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Disturbi articolari: diagnosi più precisa con la risonanza magnetica dinamica e aperta

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Disturbi articolari: diagnosi più precisa con la risonanza magnetica dinamica e aperta
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Nell’intervista pubblicata su GVM – Care & Research il professor Giuseppe Monetti e il dottor Filippo De Carli spiegano i vantaggi di questa indagine diagnostica.

Il 26 ottobre 2021 il professor Giuseppe Monetti e il dottor Filippo De Carli, entrambi in forza al servizio di Diagnostica per immagini del Primus Forlì Medical Center, hanno ricevuto il Premio Le Fonti (settore Healthcare & Pharma) come Professionisti dell’anno – Innovazione & sanità diagnostica per immagini. Questo autorevole riconoscimento è conferito alle eccellenze italiane che nel corso dell’ultimo anno si sono distinte per la professionalità e lo spirito di innovazione.

La risonanza magnetica dinamica e aperta è un’indagine diagnostica che offre la possibilità di ottenere informazioni funzionali riguardanti i distretti osteoarticolari in esame. Rispetto alla RM tradizionale, in cui le indagini sono eseguite con il paziente sdraiato e con le articolazioni in scarico (clinostatismo), la risonanza magnetica G-Scan Brio (installata presso il PFMC) presenta una caratteristica assai importante, ovvero la rotazione del lettino e magnete da 0 a 90°, portando così il paziente da una posizione supina a una posizione eretta di carico (ortostatismo).

Negli ultimi dieci anni il professor Monetti e il suo collaboratore, dottor De Carli, hanno sviluppato e affinato una tecnica di acquisizione denominata Dynamic-Mri, che permette di visualizzare il moto e il comportamento di un’articolazione in tempo reale. Questa tecnica d’esame può essere rivolta a tutti i pazienti che presentano disturbi articolari, evidenziando patologie non altrimenti dimostrabili con gli esami statici.

Nella seguente intervista, pubblicata su GVM – Care & Research, Monetti e De Carli, la cui collaborazione è iniziata nel 2010, spiegano in cosa consista l’innovativa tecnica di risonanza magnetica dinamica e aperta e quali siano le sue applicazioni.

Come si svolge l’esame?
“L’esame di risonanza magnetica in ortostatismo e dinamico, richiede un personale specializzato e in possesso di competenze trasversali, dalla conoscenza dell’anatomia, patologia, clinica e biomeccanica non tralasciando le competenze tecniche. Il personale tecnico, infatti, non si limita esclusivamente all’esecuzione dell’esame diagnostico ma cerca di definire il miglior approccio diagnostico attraverso un’accurata anamnesi del paziente, ed il quesito diagnostico dei vari specialisti (chirurghi, fisioterapisti, ecc.). Durante l’anamnesi si cerca di analizzare il percorso del paziente e la motivazione dell’esame diagnostico richiesto. Si valuta inoltre l’esito delle precedenti RM, qualora il paziente ne sia in possesso, in modo da capire se ci sono dettagli ed informazioni utili da poter indagare più accuratamente con la RM in ortostatismo e dinamica. Per esempio, per la RM tradizionale il paziente viene fatto sdraiare e le articolazioni vengono quindi analizzate in condizione di scarico. Con la RM ortostatica, si può analizzare la stessa articolazione sotto carico, mettendo il paziente in posizione eretta. Questa differenza di posizione può già fornire molti dettagli in più rispetto alla RM tradizionale offrendo nozioni utili ai vari specialisti affinché possano affinare l’approccio terapeutico o chirurgico”.

Quali sono i vantaggi rispetto alle RM tradizionali?
“Le informazioni che si ottengono da questo esame sono quindi molto più dettagliate rispetto a quelle fornite da un esame in condizioni statiche e permettono di mettere a fuoco con maggiore precisione le strutture articolari durante il movimento che il paziente riferisce come blocco meccanico, d’instabilità, ecc. Sono inoltre allo studio particolari dispositivi basati su cuscinetti ad aria che, in futuro, permetteranno di accompagnare il movimento dell’arto durante l’esame, rendendolo ancora più agevole per il paziente. La possibilità di utilizzo di questi dispositivi di mobilizzazione, sarà inoltre di grande aiuto per confrontare i risultati di uno stesso paziente a distanza di tempo riproducendo di volta in volta lo stesso identico movimento e rendendo l’indagine sempre più affidabile e riproducibile. Il perfezionamento della diagnosi fornito dalla RM in ortostatismo e dinamica ha ricadute molto importanti anche sulla terapia, che oggi stanno portando a un cambio di visione rivoluzionario in questo settore: sulla base delle informazioni emerse da un esame diagnostico così dettagliato, i fisioterapisti e i chirurghi possono infatti stabilire il miglior trattamento per ciascun paziente”.

