Nel corso del 2022, l’INAIL ha registrato un allarmante aumento di oltre 1.600 casi di violenza nei confronti del personale sanitario, rivelando una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti. Questo dato, reso noto attraverso il periodico “Dati INAIL”, evidenzia una situazione critica che richiede attenzione urgente.
Uno degli aspetti più inquietanti di questa statistica è il fatto che più del 70% delle vittime sono donne, sottolineando una disparità di genere nell’ambito delle aggressioni al personale sanitario. Questo dato allarmante solleva questioni importanti sulla sicurezza e il benessere delle donne che lavorano nel settore sanitario.
In gran parte dei casi, gli aggressori sono pazienti o i loro parenti, indicando una crescente insicurezza nelle strutture sanitarie. Escludendo gli infortuni da COVID-19, che hanno colpito gli operatori sanitari in misura maggiore rispetto ad altre categorie di lavoratori, circa il 10% degli infortuni accertati sono attribuibili ad aggressioni. Questo rappresenta un problema significativo che va oltre la gestione aziendale, coinvolgendo la sicurezza e la salute dei professionisti sanitari.
I dati INAIL rivelano che il 37% degli attacchi si concentra nell’Assistenza sanitaria, che include ospedali, case di cura e studi medici. Il 33% è nei Servizi di assistenza sociale residenziale, come case di riposo e strutture di assistenza infermieristica, mentre il restante 30% riguarda l’Assistenza sociale non residenziale. Questo sottolinea la diffusione del problema in diversi contesti sanitari.
Gli infermieri e i fisioterapisti sono particolarmente esposti, rappresentando un terzo delle vittime.
Questi professionisti della salute sono in prima linea nell’erogare cure e supporto, ma purtroppo, sono anche i più esposti al rischio di aggressioni. I tecnici della salute, che includono infermieri e fisioterapisti, rappresentano la categoria più colpita, seguiti dagli operatori socio-sanitari e socio-assistenziali.
Un aspetto geografico che emerge dai dati è che quasi il 60% degli episodi si verifica nel Nord del paese, con Lombardia ed Emilia Romagna che registrano il maggior numero di casi. Tuttavia, le aggressioni si verificano in tutto il paese, con una concentrazione significativa anche nel Mezzogiorno. Questo sottolinea l’importanza di affrontare il problema su scala nazionale e implementare misure preventive in tutte le regioni.
I fattori di rischio identificati includono tempi di attesa, lavoro in solitaria e contesto socio-economico. È essenziale che i datori di lavoro analizzino attentamente questi elementi e implementino misure di prevenzione mirate per proteggere il personale sanitario.
Nel 2020, la legge n. 113 ha istituito un osservatorio nazionale sulla sicurezza degli operatori sanitari e socio-sanitari, insieme a sanzioni più severe per coloro che commettono aggressioni.
Nonostante questi passi avanti, sembra che ulteriori sforzi siano necessari per garantire un ambiente di lavoro sicuro per il personale sanitario.
Proteggere gli infermieri e altri professionisti della salute dovrebbe essere una priorità assoluta, con un’attenzione particolare rivolta alla creazione di un ambiente di lavoro sicuro e sostenibile. La comunità sanitaria, insieme alle autorità competenti, deve collaborare per affrontare questo problema e garantire che coloro che dedicano la loro vita a prendersi cura degli altri siano al sicuro nel compiere la loro missione essenziale.
Redazione Nurse Times
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Foto: www.inail.it
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