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Usa, Fda autorizza farmaco che rallenta la progressione dell’Alzheimer

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Alzheimer: possibile svolta per diagnosi precoce e terapie
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Prodotto da Eisai e Biogen, il Leqembi è in grado di frenare il declino cognitivo durante le prime fasi della malattia.

La Food and Drug Administration (Fda) ha autorizzato la commercializzazione negli Usa dell’atteso farmaco per l’Alzheimer di Eisai e Biogen. Denominato lecanemab (sarà venduto col nome Leqembi), è un’infusione di anticorpi monoclonali da somministrare ogni due settimane e negli studi eseguiti ha mostrato risultati promettenti nel rallentare il declino cognitivo durante le prime fasi della malattia, da cui sono affetti circa 6,5 milioni di americani. Si tratta di un via libera accelerato. Ciò significa che le due società dovranno condurre altri studi.

La decisione della Fda si è basata su uno studio intermedio condotto su 856 pazienti. Alla fine di settembre Eisai e Biogen avevano annunciato che uno studio clinico di fase 3 su 1.795 pazienti, da cui era emerso un rallentamento del declino cognitivo pari al 27% dopo 18 mesi. Va detto che Leqembi non costituisce una cura contro l’Alzheimer: mira a rallentare la progressione della malattia, rimuovendo dal cervello i grumi di beta-amiloide, a lungo ritenuto dagli scienziati una delle principali cause della malattia. Il vantaggio è limitato, a detta degli esperti, ma almeno il trattamento può consentire ai pazienti di trascorrere più tempo con i propri cari.

Tuttavia, poiché i Centers for Medicare & Medicaid Services limitano attualmente la copertura assicurativa dei farmaci che agiscono sull’amiloide nel cervello, l’assorbimento del nuovo farmaco potrebbe essere inizialmente limitato. E c’è di più: di recente sono stati sollevati alcuni problemi di sicurezza, dal momento che almeno tre decessi sarebbero collegabili alla somministrazione del farmaco dopo che i pazienti hanno manifestato un’emorragia cerebrale.

Stando ai dati dello studio di fase 3, circa il 12,6% dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi ha manifestato edema cerebrale, rispetto a soltanto l’1,7% di quelli del gruppo placebo. Circa il 17% dei pazienti che hanno ricevuto il farmaco ha inoltre manifestato sanguinamento cerebrale, rispetto al 9% nel gruppo placebo. Ivan Cheung, presidente della farmaceutica giapponese Eisai, ha tuttavia affermato che la società resta “fiduciosa” che i benefici superino i suoi rischi, aggiungendo che il farmaco dovrebbe costare circa 25mila dollari all’anno per ogni paziente (circa 24mila euro).

Secondo i dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in Italia il numero totale di pazienti con demenza è stimato in oltre un milione, di cui circa 600mila con Alzheimer e circa 3 milioni di persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza.

Redazione Nurse Times

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