Alcuni paesi stanno inizando ad ipotizzare l’utilizzo di vaccini diversi tra prima dose e richiamo per accellerare le campagne vaccinali. Gli studi sono già partiti. Per esempio, l’Università di Oxford ha lanciato lo studio Com-Cov, nel quale sono stati previsti assortimenti di Vaxzevria, Moderna, Novavax e Pfizer-BionTech, sia su (oltre mille) persone che siano già state vaccinate con la prima dose di Vaxzevria, sia su (oltre 800) persone che non abbiano ricevuto alcuna dose. La rivista “Lancet” ha pubblicato i primi risultati disponibili: quelli sulla sicurezza dell’assortimento tra Pfizer-BionTech e Vaxzevria in soggetti non vaccinati.
In entrambi gli schemi, e cioè sia tra chi ha ricevuto la prima dose di Pfizer-BionTech poi la seconda di Vaxzevria e viceversa, riporta A. Codignola su “Il Sole 24 Ore”, non sono emersi elementi di preoccupazione. Ciò che si evince è una maggiore frequenza, sempre dopo la seconda dose, degli effetti collaterali a breve termine. Si tratta, ad esempio, di febbre, sintomi para-influenzali, cefalea, mal di gola, spossatezza, dolore nel sito di iniezione e così via. Ciò significa che il mix è più reattogeno e potrebbe – ma è ancora da dimostrare – essere anche più immunogenico.
Lo studio sull’uso di vaccini diversi tra prima dose e richiamo è stato compiuto su persone over 50. Quindi l’assortimento, dato ai giovani, potrebbe provocare reazioni anche più marcate.
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