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Nel campo dell’emergenza-urgenza ci sono diverse patologie di cui bisogna occuparsi che originano ovviamente dai diversi distretti corporei.

Uno degli argomenti sicuramente di maggior rilievo in questo campo è il trauma. Di quest’ultimo, in questo caso, approfondiamo il trauma grave, riconosciuto in quanto porta solitamente ad un politrauma e quindi a problematiche connesse a diversi organi e distretti.

Bisogna innanzitutto capire che in questi casi il tempo è oro, sia per portare una prognosi quanto più positiva possibile, sia per ridurre al minimo la disabilità nel paziente. Purtroppo nei traumi gravi c’è una percentuale di persone che non riesce a sopravvivere, ma é giusto comunque tener presente che sia facendo una divulgazione popolare, sia riducendo al minimo le sequele successivamente a queste problematiche, si può cercare di fare la differenza.

Una delle aree maggiormente colpita da questa tipologia di traumi è il torace, parte sicuramente delicata perché protegge alcuni degli organi vitali per eccellenza.

Facciamo un esempio concreto

Arriva un paziente in pronto soccorso con difficoltà respiratorie, e quindi con dispnea conclamata, tachicardia, cianosi della periferia, colorito pallido e sudato della cute, con ipotensione marcata.

Che cosa si potrebbe pensare?

Per prima cosa bisogna controllare i parametri vitali del paziente, non solo a tempo 0, ma anche e soprattutto in itinere per evidenziare eventuali miglioramenti o peggioramenti.

Quale ipotesi potremmo quindi fare per questo caso clinico?

Sicuramente l’emorragia, ma per capirne di più è necessario sicuramente fare delle domande al paziente (se cosciente) o al caregiver/accompagnatore. Solo sapere cosa ha portato in ospedale il paziente, potrebbe farci capire tanto. Pensiamo ad un incidente stradale, quindi il paziente arriva con il mezzo ospedaliero, non tramite la propria auto, cosa che peggiora sicuramente il quadro generale.

Un’altra ipotesi potrebbe essere un trauma penetrante, ma in questi casi, solitamente si vede l’oggetto che ha penetrato il paziente e quindi si riesce ad apprendere anche l’eventuale zona con emorragia.

Oppure potrebbe essere una caduta, ma in questo caso, tranne se non si tratti di una caduta da diversi metri, non si può pensare ad una emorragia, maggiormente in questi casi si propende verso problematiche di origine ortopedica o traumatica a livello cerebrale (solo successivamente ad una caduta con colpo diretto al cranio).

Tornando al nostro caso clinico, è più giusto ipotizzare che sia il caso di un incidente con emorragia a livello toracico, per eventuale impatto con l’autovettura. In questo caso, come in tutti i traumi d’altronde, bisogna essere tempestivi perché si ha poco tempo per comprendere l’origine dell’emorragia.

Ipotizziamo un emotorace, e quindi il versamento di sangue nello spazio pleurico.

L’unico modo che si ha per risolvere la sintomatologia è il drenaggio toracico.

Ma questo risolve tutto?

Assolutamente no, infatti il drenaggio ha motivo di essere utilizzato se si parla di una forma meno grave (anche a seguito di una puntura accidentale durante una procedura di toracentesi o altra manovra invasiva), ma nel caso di incidente stradale bisogna portare subito il paziente in sala operatoria per una toracotomia o un intervento in videotoracoscopia, e clampare il vaso che perde o risolvere la lacerazione o la contusione in corso.

L’emotorace può rendere peggiore la situazione se il paziente ha problemi della coagulazione o ha avuto un infarto del miocardio, ma in ogni caso la priorità è ristabilire lo stato di salute del paziente interrompendo la causa principale del sanguinamento. Generalmente a seconda della lesione subita distinguamo prognosi positive o negative, anche se solitamente l’emotorace si risolve.

Esistono però delle complicanze tardive strettamente legate a  questa problematica, che possono debilitare il paziente in maniera ingravescente.

