Il consigliere provinciale Paolo Zanella critica aspramente le due decisioni, definendole una “mazzata” per il personale.
“Dopo il danno arriva la beffa”. Paolo Zanella (foto), consigliere della Provincia autonoma di Trento, commenta così la mancata estensione del bonus Covid agli operatori sanitari e assistenziali delle Rsa, che fa il paio con i tagli al numero di infermieri.
E’ datata infatti 4 luglio 2022 la circolare dell’assessorato alla Salute che autorizza la riduzione dei criteri per il calcolo della pianta organica nelle Rsa, passando da un infermiere ogni 10 residenti a uno ogni 15. “Una decisione che concretamente si traduce in un rapporto medio per turno di un infermiere ogni 90 ospiti, a cui tra l’altro può concorrere anche il coordinatore”, spiegava Daniel Pedrotti, presidente di Opi Trento.
“Così si torna indietro a quando l’infermiere non era presente di notte in Rsa – aggiunge Zanella –, ma solo reperibile (per le Rsa con meno di 70 residenti). Di fatto i residenti in carico a ciascun infermiere per turno diurno aumentano così tanto da rendere esponenzialmente più rischiose le cure per gli ospiti e per i professionisti. Alla faccia della sicurezza e della qualità delle cure”.
Ma non basta. La manovra di assestamento del bilancio provinciale discussa nei giorni scorsi ha assestato un’altra “mazzata” al personale delle Rsa trentine, come ribadisce lo stesso Zanella: “Nessuna estensione del bonus Covid – indennità accessoria giustificata dal prolungarsi della pandemia – agli operatori sanitari e assistenziali delle strutture”. Un bonus esteso, oltre che al personale dell’Apss, come stabilito dalla manovra di bilancio di dicembre, “anche al personale tecnico del 118, ma non alle Rsa: come se in queste non si fossero gestiti focolai e non fosse continuato il lavoro di riorganizzazione a fini preventivi e di contenimento delle infezioni”.
Zanella rincara poi la dose: “Se si vogliono smantellare le Rsa, mandando in burnout il personale, demotivandolo e favorendone il licenziamento, la strada è quella giusta. In questo momento di carenza di personale, in un contesto tanto difficile e delicato, vista l’utenza di cui si occupa, forse si dovrebbe riconoscere l’operato di chi lavora in Rsa, cercando soluzioni condivise, anche con riconoscimenti economici maggiori rispetto a chi oggi è in Apss. A meno che il progetto non sia anche qui quello di spingere verso la completa privatizzazione”.
Redazione Nurse Times
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