Rilanciamo l’approfondimento sul tema a cura di Emergency Live.
Il melanoma è una forma di tumore che colpisce più frequentemente la pelle e più sporadicamente occhi, mucose e genitali. Quello cutaneo deriva da trasformazioni tumorali dei melanociti, che costituiscono l’epidermide e hanno il compito di produrre melanina, un pigmento che ci protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari
Questa tipologia di cancro della pelle è uno dei meno comuni, ma allo stesso tempo se non trattato è uno dei più mortali. Infatti è la causa del 79% dei decessi per tumori alla pelle ma rappresenta solo il 4% di tali tipologie. Più dell’80% dei melanomi cutanei che insorgono ogni anno interessano in particolare popolazioni caucasiche, come quelle del Nord America, Europa e Oceania. Inoltre è molto frequente nella fascia d’età che va dai 35 ai 60 anni, ed è più raro durante l’adolescenza o in età infantile.
L’ incidenza di questo tumore è aumentata dal 1973 e si è stabilizzata intorno al 2000. I dati sono simili fra uomini e donne, con un numero di casi leggermente inferiori per le donne. In Italia ci sono circa 15mila casi ogni anno e un’incidenza in continua crescita, che è quasi raddoppiata negli ultimi diecianni, con una diffusione maggiore nel Centro-Nord rispetto al Sud d’Italia.
In condizioni normali i melanociti possono dare origine ad agglomerati scuri visibili sulla superficie della pelle. Questi agglomerati sono i nei e sono fondamentali nel riconoscimento del melanoma cutaneo quando, per esempio, si osserva un cambiamento nell’aspetto o la comparsa di uno nuovo.
Le caratteristiche di un neo che possono indicare l’insorgenza di un melanoma sono riassunte nella sigla ABCDE:
- A di asimmetria nella forma (un neo benigno solitamente ha una forma circolare);
- B di bordi irregolari e indistinti;
- C di colore variabile, con sfumature diverse all’interno del neo stesso;
- D di dimensioni che aumentano sia in larghezza che in spessore;
- E di evoluzione intesa come cambiamenti di aspetto in un tempo particolarmente ridotto.
Il principale fattore di rischio è l’esposizione eccessiva ai raggi ultravioletti, sotto forma di raggi UVA e UVB, che possono danneggiare il Dna presente nelle cellule del nostro organismo con il conseguente innesco di trasformazioni tumorali. Infatti una persona che ha molti nei o lentiggini può essere un soggetto a rischio, come può esserlo chi ha un fenotipo chiaro o chi ha avuto storie di scottature, in particolare in età infantile e adulta.
Per questi motivi può essere molto pericoloso esporsi al sole in modo prolungato, in particolare nelle ore più calde della giornata (dalla 10 alle 16) quando i raggi sono più intensi, senza essere muniti di una crema protettiva adeguata di almeno SPF 30 ad ampio spettro UVA/UVA da applicare ogni due ore. Un’altra abitudine molto dannosa e fonte di rischio, potrebbe essere quella di utilizzare lampade e lettini solari, che sono sorgenti di raggi ultravioletti, soprattutto nelle persone di età inferiore a 30 anni.
Tra gli altri fattori di rischio vanno ricordati: insufficienza del sistema immunitario; malattie ereditarie e altri fattori genetici, come una storia familiare di melanomi cutanei presenti nei parenti di primo grado, che aumentano molto di il rischio di contrarre questo tumore; presenza di mutazioni del gene ereditario CDKN2A e altri proto-oncogeni.
La diagnosi precoce è fondamentale per aumentare le chances di sopravvivenza a lungo temine. Infatti l’85% dei pazienti a cui è stato diagnosticato un melanoma vive normalmente dopo una semplice operazione chirurgica di rimozione, chiamata asportazione radicale. Però la diagnosi, nelle fasi preliminari, non dipende solo dal medico dermatologo, ma anche un auto-esame periodico, che può essere determinante per controllare l’evoluzione di nei, lentiggini e pelle in generale, per esempio con il sistema ABCDE.
Inizialmente il dermatologo effettua una visita completa, valutando la storia familiare e la presenza di sintomi tipici di questo tumore attraverso un’esame visivo, che viene reso più accurato con la tecnica dell’epiluminescenza, grazie alla quale si illumina e in grandisce la pelle. Per confermare la diagnosi di melanoma cutaneo bisogna effettuare l’esame istologico: o con una biopsia, in cui un campione di tessuto viene prelevato e poi analizzato al microscopio, oppure con l’intervento chirurgico di asportazione radicale del neo, dove l’analisi viene effettuata sul pezzo in toto.
La prima scelta, solitamente, è la chirurgia, su indicazione del dermatologo quando la lesione è piccola: viene effettuata l’asportazione radicale del neo, l’entità dell’intervento dipende dallo sede e dalla dimensione della lesione. L’analisi istologica del pezzo operatorio asportato indicherà se la lesione è tutta inclusa nel pezzo (e quindi è stata effettuata l’asportazione radicale), lo stadio di sviluppo, e quindi se è necessario fare un secondo piccolo intervento, detto di allargamento, per il quale si asportano la cicatrice e una parte di tessuto sano attorno a quello malato, in modo da essere sicuri di avere eliminato tutte le cellule tumorali circostanti.
Quando il melanoma è presente nei linfonodi abbiamo delle lesioni secondarie, chiamate metastasi. La caratteristica genetica del melanoma fa sì che, anche davanti alla guarigione con l’asportazione radicale ben fatta, si continua a effettuare esami di follow up per rilevare tempestivamente nuovi melanomi. Gli esami di diagnostica sono più o meno complessi, a seconda delle linee guida internazionali, e possono comprendere la radiografia del torace, ecografia dei tessuti molli o addome, TAC, PET, e risonanza magnetica.
L’autoesame consente di rilevare tempestivamente forme neoplastiche della dimensione di millimetri, e quindi “facilmente risolvibili”. Questo nasce solo dalla responsabilità verso se stessi che la persona percepisce. La malattia in stadio avanzato è una delle più difficili da curare, e richiede un impegno tecnologico e umano altissimo.
Redazione Nurse Times
Fonte: Emergency Live
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