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Tumori ereditari: l’importanza di test genetici e chirurgia preventiva

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Tumori ereditari: l’importanza di test genetici e chirurgia preventiva
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Colpiscono in prevalenza le donne a seno e ovaio, ma anche gli uomini con geni BRCA1 e BRCA2 difettosi hanno maggiori possibilità di contrarre un cancro alla mammella maschile, alla prostata e al pancreas. La senologa Alberta Ferrari ne ha parlato su Sanità Informazione.

Sono ancora troppe le persone che, nonostante la presenza di una storia oncologica familiare e/o personale, non conoscono i tumori ereditari per BRCA mutati e ignorano l’esistenza di un test genetico rivelatore del proprio livello di rischio. Mancanza di informazioni, ma soprattutto di politiche sanitarie in grado di garantire a donne e uomini con familiarità la possibilità di sottoporsi a un esame del sangue che possa fare luce della presenza nel Dna di quei geni difettosi rappresentano i limiti dell’attuale sistema, come spiega Alberta Ferrari, senologa, chirurga del San Matteo di Pavia, membro del comitato scientifico di Europa Donna e aBRCAdabra, che da decenni combatte una battaglia sul tema.

«La variante BRCA 1 o 2 può essere trasmessa in via ereditaria sia dal padre sia dalla madre, con una probabilità pari al 50% – ammette la dottoressa Ferrari, interviststa da Sanità Informazione –. Perciò è fondamentale giocare d’anticipo e attuare una prevenzione mirata su coloro che hanno ereditato il gene difettoso. Per farlo però occorrono due condizioni: che uomini e donne con il gene difettoso ne siano a conoscenza e si riferiscano a centri Breast Unit o tumori eredo-familiari competenti, in grado di accompagnare i pazienti in un percorso di consapevolezza e di possibili soluzioni».

Una condizione che riguarda in media una persona ogni 400, e dunque una platea significativa che dovrebbe essere identificata con il test genetico: «Da questo punto di vista esistono linee guida e raccomandazioni precise su BRCA 1 e 2 e sui criteri di accesso al test, che sono ben elencati in una tabella redatta da AIOM e SIGU, le società italiane di oncologia medica e genetica umana, che dovrebbero essere presenti presso lo studio di ogni medico di famiglia. Se tutti ne fossero provvisti, si potrebbe ampliare l’individuazione dei soggetti da inviare a consulenza genetica identificando mutazione “patogenetica”, ovvero in grado di predisporre a un alto rischio di sviluppare tumori, prima dell’insorgenza del tumore stesso, sviluppando la cultura della prevenzione. Invece sono ancora troppe le diagnosi evitabili e soprattutto le diagnosi tardive evitabili, che si possono tradurre in morti evitabili».

Un ritardo che negli ultimi 14 mesi è stato aggravato anche dal coronavirus, tanto che dopo le 55mila nuove diagnosi di tumore alla mammella mediamente più avanzato registrate nel 2020, secondo i dati Airtum (Registro tumori) – Aiom, è attesa una impennata di diagnosi tardive nel 2021-22.  «Il rischio si moltiplica per chi ha una predisposizione genetica – rileva Ferrari –. Chi ha una mutazione BRCA1 ha una probabilità di sviluppare un tumore al seno pari al 70%, percentuale analoga per la mutazione BRCA2. Per l’ovaio la percentuale scende al 45% per il BRCA1 e al 20%  nel caso del BRCA2. Esiste poi un 4% di persone che nonostante un esito negativo alla mutazione del gene BRCA 1 e 2, sono positivi ad altre variante, il che li espone all’insorgenza di tumori specifici».

Lo scenario è dunque variegato e tramite i test genetici è possibile individuare donne e uomini a rischio di sviluppare un tumore al seno, all’ovaio, alla prostata o al pancreas. A quel punto è opportuno intervenire con strategie di sorveglianza e chirurgia preventiva per abbattere il rischio prima che si manifesti il tumore al seno, mentre per il cancro all’ovaio ereditario, l’unica strada percorribile è la chirurgia preventiva da effettuarsi in precise fasce di età.

