Riceviamo e pubblichiamo qui la lettera di un collega, infermiere marchigiano, tanto deluso e quasi traumatizzato dal proprio percorso universitario.
“Ciao Alessio (mi permetto di darti del tu, da collega).
Ho appena letto due dei tuoi ultimi articoli, e come altri studenti e colleghi sono sconcertato nel rivedere tutto il mio percorso ‘universitario’ pienamente rispecchiato nelle tue parole; e negli sfoghi di tanti studenti infermieri.
A distanza di pochi mesi dal giorno della mia laurea, sono tanti i pensieri che si stanno affacciando nella mia mente: dall’abbandonare il nostro paese per andare verso lidi (presumibilmente) più accoglienti, all’intraprendere un nuovo percorso di studi in un’altra area, completamente diversa.
I miei tre anni di studio mi hanno regalato grandi gioie, ma anche tante immense delusioni: specialmente in due reparti mi sono ritrovato vittima di un mobbing che oserei definire spietato. Mi spiego meglio: sono una persona molto esuberante e volenterosa, ho sempre un forte desiderio di ‘buttarmi’ a capofitto nelle nuove esperienze per cercare di imparare il più possibile e in fretta.
Ebbene, ricordo perfettamente come durante il mio tirocinio, quando facevo domande su alcuni aspetti clinici o segni presenti su alcuni pazienti, non ricevevo praticamente mai risposta in quanto venivo snobbato da diversi infermieri come ‘il saputello’, che doveva ‘volare basso’.
Alle mie richieste di informazioni aggiuntive sugli aspetti di farmacocinetica e farmacodinamica di alcuni farmaci chemioterapici particolari, poi, non riuscivo mai ad ottenere spiegazioni dai miei futuri colleghi che li stavano preparando e somministrando. Dato che, con ogni probabilità, viste le loro poche parole svogliate e confuse, non lo sapevano nemmeno loro (e parlo di ‘professionisti’ affermati, in quel settore da più di dieci anni).
Ho visto persone prive di qualsiasi spirito di iniziativa venire premiate con voti molto più alti dei miei, studenti infermieri che LAVAVANO I VETRI DEL REPARTO venire valutati con 30 e lode agli esami di tirocinio (e non solo).
Sono davvero questi i livelli di ‘alta istruzione’ raggiunti oggi dalle nostre Università, le culle in cui si dovrebbero formare i VERI professionisti del futuro?
Queste ed altre vicende mi hanno fatto quasi perdere la speranza in un domani decente per noi infermieri italiani, calcolando anche la scarsissima considerazione che abbiamo a livello sociale, sia da parte dei cittadini, sia da parte di molti colleghi e medici; con un trattamento economico, tra l’altro, paragonabile a quello di un lavapiatti all’estero.
Mi sono laureato da poco, ma sono già molto stanco. Spero di resistere e di poter dare presto anche io il mio contributo per cambiare le cose; e spero di vederle cambiare, finalmente, in un futuro non molto remoto!
Giovanni, infermiere deluso”
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