In South Carolina sarà introdotto il plotone di esecuzione, considerato “più umano e meno doloroso”.
La pena di morte è ancora praticata in 63 Paesi del mondo. Negli Usa sono 28 gli Stati federali che ancora la prevedono. In South Carolina la pena di morte è inflitta “a scelta” tra sedia elettrica e iniezione letale: non è difficile capire che tutti i condannati “preferiscono” l’iniezione letale. Qualora un detenuto non eserciti la scelta, la legge richiede che la morte avvenga per iniezione letale.
Ma se lo Stato non è in grado di trovare i farmaci necessari, non può costringere il condannato a morire sulla sedia elettrica. Da tempo l’amministrazione penitenziaria della Carolina del Sud dichiara di non essere in grado di reperire i farmaci letali, soprattutto perchè non vi è una legge che assicuri l’anonimato alle ditte fornitrici delle sostanze letali. E poi le azioni umanitarie e la dissociazione da queste pratiche di gran parte del mondo impedisce oggettivamente l’approviggionamento costante dei farmaci necessari alle iniezioni.
Ma lo Stato americano è inflessibile e non mette in discussione la scelta di prevedere la pena di morte. Rivede solo la modalità della pratica. Il senatore democratico Dick Harpootlian ha infatti dichiarato: “La pena di morte resterà in vigore per molto tempo. Se proprio dobbiamo averla, che almeno sia umana“. E la pratica più umana, secondo il senatore, sembra la pratica più economica per lo Stato, in quanto non è chiaro cosa ci sia di umano nella fuciliazione.
Da maggio scorso, infatti, i condannati possono “scegliere” di morire tramite fucilazione o per mezzo della sedia elettrica. Il metodo definito dal senatore Harpootlian “più umano e meno doloroso” prevede una sedia di metallo sulla quale si dovrà sedere il detenuto incappucciato. A circa quattro metri dalla postazione, un muro con un’apertura rettangolare, attraverso il quale tre tiratori spareranno al cuore del prigioniero.
Per la Carolina del Sud è un progresso di civiltà, una conquista attesa da anni, perchè sono dieci anni che le pene di morte sono sospese e lo Stato vuole riprendere immediatamente. Tantissime organizzazioni umanitarie lottano ancora affinchè la pena di morte, in qualsiasi modalità, sia definitivamente abolita. Sia per motivi etico-morali sia perchè non migliora oggettivamente la società, ma anzi infligge solo un costoso spreco di soldi, che potrebbero supportare meglio le esigenze di tutte le vittime di crimini violenti. In pratica, costa allo Stato più una condanna a morte che il carcere a vita.
Inoltre nessuna società dove è prevista la pena di morte ha tassi di criminalità inferiore a Stati che non la prevedono. Senza dimenticare alcuni casi di eclatanti errori giudiziari, come George Stinney, il più giovane condannato a morte in America. L’afroamericano George fu arrestato nel Sud della Carolina nel 1944 con l’accusa di omicidio a carico di due bambine bianche. Dopo un processo durato solo un giorno, fu condannato alla sedia elettrica. Aveva appena 14 anni. Successivamente si scoprì che il vero colpevole proveniva da una ricca famiglia bianca ed era stato coperto da uno o più membri della giuria, che aveva insistito per processare Stinney.
Per fortuna, sembra che processi sommari di questo genere non esistino più, ma anche l’ultima esecuzione lascia l’amaro in bocca e molti dubbi sulla “giustizia” che ha motivato i giudici a uccidere Lisa Mongomery sulla sedia elettrica. Lisa era rea di un crimine gravissimo (uccise una donna, asportando dal suo grembo il figlio che attendeva da nove mesi), ma vittima a sua volta di una vita di abusi, violenze e torture.
Siamo quindi davvero sicuri che la pena di morte, oltre a placare in modo temporaneo il comprenibile sentimento di vendetta delle famiglie, apporti benefici alla società? Uno Stato che vieta l’omicidio può commettere a sua volta un omicidio? L’assassinio legale è meno orribile di quello criminale? Oppure il sangue non pulisce, ma sporca sempre e comunque?
Valeria Pischetola
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