Il Presidente del Sindacato Infermieri Italiani: «Le più esposte al rischio, stanno pagando più di tutti in termini di contagi e di vite umane durante questa pandemia»
ROMA 8 mar 2021 – «La giornata dell’8 marzo non deve offrirci una banale occasione di celebrazione “una tantum”, che sminuirebbe il valore della figura della donna, a cui ognuno di noi deve riconoscere, e non certo solo oggi, un contributo fondamentale e indispensabile nella società moderna, più che mai in un delicato frangente come quello della pandemia.
Ad un anno esatto dall’inizio dell’emergenza, lo confermano i dati del dossier Inail, emerge in modo chiaro, nel nostro settore, quello della sanità, che sono state e continuano a essere le infermiere italiane la categoria di professioniste che stanno pagando maggiormente “sulla propria pelle” l’impatto quotidiano con il virus.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, Sindacato Infermieri Italiani, ci invita a riflettere su quanto sta accadendo.
«Le nostre infermiere, ogni giorno “in trincea” come soldatesse senza paura, rappresentano infatti l’81% dei casi di contagio tra gli operatori sanitari. Ma tutto questo non può e non deve sorprenderci, visto che su 445.550 infermieri iscritti all’ordine (dati Fnopi 2020), ben 341.494 sono donne.
Le nostre professioniste della sanità però stanno anche pagando lo scotto della battaglia contro il covid in termini di vite umane: visto che, per quanto riguarda i decessi, la categoria più colpita è sempre quella dei tecnici della salute, con un caso ogni quattro denunce: e la stragrande maggioranza di quel 70% di decessi riguarda le nostre infermiere.
E se quindi, più che mai, appare chiaro che la figura della donna riveste un ruolo chiave nella realtà infermieristica nazionale, è lecito chiedersi in cosa il nostro sistema sanitario sia palesemente deficitario oggi, in termini di valorizzazione contrattuale e ovviamente anche in termini di organizzazione e sicurezza quotidiana per le nostre infermiere esposte costantemente al rischio contagio.
Solo analizzando a fondo le innumerevoli manchevolezze di un “impianto” che fa acqua da tutte le parti e che di certo non ha saputo offrire alle donne della sanità gli strumenti adeguati per affrontare l’immensa sfida a cui sono state chiamate un anno fa, arriveremo a comprendere quali strategie occorre adottare per proteggere le nostre infermiere, per sostenerle, per fare in modo che siano sempre di più il perno della nostra sanità, perché in grado di offrire al paziente, oltre che esperienza, immense qualità umane, oltre che professionali.
E se da un lato il Governo ha il dovere, con gli strumenti giusti, di colmare il gap lavorativo che ancora le donne vivono rispetto agli uomini nella società moderna, va ricordato che le nostre infermiere, impegnate in questa battaglia in prima linea per salvare vite umane, sono anche madri e mogli.
E in questa pandemia, da qualche parte, c’è un uomo che perso una compagna di vita e c’è chi ha perso una mamma per sempre. A loro va il mio pensiero oggi, alle infermiere che non ci sono più, ma anche a quelle che ancora combattono e che si fanno carico ogni giorno dell’impegno quotidiano di una famiglia e non solo dei nostri malati».
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