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Vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica: il delicato equilibrio tra evidenze, epidemiologia e mercato

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Un report indipendente della Fondazione Gimbe analizza sotto la lente della value-based healthcare il caso della vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica. Per garantire il massimo ritorno in termini di salute del denaro investito in sanità è indispensabile integrare le migliori evidenze scientifiche con i dati epidemiologici, entrambi in continua evoluzione.

2 dicembre 2019 – Fondazione GIMBE, Bologna. Le malattie invasive batteriche (MIB) hanno un rilevante impatto clinico, organizzativo ed economico sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN): lo pneumococco è l’agente più comune di MIB ed è causa delle malattie invasive pneumococciche (MIP), che includono patologie gravi quali meningite e sepsi, o meno gravi come polmoniti, infezioni delle alte vie respiratorie, otiti. Sono noti oltre 90 sierotipi diversi di pneumococco, solo alcuni dei quali sono contenuti nei due vaccini autorizzati per la vaccinazione in età pediatrica (PCV13 e PCV10), offerta gratuitamente dalle Regioni a tutti i nuovi nati.

«La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE rappresenta un caso di studio concreto per verificare nel nostro Paese l’applicazione dei princìpi dell’evidence-based healthcare (EBHC), che prevede l’integrazione delle migliori evidenze nelle decisioni che riguardano la salute delle popolazioni  e della value-based healthcare (VBHC), che mira ad ottenere il massimo risultato in termini di salute dalle risorse investite in sanità».

In Italia, nonostante la disponibilità di due vaccini registrati per l’età pediatrica, la scelta delle Regioni è caduta esclusivamente sul PCV13 in ragione della protezione verso un maggior numero di ceppi: una scelta che ha generato di fatto un regime monopolistico rilevato anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. «Nel 2018 la Regione Piemonte – spiega Cartabellotta – si è dissociata da questo “pensiero unico” innescando un vespaio di polemiche, strumentalizzazioni politiche oltre che una battaglia legale tra le due aziende produttrici culminata davanti al Consiglio di Stato».

La Fondazione GIMBE ha pubblicato un report indipendente per rispondere a due semplici domande che tutti i decisori dovrebbero porsi: tenendo conto delle evidenze scientifiche e dei dati epidemiologici, la più ampia copertura dei sierotipi del PCV13 rispetto al PCV10 giustifica le Regioni a non considerare equivalenti i due prodotti? Ovvero il potenziale mancato impatto sulle MIP legittima l’esclusione dalle gare del PCV10, con evidenti mancati risparmi dovuti al monopolio di mercato del PCV13?

Il report GIMBE contiene tutte le informazioni necessarie a decisori, professionisti e pazienti per effettuare scelte informate e consapevoli: dalla descrizione delle MIP al quadro normativo vigente.

Dai dati di sorveglianza nazionale delle MIP ai vaccini disponibili sul mercato; dalle prove di efficacia alle raccomandazioni nazionali e internazionali sulla scelta del vaccino; dall’analisi di evidenze sullo switch da PCV13 a PCV10 alle coperture vaccinali. Il report analizza tutti i documenti istituzionali sul tema, effettua una revisione sistematica della letteratura sulle prove di efficacia dei due vaccini, riporta le raccomandazioni formulate da istituzioni nazionali e internazionali ed analizza i casi di querelle giudiziaria tra le aziende produttrici.  

In sintesi:

  • Dal punto di vista teorico, e in misura marginale da evidenze di immunogenicità, la “miglior protezione disponibile” nei confronti dello pneumococco sembrerebbe offerta dal PCV13, che include tre sierotipi in più del PCV10. In altre parole, basandosi esclusivamente sul principio di precauzione, la scelta delle Regioni parrebbe obbligata. In realtà, il presupposto che i 3 sierotipi aggiuntivi del PCV13 riducano l’incidenza delle MIP non è dimostrato da studi testa a testa tra i due vaccini. Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, l’efficacia di PCV10 e PCV13 nel ridurre l’overall burden delle MIP, secondo il recente statement dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è assolutamente comparabile.
  • La mancata corrispondenza tra numero di sierotipi aggiuntivi del PCV13 e prevenzione delle MIP è dovuta a numerosi fattori non sempre noti: variabile circolazione dei sierotipi; efficacia dei due vaccini per ciascun sierotipo; durata della protezione; protezione crociata (cross protection); capacità di indurre protezione indiretta (herd immunity); fenomeno del rimpiazzo (replacement) dei sierotipi; quadri clinici di MIP non sottoposti a sorveglianza o di difficile diagnosi eziologica.
  • Sulla scelta del vaccino mancano prese di posizione nette da parte delle Istituzioni:
    • Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 raccomanda “il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”: se da un lato dunque raccomanda implicitamente il PCV13, dall’altro contestualizza la raccomandazione ai sierotipi circolanti.
    • Il Ministero della Salute afferma che entrambi i vaccini sono sicuri ed efficaci nei confronti dei sierotipi riportati nelle specifiche schede tecniche; propone il concetto di ““accettabile vaccinoprofilassi”, che prevede la considerazione del contesto epidemiologico e il monitoraggio dei sierotipi circolanti; affida a Regioni e Province autonome sia la gestione dei capitolati destinati all’acquisto dei vaccini, sia la definizione dei criteri da inserire nei bandi di gara per l’approvvigionamento.
    • L’AIFA continua a non prendere alcuna posizione.
  • Il monitoraggio epidemiologico dei sierotipi circolanti è cruciale per l’EBHC, in quanto a parità di evidenze scientifiche, le Regioni potrebbero trovarsi ad effettuare scelte differenti: in particolare, la scelta del PCV10 deve essere giustificata da una condizione epidemiologica locale di assente o ridotta circolazione dei sierotipi 3 e 19A e accompagnata da un costante monitoraggio per eventuali azioni correttive della strategia vaccinale. Monitoraggio necessario anche per confermare la scelta del PCV13, perché indicazioni e strategia d’uso dei vaccini devono essere periodicamente rivalutate per aumentare il value for money.
  • Qualsiasi forma di monopolio in sanità limita i controlli sul fornitore, aumenta i costi e riduce il ritorno in termini di salute del denaro investito. Di conseguenza, a fronte di una documentata bassa prevalenza dei sierotipi aggiuntivi del PCV13, la decisione di indire una gara tra i due prodotti concretizza l’applicazione dei princìpi della VBHC, permettendo attraverso la competizione di ridurre i costi di acquisto e reinvestire le risorse recuperate in altri interventi di sanità pubblica (es. fornitura gratuita di vaccino anti-meningococco, istituzione di anagrafe vaccinale regionale, etc.).

«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – auspica che le analisi indipendenti del report rappresentino la base per un costruttivo confronto scientifico e di politica sanitaria che deve inevitabilmente tener conto sia delle numerose aree di incertezza sulla vaccinazione anti-pneumococco in età pediatrica, sia della variabilità che caratterizza questo batterio».

Il report dell’Osservatorio GIMBE “La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica” è disponibile in allegato.

Fondazione GIMBE

Allegato

Report dell’Osservatorio GIMBE “La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica”

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