Per gli uomini a rischio, invece, la sorveglianza attiva con visite specialistiche (una volta l’anno) e esami di sorveglianza, alcuni ancora sperimentali. Per chi invece ha già sviluppato un tumore BRCA-associato è disponibile un trattamento chirurgico differenziato, mentre dal punto di vista medico sono stati recentemente sviluppati nuovi farmaci, i PERP-inibitori mirati proprio alla mutazione BRCA, in grado di migliorare le aspettative di vita già oggi e a maggior ragione in futuro.

Appurato che il test genetico può cambiare il destino di chi ha una mutazione BRCA 1 e BRCA2, sarebbe opportuno mappare tutti coloro che sono a rischio. «Invece oggi esiste ancora una frammentazione a livello di politica sanitaria regionale e nazionale – analizza Alberta Ferrari – che si ripercuote anche sulla gestione dei soggetti con mutazione BRCA1 e BRCA2 a carico delle Breast Unit e/o dei Centri tumori ereditari. In assenza di direttive nazionali e di un cosiddetto PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) regionale che stabilisce le fasi della presa in carico delle persone BRCA+, ogni regione agisce con un proprio piano o più frequentemente in assenza di alcuna pianificazione. Questo fa sì che ci sia una grande disparità di trattamento tra regione e regione».

Non solo in termini di presa in carico, ma anche da un punto di vista economico perché, mentre ad esempio in otto regioni esiste una esenzione con il codice D99 o altro che riguarda gli esami cui si devono sottoporre i carrier sani (solo donne in Regioni come Lombardia, Emilia-Romagna e Liguria, sia donne che uomini in Sicilia), tutte le altre regioni ancora non prevedono alcuna sorta di esenzione, generando un costo che supera i 500 euro annui.

Per sopperire all’assenza di un controllo oggi l’associazione ABRCAdabra, che si occupa di dare sostegno e supporto alle donne mutate, insieme a Europa Donna Italia, ha deciso di attuare per il 2022 un Osservatorio nazionale permanente, un programma di valutazione dell’appropriatezza della gestione delle persone con mutazione BRCA nell’ambito delle Breast Unit e in generale degli ospedali di riferimento.

«Le nostre associate, seguendo degli indicatori di qualità e gestione del rischio che sono stati loro suggeriti dal comitato scientifico, insieme a quello di Europa Donna, giudicano il lavoro delle Breast Unit presso cui si riferiscono – spiega Alberta Ferrari, che con Ornella Campanella, oggi presidente di aBRCAdabra, ha fondato l’associazione e creato un gruppo chiuso di Facebook (BRCA1 BRCA2 Nazionale Italiano) che conta oltre 2500 iscritte –. Questo permetterà alle donne stesse di conoscere il livello di attenzione e di cura, e di capire dove e come migliorare».

Come ogni anno, anche in piena ondata Covid, nel 2022 si svolgerà il Congresso nazionale aBRCAdabra, a cura, a rotazione, di un membro del comitato scientifico. Sarà Roma, l’ospedale Gemelli, a ospitare il prossimo evento scientifico e divulgativo a cura della professoressa Domenica Lorusso, ginecologa e responsabile della ricerca clinica, dal titolo “BRCA e oltre: nuovi bersagli, vecchi confini”. L’appuntamento è per il 24-25 febbraio e, oltre a un confronto scientifico tra specialisti dedicati a diversi aspetti della gestione BRCA, la giornata divulgativa sarà dedicata non solo alle associate, ma a chiunque voglia approfondire le proprie conoscenze sulla problematica e partecipare in modo interattivo con gli esperti.

Redazione Nurse Times

Fonte: Sanità Informazione

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