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Verona, nel processo sui neonati “sedati” con la morfina spuntano altri tre casi sospetti

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Verona, nel processo sui neonati "sedati" con la morfina spuntano altri tre casi sospetti
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Le testimonianze rese in aula da tre colleghe dell’infermiera Federica Vecchini fanno emergere nuovi, inquietanti particolari su quanto accadeva nel reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico.

Morfina a neonati particolarmente vivaci per tenerli buoni: ieri, in aula, sono state alcune colleghe, incalzate dalle domande del pm Elvira Vitulli, ad avanzare sospetti su Federica Vecchini, l’infermiera di Nogara arrestata il 3 agosto 2017 con l’accusa di aver somministrato oppiacei senza autorizzazione al piccolo T. la notte del 19 marzo di due anni fa, “provocandogli volontariamente un’overdose con conseguente arresto cardiocircolatorio”.

Per quell’inquietante episodio la 46enne è poi tornata in libertà e si trova ora a processo per lesioni gravissime davanti al giudice Alessia Silvi. Ma ieri, durante le quasi cinque ore di udienza, le dichiarazioni rilasciate in aula da alcune sue colleghe chiamate a deporre dal pm hanno allungato ulteriori ombre in merito a precisi episodi che sarebbero accaduti al reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Verona «prima del fattaccio del piccolo T.».

Chanel, MeIissa, Isabella: sarebbero stati «almeno altri tre i casi di assopimento sospetto» registrati al quartiere Borgo Roma, prima della gravissima crisi respiratoria a cui miracolosamente sopravvisse T., i cui genitori risultano parte lesa. Già nell’ordinanza di custodia cautelare firmata nel 2017 dal gip Livia Magri si leggeva che “le infermiere hanno descritto nel dettaglio alcuni casi di neonati inspiegabilmente sopiti al termine, guarda caso, del turno della Vecchini”: quattro, di cui due risalenti al 2013, gli “assopimenti” in culla citati in quell’ordinanza e segnalati dalle testimoni agli investigatori.

Ieri, invece, le colleghe sentite in udienza hanno fatto riferimento a tre casi precisi: quelli di Chanel e Melissa, su cui un’infermiera in particolare ha fatto espresso riferimento all’imputata, e quello di Isabella, riguardo alla quale avrebbe invece “ammesso le proprie responsabilità” un’altra collega di reparto della Vecchini, Elisa De Grandis. Quest’ultima, stando a quanto emerso ieri, “in merito avrebbe detto di aver somministrato per errore alla neonata benzodiazepine, ed è stata richiamata dall’ospedale”.

La famigerata notte tra il 19 e il 20 marzo 2017, alla De Grandis erano affidati i neonati del “box 1”. Tra loro c’era anche T., che dunque non era tra i bimbi di cui si doveva occupare la Vecchini, sotto la cui responsabilità risultava un altro box, a una quindicina di metri di distanza. Alla scorsa udienza, chiamata a testimoniare dal pm, la De Grandis si era “avvalsa della facoltà di non rispondere in quanto indagata in un procedimento connesso”. Si era così scoperto che, al pari della Vecchini, anche la De Grandis è indagata dal pm Vitulli in un’altra inchiesta (tuttora aperta) per lesioni connesse alla somministrazione di benzodiazepine a neonato.

Sempre ieri un’altra collega ha chiamato in causa la Vecchini per «sospetti casi di furto durante il suo turno, di cui si vociferava una quindicina d’anni fa», aggiungendo: «Lei, di fronte a quelle voci, si arrabbiò e mi disse che non si accusano le persone senza averle viste commettere qualcosa di sbagliato. Minacciò perfino di denunciarmi per diffamazione e mi avvertì che sua sorella è avvocato». Il caso finì lì.

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere di Verona

 

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