In vista della ricorrenza del 19 marzo si potrebbero promuovere iniziative che rispettino la volontà e la sensibilità di tutti i bambini.
Come ogni anno, in prossimità della Festa del Papà, ma anche di quella della Mamma, si pone il dilemma se festeggiare questi eventi sia ancora appropiato e in linea con una società che ormai accoglie modelli familiari sempre più diversi. Il dibattito tra chi vorrebbe festeggiare la famiglia in senso lato, per non rischiare di discriminare chi questa figura non l’ha mai conosciuta, o peggio non l’ha più, e chi invece rivendica il diritto alla tradizione è constantemente aperto.
Qualche istituo scolastico ha cercato negli anni di sostituire la Festa del Papà con la festa “di chi ti vuole bene” o con la festa dei genitori in generale, ma ogni volta queste iniziative sono state accolte con aspro disappunto da alcune famiglie e da schieramenti politici. Nonostante il panorama familiare sia oggi formato da coppie arcobaleno, famiglie disgregate e ricomposte, con famiglie sempre più allargate, o peggio monogenitoriali, l’orientamento politico e culturale sembra comunque voler mantenere questa festività, senza cercare di evolverla in una celebrazione che rispetti la volontà e la sensibilità di tutti i bambini.
Dunque ogni anno, tra i banchi di scuola, in prossimità del 19 marzo, imparare poesie dedicate al papà, comporre cartoline, colorare lavoretti sono attività che più o meno tutti i bambini sono obbligati a svolgere. Ma per chi non ha un padre diventa problematico fare i conti con la realtà. Allora cosa fare per i bambini senza padre in occasione della Festa del Papà? Molti psicoterapeuti propongono piccoli consigli per cercare di superare in modo meno traumatico e possibile questo giorno di festa e gioia per molti bambini, ma davvero difficle per altri. Vediamo quali.
SE IL PADRE NON C’È: Si può spiegare al bambino che il padre è colui che lo ama e lo sostiene, e quindi far “migrare” i pensierini e le poesie sul papà verso un’altra figura.
SE IL PADRE È DECEDUTO: Questa eventualità forse la più drammatica, e chiaramente va affrontata in modo diverso a seconda dell’età del bambino; può essere una giornata celebrativa e di ricordi del padre che non c’è più.
Chiaramente questi suggerimenti sono solo palliativi per cercare di supportare bambini che in queste giornate di festa possono sentirsi diversi ed emarginati. Se davvero vogliamo rispettare la sensibilità di tutti i bambini, la soluzione è solo quella del dialogo attivo famiglia-scuola: spiegare la situazione familiare alle maestre e trovare insieme una soluzione il più possibile indolore per non esporre i bambini alla sofferenza. Meglio ancora, evitare di parlare della ricorrenza a scuola, così come evitare di preparare lavoretti o altro che riporti la mente al 19 marzo se in classe ci sono bambini senza papà.
Il modello ideale da raggiungere dovrebbe essere quello in cui la scuola riesce a vedere i suoi bambini nelle loro peculiarità e fragilità individuali, e non solo come una “massa uniforme”. In ogni classe si dovrebbe capire se ci sono situazioni diverse rispetto a quelle tradizionali e, pur volendo mantenere queste festività, “personalizzarle” e renderle inclusive per ciascun bambino. Ad esempio, se in classe esiste un bambino che ha perso il padre, si possono elaborare storie che lo ricordino (senza la poesia cantilena uguale per tutti).
Oppure, in alternativa, si può imparare una poesia più “generica”, che non calchi troppo la mano sul rapporto padre-figlio o sull’elogio del genitore, magari chiedendo ai piccoli di scrivere un pensierino sul proprio “eroe” preferito, qualcuno a cui vorrebbero somigliare da grandi e che non necessariamente coincida con la figura paterna (può essere un nonno, uno zio, un fratello oppure l’amico del cuore).
In definitiva, una scuola che deve creare finestre e non specchi in ogni occasione, anche in giornate di festa come il 19 marzo, può insegnare a ogni bambino che essere fuori dal coro non vuol dire essere stonati.
Valeria Pischetola
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