboliche dal cervello. L’accumulo di scorie metaboliche come la beta amiloide nel cervello è un problema per l’insorgenza di malattia di Alzheimer”. I soggetti con apnea del sonno non trattata soffrono di ipossia e ripetuti risvegli, due condizioni associate allo sviluppo di demenza.
Redazione Nurse Times
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