Nella notte scorsa, una grave aggressione nei confronti di medici e infermieri ha scosso la Rems di Calvi Risorta, in provincia di Caserta.
Un detenuto psichiatrico, tornato nella residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza in preda all’alcool, ha aggredito con calci e pugni medici e infermieri, causando lesioni e richiedendo interventi medici d’urgenza.
L’incidente è stato denunciato dall’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate” su Facebook, che ha evidenziato la pericolosità della situazione. Secondo la testimonianza riportata, il paziente, visibilmente agitato, è tornato ubriaco alla struttura, dove, dopo l’allerta del medico di guardia alle forze dell’ordine e al 118 per un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), sembrava essersi calmato.
Tuttavia, una volta che le autorità e il personale sanitario hanno lasciato la struttura, il detenuto ha iniziato a manifestare una crescente ira, lanciando pietre contro le auto del personale e aggredendo fisicamente infermieri e medici.
Uno degli operatori è stato costretto a ricorrere alle cure dei colleghi con una prognosi di cinque giorni.
La Rems, acronimo di residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, è una struttura sanitaria di accoglienza per autori di reato affetti da disturbi mentali (previste dalla l. 81/2014), è gestita esclusivamente dal Dipartimento di Salute Mentale delle ASL competenti, nonostante la sua appartenenza al carcere di Carinola.
Le REMS hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) aboliti nel 2013 e chiusi definitivamente il 31 marzo 2015,.
Anche se l’internamento nelle strutture ha carattere transitorio ed eccezionale in quanto applicabile “solo nei casi in cui sono acquisiti elementi dai quali risulti che è la sola misura idonea ad assicurare cure adeguate ed a fare fronte alla pericolosità sociale dell’infermo o seminfermo di mente”.
Queste residenze, garantiscono l’esecuzione della misura di sicurezza (detenzione) e al tempo stesso, l’attivazione di percorsi terapeutici riabilitativi territoriali per le persone cui è applicata una misura alternativa al ricovero in OPG (poiché chiusi per legge), e all’assegnazione a casa di cura e custodia.
Tali strutture devono garantire adeguati livelli di sicurezza per utenti e operatori.
Questo episodio solleva interrogativi sulla sicurezza all’interno di tali strutture e sull’efficacia delle misure adottate per gestire pazienti detenuti con problemi psichiatrici. È possibile che sia necessaria una riconsiderazione della collaborazione tra le autorità sanitarie e carcerarie al fine di prevenire futuri episodi di violenza.
Redazione NurseTimes
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