Su questo tema, reso di stretta attualità dall’approvazione della relativa delibera in Veneto, abbiamo interpellato Saverio Andreula (Opi Bari), Giuseppe Papagni (Opi BAT), Pierpaolo Volpe (Opi Taranto) e Danilo Massai (Opi Firenze-Pistoia).
“È una vergogna!”. Non usa giri di parole Saverio Andreula, presidente di Opi Bari, da noi contattato per un parere in merito all’approvazione della nuova delibera di Giunta regionale sulla formazione del cosiddetto super oss in Veneto.
“Si tratta di un provvedimento inaccettabile, con cui la Regione Veneto modifica di fatto l’ordinamento sulle prestazioni sanitarie. I cittadini hanno diritto a cure che siano somministrate da professionisti accreditati. Quindi la nuova delibera, a mio parere, viola il principio costituzionale del diritto alla salute. Per poter elargire determinate prestazioni gli infermieri sostengono un lungo percorso di studi, superando prove teoriche e pratiche riguardanti materie cardine della sanità. Dubito che gli oss, con tutto il rispetto, possano acquisire le medesime competenze attraverso poche ore di formazione complementare. Oltretutto il contratto di lavoro non prevede qusta figura. Pertanto mi domando, ad esempio, come saranno pagati questi cosiddetti super oss”.
Più pacata nei toni, ma non dissimile nella sostanza, l’opinione di Giuseppe Papagni, presidente di Opi Barletta-Andria-Trani (BAT): “Presentando una delibera sull’oss FC in sostituzione di quella sospesa da Tar e Consiglio di Stato, la Regione Veneto, in accordo con gli Opi del territorio, sta dando forma a una sorta di figura ibrida: un oss con mansioni infermieristiche. Una figura che non trova riscontro nella parte contrattuale”.
Papagni si sbilancia sul tema, dichiarando la propria contrarietà all’istituzione di questa nuova figura, che “crea una difformità tra Regioni, esponendo oss e strutture Rsa-Raa a un rischio di vertenze sindacali davanti a un giudice del lavoro”. E aggiunge: “In questo modo si espongono gli stessi operatori a responsabilità dal punto di vista giuridico e penale. Penso, ad esempio, alla somministrazione dei farmaci: la responsabilità è in capo a chi li somministra, e quindi all’operatore socio-sanitario? Si sta creando una figura sanitaria che ritroveremo anche nelle strutture ospedaliere e che metterà in contrasto le due figure professionali, disorientando anche i cittadini, che non sapranno più a chi rivolgersi. Una confusione che rischia di mettere in serio pericolo la salute dei cittadini”.
Sempre dalla Puglia giunge la voce di Pierpaolo Volpe, presidente di Opi Taranto: “La delibera della Regione Veneto mi ha stupito soprattutto per le sue modalità, e non mi trova d’accordo su come la proposta è stata stutturata. Quanto alla sostanza del provvedimento, per ora c’è qualcosa che mi sfugge e che mi impedisce di assumere una posizione netta. Attendo il Consiglio nazionale Fnopi per capire quale sia il parere della Federazione sui cambiamenti che ci possono riguardare e sullo sviluppo delle competenze avanzate. In ogni caso, ritengo che un eventuale riconoscimento della nuova figura debba avvenire a livello ministeriale”.
Pur espimendo delle riserve, dunque, Volpe non chiude del tutto alla figura dell’oss con competenze infermieristiche: “In Puglia queste competenze non spettano agli operatori socio-sanitari, mentre mi risulta che ciò avvenga già in altre regioni. Personalmente, penso che alcune competenze residuali possano anche essere attribuite agli oss, ma solo dopo il completamento del loro percorso formativo. Ci sono oss che non hanno conseguito un diploma: come si può pensare che svolgano prestazioni proprie di professionisti laureati?”.
Fuori dal contesto pugliese non tutti i presidenti Opi da noi interpellati hanno voluto esprimere un’opinione. Chi invece non si è sottratto alle nostre sollecitazioni è Danilo Massai, presidente di Opi Firenze-Pistoia: “La riqualificazione degli operatori sanitari e socio-sanitari è un problema di portata nazionale, da affrontare quindi a livello di ministero e di Conferenza Stato-Regioni. Comprendo che il Veneto possa avvertire questa necessità, ma non condivido la forma regionalista, e non nazionalista, della riforma in atto”.
Prosegue Massai: “Occorre rivedere le competenze degli infermieri e degli altri operatori sanitari? Bene, allora penso che le competenze vadano riviste sulla base della Legge Boldrini, partendo da una revisione delle specializzazioni in capo agli infermieri. La delibara approvata in Veneto, così com’è, mi pare molto debole, perché priva di quello che io chiamo ‘disciplinare della qualifica’. Alcune prestazioni da attribuire agli oss in base alla formazione complementare non rappresentano una novità, ma non esiste un contratto che le preveda. E allora come sarà compensata la nuova figura? A chi tocca la responsabilità di eventuali suoi errori? Magari agli infermieri, chiamati a gestirne la formazione? Questi i miei dubbi, che rappresentano anche il motivo per cui in Toscana abbiamo semre fatto muro davanti all’eventuale creazione del cosiddetto super oss, che pure ci è stata proposta”.
Redazione Nurse Times
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