Ringraziamo la dott.ssa Barbara Mangiacavalli, dirigente del Servizio infermieristico tecnico e riabilitativo aziendale (Sitra), presso la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, nonché Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi, per averci concesso la sua disponibilità ad un’intervista su tematiche di attualità, rispondendo ad alcune domande poste dalla redazione di NurseTimes.
– Dott.ssa Mangiacavalli, in una Sua nota recente Lei afferma: “Basta coi tagli: non ne possono più né i cittadini né chi lavora in Sanità”. Secondo Lei che strada ha intrapreso la Sanità in Italia?
Non è tanto la questione di che strada ha intrapreso la sanità, ma di quella su cui la stanno conducendo. Intraprendere una strada è una scelta, mentre il vero problema è quello di sempre: si è iniziato con un Servizio Sanitario Nazionale universalistico e uguale per tutti, poi un po’ alla volta, giustificando il tutto con la necessità di risparmiare, gli si è tolto l’ossigeno. E non parlo solo delle risorse, visto che l’intenzione che sembra affermarsi è quella di disattendere per l’ennesima volta il Patto per la salute e di congelare l’aumento del fondo sanitario anche per il 2016, dopo aver già cancellato l’aumento 2015, parlo dell’ossigeno rappresentato da chi lavora nel Ssn: gli organici di tutti i professionisti sono ormai ai minimi termini per garantire una gestione ottimale e di qualità dei servizi. E in particolare gli infermieri, già in numero inferiore rispetto ai parametri europei, sono in continuo calo, con previsioni di una ulteriore perdita di almeno 1.200 unità dopo che dal 2009 il Ssn ha quasi 3.200 infermieri in meno. In questo modo la strada sarà quella di un declino inevitabile del Servizio sanitario come siamo abituati a viverlo oggi, con meno assistenza pubblica, di qualità più bassa e con maggiori rischi per pazienti e operatori e uno sviluppo sempre maggiore dell’assistenza privata, che però non tutti si potranno permettere. Oltre a un depauperamento continuo di professionalità, anche facilitato dal precariato, al quale gli infermieri non erano storicamente abituati.
– La delibera della regione Veneto n.1122 dello scorso 25 agosto, consentirebbe di spendere la figura OSS (in ambito scolastico) nell’assistenza di minori affetti da patologia inguaribile o disabilità grave. Quale è la Sua posizione a riguardo?
Le motivazioni alla base della DGRV 1122, sono ascrivibili alla finalità di garantire il diritto allo studio a minori affetti da patologia inguaribile o disabilità grave. Tali minori potrebbero frequentare la scuola con la garanzia della presenza di un operatore, opportunamente formato, in grado di aiutarli nella soddisfazione di alcuni bisogni di assistenza con attività tecniche ben definite e procedurabili. Queste attività tecniche sono comunemente svolte in ambito domestico da familiari/caregivers specificamente addestrati, mentre nelle strutture sanitarie e socio sanitarie da infermieri o dagli Oss in équipe con gli infermieri.
I documenti della Regione Veneto ben delimitano ed esplicitano alcuni concetti condivisibili:
- l’Oss che completa la formazione, non avrà acquisito una competenza spendibile tout court, ma dopo aver avuto la certificazione delle abilità solamente sullo specifico paziente a cui verrà assegnato;
- le attività potranno essere eseguite solo ed esclusivamente in ambito scolastico e solo sul minore al quale l’operatore socio sanitario è stato formalmente assegnato;
- la possibilità di eseguire le abilità acquisite decade con il venire meno dell’assegnazione formale al minore;
- nel caso di una successiva assegnazione, dovrà essere ripetuto il percorso formativo e dovrà nuovamente esserci una ricertificazione da parte dell’infermiere responsabile del percorso assistenziale del paziente minore;
- qualora si rendesse necessaria una valutazione preliminare del paziente e/o una osservazione specifica durante e dopo l’esecuzione delle attività, l’Oss dovrà contattare l’infermiere cui è affidato il minore e quest’ultimo , in autonomia e responsabilità, dovrà decidere in merito all’esecuzione della procedura.
In tal senso vengono fortemente connotate le singole attività, slegandole dal processo assistenziale di cui rimane titolare e responsabile l’infermiere di riferimento, le procedure definiscono in modo chiaro e inequivocabile la tipologia di attività assegnata all’osse rimarcano che la responsabilità del processo assistenziale rimane in capo all’infermiere.
L’Oss viene connotato come esecutore di attività tecniche secondo la logica mansionariale, tipica della figura, fin dalla sua istituzione. Qualunque valutazione, sul percorso assistenziale, rimane in capo all’infermiere responsabile del paziente. Viene più volte ribadito il dovere di allertare dell’infermiere per qualunque scostamento dai protocolli previsti.
Accanto a queste chiare indicazioni ve ne sono altre meno chiare e puntuali, che possono paventare un passaggio di competenze da una professione ad un’altra figura, su cui ho notizia che il coordinamento regionale dei collegi Ipasvi del Veneto sta intervenendo al fine di chiarire e precisare ruoli e responsabilità delle diverse figure coinvolte.
– Si sentirebbe di lanciare un messaggio di speranza a tutti i nostri giovani infermieri che convivono con lo spettro della disoccupazione e che in molti casi, sono costretti ad emigrare all’estero?
Mi piacerebbe dare più un messaggio di certezza che di speranza. I presupposti potrebbero esserci visto che i concorsi sono ripresi in molte Regioni e si sta aprendo anche la partita di recupero delle situazioni di precariato. Il blocco del turn over, seppure aleggia ancora sulle nostre teste come possibile minaccia in caso di necessità di ulteriori risparmi, dovrebbe essere ormai alla fine: sia l’attività delle Regioni, appunto, che le mozioni e i documenti a livello parlamentare chiedono venga interrotto. Un po’ di ossigeno in questo senso serve a tutti e, in particolare, nelle Regioni con piani di rientro che hanno bisogno di rinvigorire gli organici, ma che con lo spauracchio del blocco non riescono a farlo nemmeno con le nuove procedure di mobilità. Parlo al condizionale perché come sta accadendo in questi giorni, le certezze sull’organizzazione e la gestione del sistema sono ancora una volta appese al filo dell’economia. Ma ci stiamo battendo perché l’emorragia di personale si blocchi e per farlo la cura migliore è dare spazio di nuovo ai nostri giovani professionisti. Poi, per quanto riguarda gli infermieri che scelgono la via dell’estero, perché l’emorragia si fermi e perché chi è partito possa tornare nel proprio Paese a testa alta, andrebbero risolte alcune questioni, che sono quelle già sottolineate. Prima di tutto lo sblocco del turn over. Poi sistemare definitivamente la questione del precariato alla quale oggi è stata data una soluzione solo parziale, consentendo inquadramenti limitatissimi e solo di alcune tipologie di personale.
Scupola Giovanni Maria
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