”Le Pubbliche amministrazioni continuano ad utilizzare personale precario non per esigenze temporanee o eccezionali come richiesto dalla normativa nazionale (art. 36 D.lgs. 165/2001), ma per far fronte a carenze croniche di organico che durante l’emergenza COVID-19 si sono palesate mettendo a rischio il funzionamento della macchina amministrativa sanitaria, la salute dei cittadini e degli operatori sanitari.
In queste settimane si sono succeduti numerosi proclami tesi a fornire rassicurazione alle Organizzazioni sindacali ed ai lavoratori precari della sanità circa l’inserimento di una norma che consentiva l’estensione della stabilizzazione anche all’anno 2020.
Il testo finale del Decreto “Rilancio” pubblicato in gazzetta ufficiale il 19 maggio 2020, ha visto cancellare la norma che andava a modificare il presunto contrasto normativo tra il comma 11 bis inserito dalla legge n. 160 del 28 dicembre 2019 art. 1 comma 466 e il combinato disposto dei commi 1 e 11 dell’ 20 del Dlgs 75/2017 (secondo le modifiche apportate dal Decreto “Milleproroghe”), che esclude dalla platea del personale da stabilizzare per l’anno 2020 il personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, dirigenziale e non del Servizio sanitario nazionale.
Una tale condizione crea una disparità di trattamento e una discriminazione vietata dalla direttiva 1999/70/ce e nello specifico dalla clausola 4 (principio di non discriminazione) tra i lavoratori precari appartenenti al personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, dirigenziale e non del Servizio sanitario nazionale e i lavoratori “comparabili” precari della precedente stabilizzazione che si sono visti trasformare il rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
Con un quadro così compromesso si intravedono forti rischi per l’avvio di un vasto contenzioso giudiziario alla luce della sentenza Sciotto della Corte di Giustizia la quale sul punto afferma che “essa può instaurare una discriminazione tra lavoratori a tempo determinato di detto settore e lavoratori a tempo determinato degli altri settori, poiché questi ultimi, dopo la conversione del loro contratto di lavoro in caso di violazione delle norme relative alla conclusione di contratti a tempo determinato, possono diventare lavoratori a tempo indeterminato comparabili ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro.” (punto 71, causa C‐331/17 della Corte di giustizia dell’Unione europea).
In assenza di intervento immediato i lavoratori precari saranno costretti a tutelarsi nelle sedi giudiziarie al fine di accertare l’utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della Pubblica amministrazione con richiesta di stabilizzazione giudiziaria e in subordine risarcimento del danno ex art. 32 legge 183/2010 secondo quanto previsto dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 5072/2016.
Pende ad oggi la procedura di infrazione NIF 2014/4231, avviata sulla scorta delle denunce presentate alla Commissione europea dai precari della Sanità della Provincia di Taranto e delle battaglie avviate dagli stessi presso la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo, che il 25 luglio 2019 ha visto l’Italia ricevere una lettera di costituzione in mora da parte dell’esecutivo comunitario.
Vale la pena rimarcare che solo la Stabilizzazione del personale precario, così come rimarcato dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Giustizia (sentenza Rossato) raggiungendo il lavoratore il così detto “bene della vita” con la sottoscrizione di un contratto a tempo indeterminato, è in grado di cancellare le conseguenze dell’abuso.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Avv. Giuseppe Conte si chiede oltre che la risoluzione della problematica de qua, l’estensione della Stabilizzazione a tutti i settori della Pubblica amministrazione al fine di non creare una violazione del principio di uguaglianza art. 3 della Costituzione e dei principi comunitari di non discriminazione tra i precari della Sanità e quelli degli altri settori della Pubblica amministrazione.
Per eliminare le “conseguenze dell’abuso” ed evitare ingenti risarcimenti del danno, lo Stato Italiano deve:
- Sanare definitivamente il precariato stabilizzando tutto il personale ad oggi assunto dalla Pubblica amministrazione con contratto a tempo determinato e in possesso di almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo;
- Prorogare tutti i contratti tempo determinato in essere fino ai 36 mesi di servizio per poi procedere alla definitiva stabilizzazione;
- Sanare il contenzioso pendente con un atto normativo con tutti i lavoratori ex precari che per varie ragioni dovute all’arco temporale individuato alla norma, non possono essere ad oggi oggetto di stabilizzazione.
Il Governo deve procedere con una legge che vada a sanare la condizione di quei lavoratori che hanno superato i 36 mesi di Servizio indipendentemente all’arco temporale, che sono stati reclutati tramite una procedura selettiva, che hanno un ricorso pendente, ma non hanno i requisiti per la stabilizzazione (36 mesi di servizio negli ultimi 8 anni).
E’ necessaria una legge che consenta alla PA di poter stabilizzare, valutando l’opportunità di procedere ad una conciliazione giudiziale che porti a fronte di una rinuncia al contenzioso da parte del lavoratore, alla sottoscrizione di un contratto a tempo indeterminato, sempre nell’ambito delle risorse disponibili (e quindi dei posti vacanti), attraverso un piano concordato di assunzioni di personale da espletarsi anche in un arco temporale più ampio.
La presente istanza viene trasmessa alla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione NIF 2014/4231 anche a seguito dell’aumento dei contratti a termine in Italia così come certificato anche dalla Corte dei Conti italiana nella relazione in allegato.
Sicuri di un celere riscontro a tutela dei lavoratori precari, si porgono distinti saluti.”
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Redazione Nurse Times
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