Riconosciamo infatti:

1. l’ EMPIEMA: ovvero una raccolta di sangue che avviene a livello toracico che, se non risolta completamente, potrebbe portare ad una contaminazione batterica. Quest’ultima potrebbe ampliare il proprio spettro portando ad uno shock che da emorragico diventerà settico,  con conseguente anche decesso, se non viene identificato in tempi brevi;

2. il FIBROTORACE: problematica che è dovuta alla formazione di vere e proprie cicatrici a livello polmonare che portano difficoltà negli scambi respiratori.

Sicuramente una delle procedure che in questi casi velocizza la diagnosi è la radiografia del torace, o nel caso dei mezzi ospedalieri anche un’ecografia, utile non per identificare perfettamente il quadro patologico, ma per velocizzare la diagnosi perché l’emorragia anche così è visibile.

Come abbiamo anche detto precedentemente se non si riesce ad evacuare completamente la zona interessata dal versamento ematico, sarà necessario un drenaggio, anche successivamente all’operazione chirurgica, per evitare compressione respiratoria con conseguente sintomatologia associata. 

Prendiamo in esame un altro caso clinico

Un paziente giunge in pronto soccorso con vettura ospedaliera con dispnea, cardiopalmo, tachicardia e tachipnea, cianosi, dolore toracico e stato confusionale fino al coma.

Cosa potremmo ipotizzare?

Sicuramente l’emorragia ha sintomatologia simile al quadro evidenziato, ma lo stato confusionale solitamente non sopraggiunge perché si ha direttamente la perdita dello stato di coscienza (nel caso di perdita ingente di sangue).

Dobbiamo effettuare le manovre di OPACS (Osservazione, Palpazione, Ascolto, Conto, Saturazione), già questo dovrebbe bastare, ma la certezza sicuramente anche in questo caso la si ha con una radiografia del torace.

Se parliamo di un paziente giovane, maschio, di costituzione alto e longilineo potremmo direttamente pensare ad un pneumotorace (sempre rimanendo nell’ambito di traumi toracici), ma comunque si deve procedere all’anamnesi.

Sappiamo cosa sia il Pneumotorace?

Si parla di pneumotorace quando si ha la presenza di aria tra i due foglietti pleurici, con riduzione della capacità ventilatoria in maniera ingravescente e quindi riduzione della saturazione.

Esso inoltre ha diverse cause: 

  1. Iatrogena: dovuto a complicazioni per manovre mediche, per biopsie polmonari, cateterismo venoso centrale o altro.
  2. PNX iperteso: si verifica quando si ha accumulo di aria a livello pleurico sotto pressione. Questo porta a difficoltà respiratorie perché l’aria riesce ad entrare tramite l’ispirazione ma non trova via di fuga. Questo porta ad una riduzione del ritorno venoso e spostamento del mediastino. 
  3. Secondaria: dovuta soprattutto a traumi, come quello dovuto ad un incidente stradale.
  4. Spontaneo: quadro che compare improvvisamente (soprattutto nei soggetti maschi sopracitati) senza una motivazione reale.

Nei casi meno gravi necessita solo di un drenaggio toracico, in quelli più gravi invece si parla anche di ricovero in terapia intensiva per iniziare una ventilazione meccanica. Tutto questo perché come sappiamo la ventilazione è importantissima per tutti gli organi, ma soprattutto per il cervello, a cui basta pochissimo tempo in mancanza di ossigeno per dare i primi segni di squilibrio. 

Questo discorso, ci porta ad un pensiero sicuramente comune, cioè che il trauma è qualcosa da non sottovalutare mai, e che necessita di personale accuratamente formato per le emergenze. Non ci si può permettere di studiare con calma il caso clinico o di perdere tempo perché si gioca con la vita del paziente, il tempo qui più che in altri casi, è tiranno.

Dott.ssa Taccogna Federica

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