Nel seguente comunicato stampa le riflessioni di Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up.
La carenza di infermieri, nel complesso e delicato panorama attuale della sanità italiana, rappresenta una grave piaga che, fin qui, è stata fin troppo sottovalutata dalle istituzioni. Noi del Nursing Up sentiamo oggi più che mai di dover ribadire quello che è molto di più di un semplice campanello d’allarme. Il nostro Congresso di Roma, ha evidenziato, con indagini approfondite, che si parte da una mancanza di non meno di 175mila professionisti dell’assistenza, da Nord a Sud, fino a toccare le 220mila unità.
Abbiamo costruito il nostro report andando ben oltre la cifra di quei 65-70mila infermieri che mancano all’appello secondo alcune posizioni istituzionali. Abbiamo bisogno di infermieri, soprattutto alla luce del costante invecchiamento della popolazione, dei nuovi fabbisogni legati al rilancio della sanità territoriale, e sulla base degli standard degli altri Paesi europei. L’ultimo rapporto Ocse ci da ragione.
Guardando il recente atto di indirizzo, che porta all’avvio delle trattative per il Ccnl 2022/2024, emerge, diremmo finalmente, la chiara necessità di ripartire con una sanità nuova, sanando il deficit della carenza infermieristica. E sono proprio le Regioni, con il documento del Comitato di Settore, a supportare nei fatti le nostre “storiche denunce”.
Nel leggere con attenzione l’atto di indirizzo, si parla chiaramente di indispensabile necessità di ricostruire il nostro sistema sanitario territoriale, affrontando di petto quello che è il problema numero uno, la priorità, ovvero che Italia mancano prima di tutto gli infermieri (e non i medici)!
Alla luce poi di un sistema sanitario italiano che garantisce cure universali per tutta la collettività, il fabbisogno di infermieri risulterà, anno dopo anno, sempre più alto, soprattutto considerando il fatto che il ricambio di professionisti è praticamente inesistente, a causa di una serie di fattori che interagiscono dinamicamente tra di loro, come il calo dei laureati, quello degli iscritti alle facoltà infermieristiche, le fughe all’estero, le dimissioni volontarie etc.
E non è finita certo qui, perché il grido di allarme delle Regioni che si evince chiaramente dall’atto di indirizzo, apre la strada ad una nuova nostra valutazione.
Oggi mancano in Italia 175mila infermieri in relazione agli standard dell’Europa, va ricordato tuttavia, che questa indagine è costruita sulla base del confronto con quei Paesi che, come noi, garantiscono cure universali. Proprio per questa ragione nell’indagine si parla di assistenza infermieristica, e di rapporto infermieri/abitanti, ma con riferimento alla sanità pubblica.
Nostri approfondimenti dimostrano che una buona media di quei Paesi europei che hanno più infermieri di noi (Germania, Olanda, Austria, Lussemburgo, Svizzera, Francia) sono anche quelli che adottano i modelli cosiddetti mutualistici o di social health insurance (sistema Bismarck), ovvero meccanismi di equilibrata coesione tra sanità pubblica e privata, a differenza di quelli che adottano sistemi universali, come Italia, Spagna e Regno Unito.
In Paesi come la Germania, ad esempio, esiste una fetta di popolazione, circa il 20% degli 81 milioni di abitanti, che sceglie cure private, in alternativa al servizio sanitario pubblico. Possono farlo perché esiste un sistema mutualistico, in cui il privato rappresenta, per il cittadino, una vera e propria alternativa alla quale ha diritto.
Questo comporta che, di fatto, i professionisti a disposizione del Servizio sanitario pubblico si occupano solo di quello, perché gli viene sottratta un’ampia fetta di cittadini che, invece, decidono di rivolgersi direttamente al sistema privato per i loro bisogni di salute. La coesione tra pubblico e privato, sulla base di una scelta autonoma, di fatto consente in questi altri sistemi europei, di snellire le cure sanitarie pubbliche ai vari livelli, lasciando che una percentuale di persone decida in autonomia di percorrere strade diverse (servizi privati).
In Italia le cure private, con una sanità pubblica che dovrebbe offrire prestazioni di elevato livello per tutti (cure universali), diventano troppo spesso una scelta obbligata, causata dai disagi e dai disservizi della sanità pubblica stessa, e questo comporta in molti casi e per molte famiglie l’esigenza di assumere decisioni forzate, ricorrendo al privato, gravando con costi enormi sulle proprie economie.
Queste considerazioni servono a comprendere che la nostra carenza di infermieri è ben più grave di quanto una certa politica vuole far credere, e che i 175-200mila mancanti sono destinati ad aumentare, con conseguenze che rischiano di diventare catastrofiche per la collettività.
Redazione Nurse Times
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