Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 30% al 50% dei farmaci prescritti sarebbero assunti in maniera errata.
Nella maggior parte delle volte, il paziente dimenticherebbe di assumerli, li confonderebbe con altri o li assumerebbe ad un dosaggio inferiore o superiore rispetto a quello prescritto.
In tutta l’Unione Europea, ogni anno si registrano circa 194.500 decessi dovuti a errori nell’assunzione di medicinali, con un costo pari a 125 miliardi di euro l’anno.
Tale criticità riguarda principalmente i malati cronici e che assumono una politerapia.
Le regioni non sarebbero ancora corse al riparo realizzando appositi programma informativi o strumenti di supporto al paziente. È la denuncia che arriva dall’analisi sull’aderenza terapeutica realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, presentata oggi a Roma.
Compresenza di più malattie croniche, frustrazione nel non percepire benefici dalle cure, scarsa comprensione sulla terapia da seguire sarebbero i principali motivi che spingono il paziente a non assumere correttamente farmaci.
Proprio questi punti sono stati individuati come migliorabili, come riscontrato dall’indagine realizzata con il contributo non condizionato di Servier, attraverso un questionario rivolto agli Assessorati alla salute e operatori sanitari.
Per migliorare l’aderenza, le 13 Regioni ritengono che sia necessario investire maggiormente sui medici di famiglia. A seguire specialisti, farmacisti e in ultimo anche sugli infermieri.
Nessuna Regione ha ritenuto prioritario puntare sul care-giver familiare e professionale, quali le badanti.
Solo Friuli Venezia Giulia, Molise e Trento stanno investendo anche sul ruolo delle associazioni di pazienti.
Si punterebbe ancora troppo poco sull’informazione fornita attraverso progetti di educazione sanataria con utilizzo di brochure o tutorial.
Di qui le 8 raccomandazioni civiche del Tribunale per i diritti del malato, che vedono in testa, secondo il coordinatore nazionale Tonino Aceti, quella di “dare tempestiva attuazione al Piano Nazionale della Cronicità“, “perché chiarisce bene come, oltre a intervenire sull’appropriatezza prescrittiva, le regioni devono creare soluzioni organizzative che favoriscano l’adesione alle prescrizioni.”
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