La 40enne Consuelo, originaria di Reggio Calabria, è stata operata al Polo Confortini. Altrove avevano ritenuto troppo rischioso l’intervento.
Consuelo Neri, 40 anni, ancora fa fatica a crederci. Quel maxi-tumore che cresceva lentamente dentro di lei da 23 anni ora non c’è più. Aveva raggiunto misure da brividi: 16 centimetri di diametro e un peso di due chili e mezzo. «Mai visto niente di simile», dicono i medici dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, autori dell’intervento chirurgico che altri in Italia, a Roma e Milano, si erano rifiutati di fare, ritenendo inoperabile quel neurofibroma sacrale per timore che la donna corresse troppi rischi.
La vita di Consuelo, arrivata da Reggio Calabria, era già compromessa. La massa voluminosa, seppure benigna, le aveva invaso la pelvi, comprimendo tutto: vasi sanguigni, reni, nervi, strutture intestinali, uretere, vescica. L’addome simile a quello di una donna al settimo mese di gravidanza, i problemi di digestione, le gambe gonfie al punto di camminare a fatica e il bisogno costante di urinare le avevano azzerato la qualità di vita. «Riuscivo a vedere gli amici e ad andare in palestra ogni tanto, ma il pensiero era sempre là, alla mia malattia», spiega.
Al Polo Confortini è cominciata per lei una nuova esistenza. Sette giorni dopo l’operazione ha accettato di ripercorrere il suo calvario, assistita dai genitori Pasquale e Domenica Pangallo e con accanto i suoi «angeli custodi»: Umberto Tedeschi, primario della Chirurgia generale, Roberto Baldassarre, direttore dell’Urologia, e il neurochirurgo Riccardo Damante.
«Il tumore mi è stato diagnosticato a 17 anni – racconta –. I chirurghi pediatrici di Roma lo hanno asportato, ma è ricomparso l’anno successivo. Per i medici di Milano, dove nel frattempo ero stata ricoverata, era sufficiente tenerlo monitorato con una risonanza magnetica annuale. La massa evolveva, ma per loro era sempre tutto a posto. Mi consigliavano di andare al mare, di camminare per sgonfiare le gambe».
Rischiava problemi nervosi, danni all’intestino e alla vescica, lesioni vascolari che nel giro di un anno avrebbero potuto causare emorragie e trombosi. Adesso, a poche settimane dal primo contatto con i professionisti veronesi, su consiglio di un medico calabrese, Consuelo ha ripreso a mangiare e camminare, il suo orologio fisiologico è di nuovo regolare e nel giro di qualche giorno sarà dimessa, anche se rimarrà a Verona ancora per un po’, per i monitoraggi del caso. «Riprenderò a ballare, non vedo l’ora – dice –. Sono appassionata di danze caraibiche».
È una vicenda travagliata ma a lieto fine, che ha per sfondo l’ospedale di Borgo Trento e un’equipe medica coraggiosa. «Non abbiamo operato Consuelo a cuor leggero – precisa Tedeschi –. Il tumore insisteva sull’osso sacro, coinvolgendo il midollo spinale, e c’era la necessità di eliminare per bene tutti i residui dai quali avrebbe potuto formarsi un nuovo tumore. Non era semplice, capisco chi ha temporeggiato. L’errore è stato non dire alla paziente di provare altrove. Ci siamo consultati molto tra noi e, mettendo insieme le competenze, siano riusciti a portare a termine l’intervento senza complicazioni. Il successo è frutto di un lavoro di squadra». Più precisamente di un team composto da 15 persone, tra infermieri, chirurghi e anestesisti, che si sono alternati per le otto ore di durata dell’intervento. E che Consuelo non smetterà mai di ringraziare.
Redazione Nurse Times
Fonte: L’Arena
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