Di seguito il comunicato stampa con cui l’Ordine delle professioni infermieristiche di Vibo Valentia conferma la radiazione di Antonio De Pace, reo di aver ucciso la fidanzata nel 2020.
Antonio De Pace, femminicida la cui vicenda è tornata alla ribalta per motivi giudiziari di rivalutazione eventuale della sentenza con cui è stato condannato all’ergastolo, non è più infermiere dal momento stesso in cui sono state confermate le sue responsabilità nel gravissimo reato.
Opi Vibo Valentia ha provveduto infatti alla sua radiazione dall’Albo degli infermieri fin dal 2022, quando cioè, come prescrive la legge ordinistica, si è consolidata la condanna e, comunque, era già stato sospeso dalla professione all’epoca del delitto.
Questo Ordine ritiene necessario comunicare il suo intervento, soprattutto per sottolineare che la professione di infermiere non può e non deve essere in alcun modo associata a situazioni che con essa non hanno niente in comune. Anzi, ne sono l’esatto opposto: l’infermiere assiste e difende le persone, se ne prende cura, mantiene secondo il suo Codice deontologico il decoro personale anche al di fuori della sua professione, non reca mai danno a chicchessia.
È sotto gli occhi di tutti l’opera degli infermieri che quotidianamente assistono e difendono la salute delle persone, anche mettendo a rischio la propria, e spesso purtroppo anche la stessa vita, come è stato evidente nella recente pandemia, in pieno sviluppo proprio nell’anno del femminicidio.
Questo Ordine vuole rassicurare i cittadini e gli assistiti che mai un individuo capace di simili azioni può e potrà essere considerato un infermiere.
La storia
L’infermiere calabrese Antonio De Pace, reo confesso del femminicidio della fidanzata Lorena Quaranta, studentessa di medicina originaria di Favara (Agrigento), strangolata al culmine di una lite in una villetta a Furci Siculo il 31 marzo del 2020.
“Ho usato un coltello. Ho usato un piede. L’ho colpita alla testa con una lampada. L’ho colpita con un coltello all’addome e poi è morta. Con una lampada l’ho colpita alla faccia. La lampada era sul comodino. Le mani le ho messe al collo. L’ho affogata. Non ho altro da dire”. Queste le dichiarazioni rese da De Pace, allorché i carabinieri, da lui allertati, arrivarono nella palazzina dove si era consumata la tragedia.
Un anno fa la Corte d’assise lo condannava all’ergastolo, appena annullato dalla Cassazione con una sentenza che fa molto discutere. Secondo la Corte il crimine è avvenuto nelle prime settimane della pandemia di Covid-19, un periodo segnato da uno stato di emergenza e severe restrizioni che avrebbero avuto un impatto significativo sullo stato d’animo dell’imputato. Per questa ragione De Pace ora dovrà essere sottoposto a un nuovo processo.
“Deve stimarsi – si legge nelle motivazioni della sentenza – che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica, con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e ancor più la contingente difficoltà di porvi rimedio, costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale”.
Redazione Nurse Times
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