Dopo almeno un quindicennio di discese ardite dei governi di turno per superare il numero chiuso alle facoltà di Medicina e altrettante risalite che puntualmente li portavano a confermare lo status quo, stavolta l’accesso programmato potrebbe avere realmente i mesi contati.
Prendendo la stura dalle polemiche (e dalle migliaia di ricorsi al Tar) che hanno investito nel 2023 l’esperienza dei Tolc Med gestiti dal consorzio Cisia, la ministra Anna Maria Bernini e la maggioranza di Centrodestra lavorano a una strategia in due tempi che consenta, da un lato, di salvare il salvabile per i test in programma nel 2024 e, dall’altro, di affidare una delega al Governo per riformare l’intero sistema a partire dall’anno prossimo.
Con un punto fermo: non ci limiterà a prendere il modello francese, basato su un’iscrizione iniziale aperta a tutti con annesso sbarramento al secondo anno, e a calarlo nel nostro Paese. Meglio – è il ragionamento che si sta facendo dalle parti del Mur – elaborare una via “italiana” per la selezione dei futuri camici bianchi. Anche per non sconfessare l’impronta sovranista dell’esecutivo in carica.
Partiamo dai (pochi) punti fermi che al momento ci sono. Il primo è che la sessione di febbraio dei Tolc Med 2024 verrà rinviata. Per assicurare il rispetto dei 60 giorni tra il bando e il concorso previsti dalla legge, per le prove di quest’anno, ci si sta orientando su una prima finestra a marzo e un secondo ad aprile o maggio, così da consentire agli studenti che nel 2023 hanno tentato il quiz mentre erano in quarta superiore di riprovarci ora che sono in quinta. Avranno davanti un test riveduto e corretto rispetto a quello dei loro predecessori.
Un Tolc Med 2.0 fondato sempre su 50 quesiti di comprensione del testo, biologia, chimica e fisica, matematica e ragionamento (a cui rispondere in 90 minuti) e accompagnato da una banca dati dei quesiti aperta e più ampia rispetto a quella attuale, oltre a una revisione del meccanismo di equalizzazione dei punteggi che è finito nel mirino di molti ricorsi davanti al giudice amministrativo.
Se ne saprà di più dopo gli incontri tecnici tra i diversi attori (ministero, Conferenza dei rettori, consorzio Cisia) e, soprattutto, dopo l’udienza decisiva davanti al Tar Lazio in calendario per domani, mercoledì 10 gennaio. A quel punto il ministero emanerà, per l’oggi, un decreto correttivo del Dm 1107/2023 e inizierà a pianificare il graduale superamento del numero chiuso.
Il veicolo normativo dovrebbe essere un disegno di legge delega approvato dal Parlamento che fissi pochi principi (addio accesso programmato ed elaborazione di un nuovo sistema insieme alle università così da rendere gestibile dal punto di vista finanziario e degli spazi il nuovo sistema). A confermarlo è il presidente della commissione Istruzione del Senato, il leghista Roberto Marti, primo firmatario di un Ddl già incardinato in Commissione che prevede proprio una delega di questo tipo all’esecutivo.
Un provvedimento che – conferma lui stesso al Sole 24 Ore – la maggioranza punta a far marciare in fretta. Come testimonia la scelta di indicare come relatore Francesco Zaffini (Fdi), presidente della Commissione Sanità e lavoro di Palazzo Madama. Proprio da Fratelli d’Italia, che ha depositato un testo a prima firma Carmela Bucalo, potrebbero arrivare degli altri suggerimenti e anche il Pd nei prossimi giorni formulerà la sua proposta.
Una volta approvata la legge delega la palla passerebbe al Governo e la ministra Bernini avrebbe già un’idea di massima, magari da affinare insieme alla commissione di esperti nominata un anno fa e guidata dall’ex rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio. Si ragiona su un accesso aperto a tutti e finalizzato allo svolgimento di alcuni esami caratterizzanti e su una verifica-filtro (tutta da scrivere) dopo il primo semestre, che consenta a chi la supera di confermare la sua iscrizione a Medicina e a chi invece non la passa di cambiare strada. Senza dilapidare, però, gli sforzi fatti e vedendosi riconosciuti i crediti maturati.
“Sulla necessità di una revisione della modalità di accesso a Medicina possiamo anche essere d’accordo con la ministra Bernini, ma il numero chiuso non si tocca”. Così Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato Anaao Assomed, all’Adnkronos Salute.
“Bene prevedere le stesse modalità per il test con un database nazionale – aggiunge – e va anche bene creare dei corsi di preparazione che oggi sono in mano ai privati. Ricordo però che pensare di poter abrogare il numero programmato. Primo: tra 11 anni, quando non avremo più la ‘gobba’ pensionistica, si rischia di avere una pletora di medici che non avranno un posto e magari saranno sfruttati. Secondo: se permetti a 50-60mila ragazzi di iscriversi a Medicina, dove li fai studiare? Ci sono gli spazi nelle università? Infine, anche se fai una selezione al primo anno di Medicina, chi poi rimane fuori dopo aver sperato avrà perso del tempo prezioso”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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