Gianfranco Zulian, responsabile dell’emergenza Covid in Piemonte, nella puntata della trasmissione Report, andata in onda lo scorso 23 novembre dichiarava «Pazienti stesi a terra per ridurre le cadute dai letti».
Arriva la replica del Coordinamento regionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche firmata da Massimiliano Sciretti (OPI Torino), Laura Barbotto (OPI Cuneo), Rita Levis (OPI Biella), Paola Sanvito (OPI Novara), Alberto Campagnolo (OPI Asti), Giovanni Chilin (OPI Alessandria), Giulio Zella (OPI Vercelli).
Torino, 30 novembre 2020. Pazienti stesi a terra per limitare il rischio di caduta dal letto, quasi a negare la mancanza di infermieri. Una carenza documentata in alcuni ospedali con la concomitanza di reparti Covid inutilizzati e di Pronto soccorso che ricoverano i malati al suolo, ledendo il loro diritto al comfort e dignità. Il Coordinamento degli Ordini delle Professioni Infermieristiche del Piemonte vuole rispondere alle dichiarazioni rilasciate da Gianfranco Zulian, responsabile dell’emergenza Covid in Piemonte, nella puntata della trasmissione Report, andata in onda lo scorso 23 novembre.
«Il dottor Zulian giustifica il provvedimento come appositamente pianificato, poiché aderente alle “strategie PEIMAF”, per limitare il rischio di caduta dal letto. Ciò non può che sollevare dubbi sulla coerenza di tale ragionamento. Da professionisti responsabili dell’assistenza, sappiamo che il rischio di caduta di un paziente è determinato in modo preponderante da un unico fattore: la presenza più o meno adeguata di personale infermieristico che si occupa di valutare tale rischio e di attuare gli interventi atti a minimizzarlo», spiega Massimiliano Sciretti, presidente del Coordinamento delle OPI piemontesi.
A detta degli infermieri, imbracciare il “Piano Intraospedaliero Massiccio Afflusso Feriti” come uno scudo, pretendendo di etichettare ogni situazione sanitaria anomala come “emergenza” e banalizzando il sistema atto ad affrontarla, è profondamente offensivo per ogni professionista coinvolto. Le situazioni che possono sottoporre a grave sofferenza il sistema sanitario sono estremamente variegate e non possono essere affrontate brandendo il protocollo ad occhi chiusi.
«Questa “parte due” dell’emergenza Covid è l’importante risvolto di una pandemia non uno scenario di natura bellica: in quanto preceduta di circa sei mesi da una “parte uno” totalmente analoga, era facilmente prevedibile e affrontabile efficacemente con un’attenta pianificazione. Il tempo e le risorse sono stati assolutamente sufficienti per assumere il personale per fronteggiare l’emergenza, figuriamoci per impedire che i pazienti cadessero dal letto. Vogliamo quindi sostenere che, invocando adeguati protocolli, sia accettabile stendere i pazienti sul pavimento perché non si è saputo far muovere per tempo la macchina organizzativa? Che si debba trattare un prevedibilissimo scenario pandemico come un’improvvisa catastrofe?», aggiunge Sciretti a nome dei presidenti OPI delle altre province piemontesi.
I numeri sono chiari: gli infermieri attualmente impiegati in Piemonte sono pochi rispetto alle reali necessità.
A farne le spese sono principalmente i cittadini. All’emergenza si aggiunge un’altra emergenza: quella degli operatori sanitari positivi al virus che – sostiene ancora Zulian – «possono essersi contagiati fuori dall’ambiente lavorativo».
«Sacrosanto – replica il Coordinamento Opi – ma non si può negare nemmeno il contrario: una banalizzazione del genere, soprattutto se esternata dal responsabile del sistema regionale adibito a contrastare la pandemia, è un autentico schiaffo all’impegno e all’abnegazione che gli infermieri piemontesi stanno ancora una volta dimostrando, anche a costo della propria salute e di quella dei propri famigliari».
Per gli Ordini professionali piemontesi servono indagini interne, rilevazioni, dati, numeri, valori misurabili, elaborabili ed interpretabili in modo oggettivo. È giusto che i (troppo pochi) infermieri impiegati nell’emergenza vengano tutelati da un sistema affidabile e rigoroso, che offra risposte e non supposizioni: «Abbiamo il diritto di sapere – conclude Sciretti – se i colleghi contagiati siano stati esposti ad un rischio maggiore rispetto al resto della cittadinanza, e – se così fosse – è necessario che vengano intrapresi adeguati provvedimenti. Come rappresentanti professionali, continueremo a vigilare attentamente. Ma se in passato sono stati fatti errori, gli stessi vanno analizzati per farne tesoro in futuro e non ripeterli».
Redazione Nurse Times
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