Una notizia rivoluzionaria nel campo dell’oncologia è emersa grazie allo studio START, un ampio progetto condotto nella regione del Piemonte e della Valle d’Aosta, che ha dimostrato come sia possibile gestire il tumore della prostata a basso rischio senza ricorrere all’intervento chirurgico o alla radioterapia.
I risultati di questo studio, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale JAMA Network Open, rappresentano una svolta significativa per i pazienti con una nuova diagnosi di tumore della prostata a basso rischio. Questi casi rappresentano il 10-15% di tutte le diagnosi di questo tipo di cancro.
START è stato promosso dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, e coordinato dall’Epidemiologia Clinica del CPO della Città della Salute di Torino. È stato un progetto di ampie proporzioni, coinvolgendo tutte le principali strutture di urologia, radioterapia e anatomia patologica della regione.
Un punto chiave dello studio è stato l’offrire ai pazienti con una nuova diagnosi di tumore della prostata a basso rischio la possibilità di scegliere tra i tradizionali trattamenti radicali, come chirurgia o radioterapia, e un programma di sorveglianza attiva. Quest’ultima opzione si basa su regolari controlli clinici, di laboratorio e, con intervalli più ampi, di tipo strumentale.
La sorveglianza attiva, quando non ci sono segnali di peggioramento, permette di evitare completamente un trattamento radicale o, se necessario, di ritardarlo di anni. Ciò riduce le conseguenze negative degli interventi sulla qualità della vita dei pazienti, evitando disturbi della sfera sessuale, urinaria ed intestinale.
Un elemento significativo dello studio è stato il coinvolgimento attivo dei pazienti nella scelta del trattamento. Prima di START, la sorveglianza attiva era raramente proposta e solo a pazienti molto informati e motivati. Questo cambiamento è avvenuto grazie a un protocollo comune che ha fornito ai pazienti una chiara spiegazione della diagnosi, della prognosi e delle diverse alternative di trattamento, inclusa la sorveglianza attiva.
I risultati più rilevanti dello studio hanno dimostrato che, dopo essere stati correttamente informati, oltre l’80% dei pazienti ha scelto la sorveglianza attiva. Inoltre, i dati raccolti durante lo studio hanno confermato un’identica probabilità di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi tra le diverse opzioni terapeutiche. Si stima che questa approccio, se applicato nella pratica clinica, potrebbe evitare ogni anno almeno un centinaio di trattamenti radicali e le relative complicanze nelle due regioni coinvolte.
Un fattore chiave che ha contribuito al successo di questo studio è stata la discussione multidisciplinare dei casi tra i diversi specialisti, seguendo l’approccio della Rete Oncologica dei Gruppi Interdisciplinari di Cura (GIC). Inoltre, i patologi di ciascun ospedale hanno avuto la possibilità di chiedere conferma delle caratteristiche di basso rischio della biopsia ai colleghi più esperti, contribuendo così a rassicurare medici e pazienti nella scelta della sorveglianza attiva.
L’esperienza di START dimostra chiaramente che le iniziative di ricerca nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale possono raggiungere risultati di interesse scientifico internazionale e al tempo stesso contribuire al miglioramento della qualità e dell’equità dell’assistenza medica. Questo studio sottolinea l’importanza della collaborazione tra professionisti di diverse discipline e offre una nuova speranza per i pazienti affetti da tumore della prostata a basso rischio.
Redazione Nurse Times
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