Quali pazienti possono trarre vantaggio da questo esame diagnostico?
“Questo tipo di RM è stata inizialmente messa a punto per venire incontro alle esigenze di sportivi a livello professionistico. Tuttavia, oggi questa metodica è ampiamente accessibile e diffusa a tutti i tipi di pazienti, senza limitazioni di età. L’esame diagnostico in movimento è infatti utile per qualsiasi paziente che riferisca dolori alla schiena o alle articolazioni. E’ indicato anche in pazienti che hanno subito gravi traumi e infortuni in passato, con lesioni muscolo-tendinee o legamentose. Questa tipologia d’esame permette di ottenere un’analisi approfondita che spesso permette di aiutare a risolvere il problema da cui il paziente è affetto”.

Ci sono controindicazioni?
“Prima di eseguire l’esame, il tecnico compila l’anamnesi insieme al paziente per verificare sempre la presenza di potenziali controindicazioni. In linea generale, questo esame è comunque adatto alla maggior parte dei pazienti, anche quelli portatori di protesi. Dal 1995 tutti i materiali protesici sono infatti compatibili con la RM. Non c’è quindi alcun rischio di danno biologico per il paziente che si sottopone a questo esame. Per i pazienti che presentano viti o placche, può presentarsi il rischio di artefatti, cioè di un’immagine diagnostica alterata. Anche questo rischio, però, è molto ridotto nel caso della RM utilizzata: essendo un esame a ‘basso campo’ (cioè con un campo magnetico di intensità 0,25 T rispetto alle RM da 1,5 T), il rischio di artefatti nell’immagine è molto più contenuto rispetto alle RM ad alto campo. La macchina aperta è inoltre congeniale per pazienti claustrofobici, che in genere incontrano grandi difficoltà nell’eseguire la RM tradizionale: la macchina e il lettino magnetico della RM aperta sono strumentazioni ‘a cielo aperto’ e la possibilità di  rotazione del lettino-magnete da 0 a 90°, consente di abbattere quasi completamente il senso di claustrofobia”.

Quali sono gli sviluppi futuri di questa metodica?
“La RM aperta e dinamica è nata soprattutto per lo studio dell’apparato muscolo-scheletrico, ma adesso le potenzialità di questa metodica stanno emergendo anche in altri ambiti. La possibilità di osservare il movimento di un’articolazione direttamente all’interno del corpo sta aprendo numerose possibilità di indagine, anche a distretti anatomici diversi da quello della schiena o delle articolazioni. La RM dinamica e aperta permette, per esempio, di studiare i processi di deglutizione, di osservare le corde vocali e il loro movimento durante la fonazione e il canto e di ottenere un livello di dettaglio impensabile fino a pochi anni fa. Un altro campo di possibile sviluppo riguarda lo studio della pelvi femminile. Dopo il parto, molte pazienti possono avere problemi di prolasso dell’utero, del retto e della vescica. Questa situazione, però, è molto difficile da diagnosticare in modo preciso, perché per farlo è necessario capire come gli organi interagiscono nello spazio ristretto della pelvi. Con la RM dinamica in piedi si possono osservare i movimenti degli organi a livello pelvico, verificare la presenza di un prolasso e progettare il miglior intervento terapeutico per quella situazione specifica. In ambito scientifico i prossimi traguardi verteranno su uno studio intrapreso con la facoltà di Ingegneria biomeccanica dell’Università di Bologna, che riguarderà lo sviluppo di ricostruzioni 3D dinamiche dell’apparato muscolo-scheletrico e della colonna vertebrale”.

Tra i vari traguardi che si sono prefissi i due professionisti, quello attualmente più stimolante riguarda le Olimpiadi invernali di sci che si terranno a Cortina d’Ampezzo nel 2026, dove gli stessi Monetti e De Carli presteranno la loro opera agli ospedali Codivilla e Putti, ripetendo l’esperienza già effettuata per i Mondiali di sci del febbraio 2021.

Redazione Nurse Times

Fonte: GVM – Care & Research

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